Come sta evolvendo l’approccio alla misura delle performance delle supply chain man mano che le supply chain vengono digitalizzate? È il quesito che si è posta APQC (American Productivity & Quality Center) insieme al CGE (Center for Global Enterprise) nel condurre una serie di interviste ad alcune tra le principali multinazionali, una delle quali riguarda Colgate-Palmolive.
La multinazionale di prodotti per l’igiene della persona e della casa, con quartier generale a New York, ha 38mila dipendenti e ha realizzato 15,2 miliardi di dollari di fatturato nel 2016. Ha 45 stabilimenti nel mondo, di cui uno in Italia, ad Anzio, fondato 50 anni fa e considerato centro d’accellenza per i prodotti per l’igiene personale. I marchi che CG commercializza nel nostro Paese, oltre ovviamente a Colgate e Palmolive, sono Ajax, Soflan, Fabuloso, Glicemille, Sanex e Hill’s, marchio quest’ultimo di prodotti di pet care.
APQC e CGI hanno intervistato Andres Bejarano, Director Factory Performance and Reliability, Global Supply Chain di Colgate-Palmolive Company: un ruolo complementare al Supply Chain Director.
Fino al 2006, racconta Bejarano, la gestione delle supply chain era regionale, e ogni regione aveva i suoi sistemi di continuous improvement. Poi c’è stato un riallineamento su base globale, tutte le fabbriche hanno aderito a un manuale di “Factory Performance and Reliability” (FP&R) che definisce standard, linee guida e obiettivi in otto aree: management systems, 5S and visual workplace, plaint maintenance, autonomous maintenance, productivity and continuous improvement, production planning, people capabilities, nonché un meeting quotidiano sugli standard.
Il programma FP&R, continua Bejarano, è anche uno strumento per introdurre nuovi paradigmi negli stabilimenti, come lo Smart Manufacturing, con cui Colgate-Palmolive ha iniziato la trasformazione digitale delle sue supply chain. Primi obiettivi: perseguire la pianificazione ed esecuzione end-to-end dei processi di supply chain, e l’uso degli analytics per risolvere problemi complessi e migliorare le performance operative.
Il primo passo del percorso è stata è la “Supply Chain Analytics Vision”, definita nel 2015 con l’obiettivo di abilitare i supply chain manager a prendere le migliori decisioni in termini di bilanciamento tra i tre principali “macro-KPI” dell’eccellenza operativa: costi, livello di servizio, e gestione del magazzino (inventory).
«L’idea è automatizzare tutto ciò che può essere automatizzato nei processi di produzione e supply chain, e questo ha conseguenze anche in termini di formazione: stiamo investendo massicciamente per dare al personale gli skill necessari per sfruttare al meglio le nuove tecnologie digitali».
Scendendo più in dettaglio sui tre macro-KPI (costi, servizio, inventory), per i costi la funzione Supply Chain attualmente traccia i costi di conversione e i parametri chiave di produttività a supporto sono l’utilizzo degli asset e le indisponibilità non previste (unplanned downtime). Per il servizio vengono tracciati i tassi di case-fill (percentuale dell’ordine consegnata rispetto all’ordine totale), e per l’inventory la misura principale è l’indice di copertura (numero di giorni di permanenza in magazzino) rispetto alla giacenza media degli ultimi 13 mesi. Poi altri KPI sono calcolati a supporto, per esempio il numero di SKU vendute, e il numero di configurazioni di prodotto e packaging per esprimere in dati il livello di complessità della supply chain.
La funzione Supply Chain riporta questi numeri in una scorecard mensile a disposizione del CEO e dei senior manager, che contiene anche indici cross-funzionali come livelli di sicurezza (safety records), dati finanziari, e KPI di domanda e di offerta.
A metà del 2017, continua Bejarano, Colgate-Palmolive ha raggiunto significativi progressi sull’integrazione, automazione e digitalizzazione delle sue operazioni di Supply Chain globale. Ha adottato nuovi sistemi di controllo delle linee di produzione, un nuovo sistema MES che copre tutte le linee di confezionamento e rileva dati di performance, e inoltre gli stabilimenti hanno iniziato a usare sensori con obiettivi di manutenzione predittiva, robot collaborativi per lo spostamento dei materiali, device portatili wireless per il tracciamento del flusso dei materiali, telecamere per il supporto remoto agli operatori e RFID per tracciare pallet e scorte. In alcune fabbriche sono in corso anche progetti pilota per la stampa 3D dei pezzi di ricambio, e di smart glasses per ispezioni e interventi tecnici.
Tutti i dati di questi sistemi alimentano un sistema di analytics basato su SAP Hana, che sta già supportando gli stabilimenti in termini di analisi KPI e problem solving a livello manageriale, e di continuous improvement a livello di shop floor. Il sistema notifica anche le segnalazioni di problemi di fabbrica agli specialisti di Six Sigma e continuous improvement di Colgate-Palmolive, e traccia quante di queste notifiche sono convertite in ordini di intervento e risolte.
Secondo Bejarano il progredire della digitalizzazione della supply chain porterà a un approfondimento delle determinanti dei KPI, delle correlazioni tra KPI, e ad analisi root-cause più precise e dettagliate. Benefici sono già stati ottenuti in termini di visibilità globale delle operazioni di supply chain, riduzioni di costi, aumenti degli indici di efficienza: «Il tasso di utilizzo degli asset di fabbrica per esempio è aumentato di 10 punti, e ci aspettiamo che le tecnologie Smart Manufacturing accelerino questo miglioramento».
In parallelo Colgate-Palmolive sta anche investendo nella diffusione di una cultura più “data-driven”. Il tasso d’adozione e il coinvolgimento del personale sulle tecnologie digitali nelle fabbriche e nella supply chain viene monitorato, mentre l’azienda tiene corsi di formazione e assume specialisti di automazione e di analytics.
«L’obiettivo per ora è costruire solide fondamenta per la supply chain digitale, poi nei prossimi anni l’azienda passerà dai progetti pilota all’entrata in produzione: la cosa più importante però è creare la capacità – sia dell’organizzazione che delle singole persone – di assorbire le nuove tecnologie velocemente man mano che diventano convenienti per noi».