Monitorare i flussi in una supply chain giorno per giorno, o addirittura in tempo quasi reale, potrebbe apportare notevoli benefici, con risposte preziose a domande che i manager di supply chain e logistica si pongono da sempre: quali sono i migliori fornitori rispetto a KPI come completezza, accuratezza e puntualità delle consegne? Quali clienti hanno aumentato il loro volume di ordini sopra una certa percentuale negli ultimi 12 mesi, e quali hanno chiesto più modifiche rispetto agli ordini, e in quale periodo?
Nel mondo ormai sono disponibili diverse piattaforme digitali B2B per gestire gli scambi di dati, informazioni e documenti nelle filiere produttivo-logistiche. Piattaforme che gestiscono miliardi di transazioni all’anno, e che sono in grado di fornire agli utenti dati appunto su tempi, consegne, volumi, pagamenti.
Tutto quindi sarebbe pronto per applicare le soluzioni e le tecniche di Big Data analytics anche alle operazioni di supply chain, e capire così nel dettaglio quanto i flussi informativi tra le imprese di una filiera siano allineati con i flussi fisici.
Un articolo sul sito Supply Chain 24/7 di Mark Morley, Leader Marketing Manufacturing Sector di OpenText, una delle
piattaforme B2B prima citate, approfondisce questo tema, partendo dal fatto che in una tipica transazione EDI su una piattaforma B2B ci sono due tipi di informazioni/documenti utili per un’attività di supply chain analytics: operational-based, e business specific. Il primo tipo riguarda per lo più documenti, cioè per esempio ordini d’acquisto, fatture, comunicazioni di consegna (ASN, Advanced Ship Notice), e con un’analisi su questi si possono ottenere informazioni e indicazioni per migliorare l’efficienza operativa, e quindi i margini. Il secondo tipo sono le informazioni di dettaglio contenute nei primi – orari di consegna, quantità e singoli articoli consegnati, percorsi, importi delle fatture, prezzi, ecc. – che opportunamente analizzate possono evidenziare tendenze e informazioni che permettono di decidere meglio e più velocemente, individuare opportunità di mercato, mitigare i rischi.
Applicare i Big Data Analytics a livello operativo e a livello business su miliardi di transazioni di una filiera industriale può trasformare l’attività dei professionisti negli ambiti supply chain, logistica e procurement, scrive Morley, facendo due esempi per altrettanti settori: Retail e Automotive.
Nel Retail la domanda è largamente consumer e fortemente stagionale. Applicare soluzioni di operational analytics su un campione di dati abbastanza ampio (vari anni di dati storici), può dare un grosso aiuto per prevedere l’andamento dei volumi di domanda lungo l’anno, e adeguare così la produzione e le giacenze in modo più accurato a ciò che il mercato realmente vuole.
Nell’Automotive, la puntualità delle consegne (ASN Timeliness) è uno degli indici più importanti per capire se una linea di produzione Just-in-Time sta funzionando a dovere. Molti costruttori del settore lo usano per monitorare le performance dei loro fornitori, per confrontarli tra loro e stilare classifiche “di merito”, ma con delle analisi Big Data su numeri in tempo reale o quasi si può pensare addirittura di poter individuare eccezioni e anomalie, introdurre azioni correttive prevenendo gravi interruzioni della supply chain, decidere se applicare penali o addirittura chiudere contratti.
Riepilogando, quindi, a livello di singola impresa con un buon sistema di analytics che opera su dati provenienti dalle transazioni elettroniche B2B è possibile oggi avere una visione completa a 360 gradi delle attività di supply chain e delle performance dei partner, potendo prendere decisioni più informate e ovviando in tempi più stretti a eventuali problemi e anomalie.
Ma anche a livello di interi settori e Paesi è possibile ottenere trend e indici estremamente significativi. L’articolo cita per esempio il PMI (Purchasing Managers Index), che viene calcolato misurando le variazioni mensili di otto KPI strategici appunto a livello di settore o Paese, tra cui numero di nuovi ordini, livelli di scorte, output di produzione, e variazioni dei livelli di occupazione. Questo dato è considerato dagli investitori e dal mercato un ottimo indicatore dello stato di salute di un’economia nazionale: un PMI inferiore a 50 per tre trimestri per esempio è un un chiaro segnale di recessione.