Uno dei più classici problemi delle supply chain del settore fashion abbigliamento – molto articolate, ad alto tasso di terzismo e con grandi volumi di prodotti da gestire – è la complessità del tracciamento dei capi, con tipici problemi di discordanza a valle tra merce prevista e merce che effettivamente arriva ed è reperibile nei negozi.
Problema che anche Colmar si è trovata ad affrontare, risolvendolo con un progetto basato su tracciamento RFID che ha coinvolto anche terzisti e centri di ricondizionamento nella sua supply chain.
Manifattura Mario Colombo & C., meglio nota come Colmar, è nata a Monza nel 1923: ha iniziato producendo cappelli e ghette in feltro di lana, poi è passata agli abiti da lavoro, e nell’immediato dopoguerra all’abbigliamento sportivo, in particolare quello da sci. Oggi all’abbigliamento strettamente “tecnico” l’azienda ha affiancato delle linee di capi “urban” sportswear per l’uso in città.
La Supply Chain di Colmar è caratterizzata da una produzione a grandi lotti concentrata in due periodi annuali e da una significativa movimentazione della merce che risultava difficile da tracciare. Questo generava appunto significative inefficienze in fase di ricevimento merce (incongruenze tra merce prevista in ingresso e merce effettivamente messa a stock) e anche un limitato presidio dei canali di vendita (col “ritrovamento” di capi in punti vendita in cui non erano previsti).
Per far fronte a questa situazione, l’azienda ha deciso di investire in una soluzione che consentisse la tracciabilità puntuale del singolo capo, con costi contenuti. Si è quindi optato per lo sviluppo di un sistema di tracciabilità basato su tecnologia RFId, con l’obiettivo di automatizzare il più possibile i processi di verifica dei capi in entrata, tracciando puntualmente la merce in uscita.
Flussi differenti tra capi appesi e capi stesi
Il tag RFId viene prodotto in fase del lancio della commessa e inviato ai terzisti, che lo applicano all’interno dell’etichetta di tutti i prodotti, sia capi appesi sia capi stesi. La verifica in ingresso, a oggi, viene effettuata in modalità “massiva” per i capi stesi: i colli passano sotto un varco che, in automatico, legge il contenuto e consente il raffronto immediato con il contenuto della bolla cartacea. I capi appesi, invece, prima della messa a stock devono subire un trattamento di ricondizionamento presso centri specializzati, dopo il quale viene effettuata la tracciatura e la verifica in ingresso. Uno dei prossimi obiettivi è coinvolgere questi centri specializzati di ricondizionamento – pochi e sufficientemente “captive” – nel progetto, fornendo loro l’attrezzatura per effettuare in autonomia il controllo massivo in ingresso.
In uscita, invece, viene tracciato puntualmente il 100% dei prodotti, con un bassissimo margine di errore. Si è quindi colta l’occasione anche per informatizzare e automatizzare i processi di spedizione – composizione e peso del collo, generazione della packing list da applicare sul collo e sul sovracollo, e gestione della spedizione) che prima venivano gestiti interamente a mano.
L’implementazione di questo progetto ha permesso a Colmar di avere il presidio completo e di tracciare i singoli capi in tutto il loro percorso lungo la filiera. Il costo dell’investimento è rappresentato dal costo dei singoli tag RFId e dall’acquisto dell’infrastruttura fisica per la lettura dei colli in ingresso e in uscita e da alcuni applicativi software. L’investimento ha permesso il drastico abbattimento delle mancate corrispondenze in ingresso.
Nel prossimo futuro, l’obiettivo è estendere il perimetro del progetto non solo a monte, ma anche al canale retail, così da poter svolgere in modo automatizzato l’attività di ricevimento massivo dei capi, ma anche di estenderla fino al punto vendita.
Caso tratto dal report “La digitalizzazione dei processi nella filiera del tessile-abbigliamento e calzaturiero” (2016) dell’Osservatorio Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione del Politecnico di Milano