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Supply Chain Finance, quali costi e benefici: Reverse Factoring e Carta di Credito a confronto

Sulla base del proprio modello di riferimento, l’Osservatorio Supply Chain Finance del Politecnico di Milano ha analizzato le due soluzioni supportate dal digitale più utilizzate per ottimizzare la gestione del working capital nelle filiere industriali

Pubblicato il 10 Lug 2017

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Uno degli obiettivi dell’edizione 2017 dell’Osservatorio Supply Chain Finance del Politecnico di Milano è stata l’analisi dei benefici e dei costi delle soluzioni di Supply Chain Finance.

Prima di tutto i ricercatori del Politecnico hanno definito un modello di riferimento, che definisce 3 tipi di costi e 4 tipi di benefici. I costi sono i seguenti:

costi di selezione: selezione e scelta della soluzione e del provider finanziario e tecnologico;

costi di implementazione: acquisto e al setup del sistema, change management e attività necessarie per la revisione dei contratti;

costi di utilizzo: costi finanziari, costi operativi interni.

Quanti ai benefici, ecco le 4 tipologie:

Benefici finanziari: riduzione del cash to cash, miglioramento dei tempi di pagamento, riduzione dei costi di finanziamento, miglioramento dell’accesso al credito, etc.;

Benefici economici: aumento di fatturato o riduzione dei costi d’acquisto;

Benefici intangibili: migliore gestione delle relazioni di filiera, delle relazioni con le banche, miglioramento delle proprie performance di sostenibilità;

Benefici operativi: gestione dei processi interni più efficiente ed efficace.

Sulla base di tale modello, i ricercatori hanno confrontato due strumenti specifici di Supply Chain Finance: il Reverse Factoring e la Carta di Credito, intesa come soluzione “virtuale” per la gestione semplificata dei pagamenti tra Buyer e Supplier, grazie al “disaccoppiamento” tra momento del pagamento e momento dell’incasso che ottimizza la gestione del circolante.

La scelta del confronto, spiega l’Osservatorio, è dovuta al fatto che queste sono le due soluzioni innovative di Supply Chain Finance più utilizzate, tipicamente supportate da soluzioni digitali, e per cui è possibile quantificare costi e benefici, a parte il Factoring già analizzato nel report dell’anno scorso.

Benefici comuni sia alla Carta di Credito sia al Reverse Factoring sono l’ottimizzazione del Cash to cash, la riduzione dei costi operativi e il miglioramento del rating del fornitore. Con la carta di credito – a fronte di un tempo medio di pagamento di 60 giorni – si possono rilevare 53 giorni di  flessibilità, spartibili in modo variabile tra Buyer e Supplier (per esempio: +23 giorni per il Buyer; – 30 giorni per il Supplier). Con il Reverse Factoring, tale flessibilità non si presenta ma si possono rilevare maggiori impatti in termini di tempi di incasso per il Supplier (per esempio: -30 giorni) a fronte di maggiori tempi di pagamento per il Buyer (per esempio: +30 giorni). In entrambi i casi si rileva una riduzione dei costi operativi: circa -0,5% dei costi amministrativi con la carta di credito e circa – 0,7% dei costi di acquisto con il Reverse Factoring. Infine entrambe le soluzioni comportano un miglioramento del rating del fornitore, che beneficia del rating del Buyer.

La Carta di Credito presenta un tasso di interesse paragonabile al Reverse Factoring ma un tempo di implementazione potenzialmente più lungo. Sia la Carta di Credito sia il Reverse Factoring hanno come principale voce di costo il tasso di interesse: nel primo caso si rilevano valori tra lo 0,5% e il 3,0% mentre nel secondo tali valori sono compresi tra il 2% e il 4% mediamente. Entrambe le soluzioni prevedono, inoltre, un costo di implementazione legato alle persone: la Carta di Credito richiede un tempo di implementazione di circa 5 giorni a fornitore, mediamente più lungo di quanto avviene per il Reverse Factoring, che può però richiedere una revisione dei sistemi, non necessaria invece per la Carta di Credito.

La reale differenza riguarda l’ambito di applicazione delle soluzioni. La Carta di Credito è adatta per importi piccoli (anche qualche migliaia di euro) fino al 30% del fatturato di relazione tra cliente e fornitore, per non impattare sulla Centrale Rischi, e quando si punta a una forte flessibilità finanziaria. Il Reverse Factoring è consigliabile quando si vogliono scontare fatture di importo maggiore e che coprano anche una quota parte alta del fatturato di relazione tra cliente e fornitore, con una certa stabilità nel tempo. Questi strumenti possono anche essere usati congiuntamente in modo complementare.

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