Nell’ambito del Green Deal europeo, la Direttiva n. 2022/2464 sulla rendicontazione societaria di sostenibilità (Corporate Sustainability Reporting Directive – CSRD) riveste un’importanza particolare, in quanto promuove l’integrazione della sostenibilità all’interno dei modelli di business. Inoltre, amplia notevolmente il perimetro di aziende coinvolte nella redazione dell’informativa di sostenibilità rispetto all’attuale NFRD (Non-Financial Reporting Directive): l’Ue stima che le società che attualmente redigono la Dichiarazione non finanziaria (DNF) passeranno da 11.700 a circa 49.000, di cui 4.000 soltanto in Italia.
Come riportato nel comunicato ufficiale della Presidenza del Consiglio dei Ministri dello scorso 30 agosto 2024, è stato approvato in via definitiva un Decreto legislativo che attiva il recepimento della CSRD, consentendo così l’adeguamento della normativa nazionale alle nuove disposizioni europee.
Chi ha l’obbligo di redigere la rendicontazione non finanziaria
Con l’introduzione della CSRD, infatti, l’obbligo di redigere la dichiarazione non finanziaria è esteso anche alle PMI quotate, che dovranno assolverlo a partire dal 2026. Ma, di fatto, dovranno farlo anche le non quotate in base alle esigenze di Green Procurement della Supply Chain e di come si muovono i concorrenti. Ciò amplia la platea delle organizzazioni che dovranno fare proprio il principio della doppia materialità, o doppia rilevanza, nuovo concetto introdotto dalla CSRD in virtù del quale le imprese dovranno fornire informazioni sia in merito all’impatto delle proprie attività sulle persone e sull’ambiente (approccio inside-out), sia riguardo al modo in cui le questioni di sostenibilità incidono su di esse, sui loro risultati e sulla loro situazione (approccio outside-in).
In sostanza, le organizzazioni dovranno concretamente impegnarsi nell’integrare gli obiettivi ESG (Environmental, Social e Governance) all’interno della propria strategia collocando la propria attività in un vasto ecosistema ambientale, economico e sociale che influisce sull’impresa e sui cui l’impresa influisce.
Che cos’è la Corporate Sustainability Reporting Directive o CSRD
La Direttiva n. 2022/2464 riguarda la rendicontazione societaria di sostenibilità e modifica la Direttiva 2013/34/UE, concernente l’obbligo di comunicazione di informazioni di carattere non finanziario per imprese di grandi dimensioni.
Come si legge in un report di Pwc dedicato alla CSRD, l’Unione europea sta lavorando alla creazione di un sistema economico-finanziario più sostenibile, volto a rendere le imprese consapevoli e responsabili del proprio impatto sulle persone e sull’ambiente.
Impegnata a ottenere la neutralità climatica entro il 2050, l’Ue ha avviato una serie di riforme e varato misure strutturali legate all’Industrial Green Deal e alla roadmap per la Sustainable Finance da parte dell’EBA (European Banking Authority). In questo contesto si inserisce la CSRD, il cui obiettivo principale è migliorare l’informativa di sostenibilità, andando non solo ad equiparare la rilevanza dei risultati ESG con quelli riportati nel tradizionale bilancio, ma a riconoscerne la naturale connessione.
Chi è soggetto alla CSRD
Il numero delle aziende coinvolte dalla rendicontazione di sostenibilità è notevole, perché è comunque ammesso anche per le PMI non quotate di rendicontare, su base volontaria, le attività svolte sui temi ESG. Anzi, già molte di esse ne sono obbligate da quei loro clienti, soprattutto esteri, che tassativamente lo richiedano (sulla base di criteri e logiche di Green Procurement). Va, infine, considerato l’effetto a catena derivante dalla necessità delle imprese obbligate di raccogliere informazioni rilevanti lungo tutta la loro filiera.
Per le PMI saranno comunque introdotti degli standard di rendicontazione specifici, in modo da tener conto delle loro esigenze e caratteristiche.
Quando entrano in vigore i nuovi obblighi
Questo il calendario di entrata in vigore della CSRD in base ai vari soggetti interessati:
- dal 1° gennaio 2024: grandi imprese di interesse pubblico, con più di 500 dipendenti;
- dal 1° gennaio 2025: tutte le altre grandi imprese (sono tali quelle che, alla data di chiusura dell’esercizio, superino 2 dei seguenti 3 criteri: € 20 milioni di totale dell’attivo, € 40 milioni di ricavi netti, 250 dipendenti medi annui);
- dal 1° gennaio 2026: PMI quotate (escluse le microimprese);
- dal 1° gennaio 2028: società non UE che realizzano un fatturato annuo superiore a € 150 milioni nella UE e che hanno un’impresa figlia o una succursale nella UE, che si qualifica come grande impresa o PMI quotata e/o presenta un fatturato netto superiore a € 40 milioni nell’esercizio precedente.
Doppia Rilevanza o Doppia Materialità: gli approcci “inside-out” e “outside-in”
Come si legge in un report di Deloitte dedicato alla CSRD, nella sua proposta la Commissione europea ha specificato che le aziende dovranno considerare ciascuna prospettiva di materialità, pubblicando le informazioni necessarie sia per una comprensione di come i fattori di sostenibilità influenzino lo sviluppo, la performance e la posizione commerciale dell’azienda (la prospettiva “inside-out”), sia per una comprensione di come le attività dell’azienda impattino sulle persone, sulla società e sull’ambiente (la prospettiva “outside-in”). Questa viene definita la prospettiva della Doppia Materialità, in cui i rischi e le opportunità per l’azienda e gli impatti dell’azienda rappresentano ciascuno una prospettiva di materialità.
La descrizione della strategia aziendale per la sostenibilità: le informazioni da fornire
In merito alla tipologia di informazioni da fornire, la Direttiva è intervenuta con modifiche sostanziali, sostituendo anzitutto il termine “informazioni di carattere non finanziario” con l’espressione “informazioni sulla sostenibilità”, al fine accentuare il legame tra le politiche adottate in ambito ambientale, sociale e di governance e l’andamento economico-finanziario della società.
Inoltre, il nuovo rendiconto di sostenibilità sarà parte integrante della relazione sulla gestione nel fascicolo di bilancio della singola azienda, al fine di garantire una maggiore integrazione tra informazioni di carattere finanziario e non.
Quali informazioni deve contenere il nuovo rendiconto
Il rendiconto dovrà contenere la descrizione del modello e della strategia aziendale con questo tipo di informazioni:
- la gestione dei rischi e delle opportunità connessi alle questioni di sostenibilità;
- i piani dell’impresa, incluse le azioni attuative e i relativi piani finanziari e di investimento volti a garantire la compatibilità del modello e della strategia con la transizione verso un’economia sostenibile;
- le modalità con cui il modello e la strategia tengono conto degli interessi degli stakeholder rilevanti;
- le modalità di attuazione della strategia della sostenibilità;
- la descrizione degli obiettivi ESG individuati dall’impresa e dei progressi nel loro raggiungimento;
- la descrizione del ruolo degli organi di amministrazione, gestione e controllo in relazione alle questioni ESG e informazioni sull’esistenza di sistemi di incentivi connessi alle questioni di sostenibilità;
- la descrizione delle politiche di sostenibilità dell’impresa;
- la descrizione delle procedure di due diligence di sostenibilità;
- la descrizione dei principali impatti negativi, legati alle attività dell’impresa e alla sua catena del valore e delle azioni intraprese per identificare e monitorare tali impatti, nonché per prevenire e mitigarne gli effetti;
- la descrizione dei principali rischi connessi alle questioni di sostenibilità e le modalità di gestione adottate;
- indicatori e KPI per tutte le precedenti informazioni.
Le altre novità e gli impatti sulla strategia aziendale: che cosa prevede la CSRD
I report di sostenibilità saranno assoggettati alla “limited assurance”, nella prospettiva di raggiungere la “reasonable assurance” (ovvero quella tipica del bilancio economico-finanziario). La Direttiva prevede che la revisione del report di sostenibilità venga effettuata da un accreditato “statutory auditor”.
Al fine di aumentare la diffusione delle informative di sostenibilità, le imprese saranno obbligate a rendere digitale l’informazione presente nei relativi report, utilizzando il linguaggio XHTML e il linguaggio di marcatura XBRL. Questo implicherà l’impiego di “tag” (etichette digitali) per la rendicontazione ESG.
Per garantire una maggiore comparabilità tra le disclosure, le imprese saranno tenute ad adottare un unico standard di rendicontazione ESRS (European Sustainability Reporting Standard), il cui sviluppo è demandato all’EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group). Per le PMI saranno introdotti degli standard specifici.
L’importanza dell’ESG nell’implementazione della strategia
Le imprese dovranno impegnarsi nell’integrare gli obiettivi ESG all’interno della propria strategia: è qui che si inscrive l’obbligo di fare disclosure in relazione al ruolo degli organi di amministrazione, gestione e controllo in merito alle questioni di sostenibilità, e di introdurre forme di incentivazione per i membri della governance, legate al raggiungimento degli obiettivi e a rendicontare i meccanismi di assegnazione in modo trasparente all’interno dell’informativa.
Le imprese saranno tenute a considerare, all’interno del modello per la gestione dei rischi (ERM – Enterprise Risk Management), quelli legati al clima e ad altre questioni ambientali, come la perdita di biodiversità e alle problematiche sanitarie e sociali, compreso il lavoro minorile e forzato.
Inoltre, dovranno considerare non soltanto il perimetro di riferimento del bilancio di sostenibilità, ma includere le informazioni sugli impatti materiali, sui rischi e sulle opportunità connesse all’intera catena del valore a monte (upstream) e a valle (downstream), quali risultanti delle attività di due diligence e dell’analisi di materialità.
La CSRD e la competitività aziendale
Come spiega il report di Deloitte, la sostenibilità è parte integrante della resilienza aziendale e della capacità di creare valore nel tempo. Il valore delle aziende oggi è sempre più rappresentato da asset intangibili come dipendenti qualificati, la reputazione, il brand, il capitale intellettuale, le licenze per operare e le relazioni con i clienti. Questi sono direttamente influenzati dai fattori di sostenibilità. Le aziende che non li gestiscono e non li misurano rischiano di avere prestazioni inferiori o di erodere il loro valore – per esempio, con il peggioramento della reputazione del brand, la perdita di persone chiave o di clienti.
Il rischio principale del non adeguamento è quello di andare fuori mercato. Le aziende non saranno più valutate, infatti, in base solo alla loro performance economico-finanziaria ma anche a quelle di sostenibilità. E fra i valutatori ci sono i clienti e lo stesso sistema creditizio, due stakeholder fondamentali che stanno già privilegiando, nelle loro relazioni, le aziende più virtuose.
La radicazione dei fattori ESG all’interno del pensiero economico-aziendale è, dunque, una realtà concreta. I modelli di business influenzano e sono influenzati da scelte strategiche sempre più orientate alla sostenibilità. Le imprese che non mettono in agenda l’avvio di un’attività tesa a tracciare, non solo formalmente, questa nuova rotta di navigazione sono destinate a perdere rapidamente competitività.