Le tecnologie digitali stanno provocando una vera “rivoluzione copernicana” nell’approccio agli investimenti in tecnologie di supply chain management. Se prima l’obiettivo primario era di ridurre i costi, nel senso più lato, oggi questi progetti sono proposti anche per aumentare fatturato e profitti.
Questa la tesi di un articolo di Carlos Cordon, Professor of Strategy and Supply Chain Management all’IMD di Losanna, sul blog della business school svizzera: articolo basato sul caso di Adidas Russia, che a Mosca ha aumentato le vendite di un tasso a doppia cifra in 24 ore grazie a una serie di interventi sulla supply chain.
“Gli esperti hanno sempre detto che il supply chain management serve a consegnare i prodotti al costo minore, una volta fissato il livello di servizio. Nella logistica la riduzione dei costi è una vera ossessione, un Supply Chain manager una volta mi ha detto: ‘Noi non lavoriamo sull’euro, lavoriamo sul centesimo’. Ma oggi non è più così, non parliamo più soltanto di efficienza, riduzione del working capital e minimizzazione delle scorte”, sottolinea Cordon.
Adidas è il brand leader per le scarpe sportive in Russia, dove ha oltre 1200 negozi e realizza una strategia omnichannel in cui i clienti possono comprare sia online, sia negli store fisici, e ricevono prodotti che possono essere prelevati in centri di distribuzione, magazzini, e negozi in tutto il Paese, e che vengono consegnati a casa, in negozio, o in punti di ritiro ad hoc.
Il 70% dei compratori online sceglie il Click and Collect
Tutto è iniziato da un progetto pilota “Click and Collect” a Mosca: Adidas si aspettava da 10 a 20 ordini alla settimana con acquisto online e ritiro in negozio. E invece gli ordini hanno rapidamente raggiunto quota 1000 alla settimana, costringendo l’azienda a fermare il test e a mettere in piedi l’infrastruttura di supply chain necessaria per supportare tale domanda. Il risultato è che oggi il 70% dei clienti russi di Adidas che ordinano online scelgono l’opzione Click and Collect.
Ma anche altre iniziative di area supply chain di Adidas in Russia hanno contribuito ad aumentare il fatturato, e quindi i profitti. Tra queste “Ship from Store”, dove i prodotti ordinati online sono prelevati dai negozi, e non da un centro di distribuzione, e “Endless Aisle”, in cui i clienti che non trovano il prodotto voluto in un negozio lo ricevono da un altro negozio Adidas che ce l’ha, dovunque sia in Russia.
Questa rivoluzione nell’approccio al supply chain management, rimarca Cordon, è dovuta al fatto che in Adidas Russia il responsabile Supply Chain è anche responsabile IT, quindi un manager con una visione sia tecnologica che di business. Ma soprattutto è dovuta alle tecnologie implementate nella supply chain, molte delle quali sono Industria 4.0, per esempio sensori e tag RFID per il tracciamento dei prodotti, sistemi di warehouse management che abilitano la gestione di piccoli “buffer” di scorte anche nei negozi, automatizzazione spinta degli spostamenti di componenti e prodotti. Per questo Cordon parla di “Supply Chain 4.0”.
Concettualmente è logico pensare che l’uso di tecnologie di supply chain management abbia impatti sul fatturato, ma storicamente è sempre stato molto più facile misurare i loro benefici in termini di risparmi di costi, e quindi sono sempre stati privilegiati gli investimenti con “business case” molto orientati su valutazioni di capitale circolante, gestione del magazzino e delle consegne, e così via. «Oggi però la digitalizzazione rende disponibili molti più dati, e molto più di dettaglio, sulle vendite e sugli ordini, ed è finalmente possibile calcolare con precisione anche quanto un miglioramento nella supply chain produca in termini di fatturato e di profitti. E i numeri sono impressionanti».
L’obiettivo critico è ridurre il “return rate”. Anche per i droni di Amazon
Cordon cita come esempio la già accennata consegna dai negozi (Ship from Store) di Adidas in Russia. Nella nazione più estesa del mondo, una consegna gestita in modo tradizionale (dal centro di distribuzione presso Mosca al paesino in Siberia, per esempio) può richiedere anche 15 giorni. La scelta Ship from Store certamente accorcia i tempi di consegna, e quindi aumenta le vendite, perché si riduce la quota di consumatori che rinuncia all’acquisto appunto perché non accetta tempi di consegna lunghi.
Però logicamente ci si aspetterebbe anche un aumento dei costi logistici. E invece no. A conti fatti, Adidas ha scoperto che per alcune categorie di prodotti, se la consegna è in 24 ore il tasso di reso è intorno al 50%. Ma se la consegna è in tre giorni, il tasso di reso si alza al 70%. Quindi l’aumento della velocità di consegna ha comportato non solo un aumento del fatturato – circa del 40%, a prezzo pieno. Ha anche ridotto i costi logistici, perché l’abbattimento del tasso di reso riduce in modo corrispondente tutta la “reverse logistics” per recuperare i prodotti rifiutati dai clienti.
Questa della gestione dei resi è in effetti una delle più grandi criticità della logistica dell’era dell’omnichannel retail, e infatti Cordon qui cita anche i droni di Amazon: se i droni permettono di consegnare in 15 minuti riducendo sostanzialmente il tasso di reso, questo per Amazon significa milioni e milioni di fatturato in più e di costi di reverse logistics in meno.
Insomma, conclude Cordon, il digitale sta rivoluzionando le basi stesse del supply chain management, perché permette di seguire meglio il comportamento dei consumatori e quindi di contribuire ad aumentare le vendite. Il punto è capire dove “catturare” il valore nella nuova value chain, che è molto diversa dalla precedente. Per questo molte imprese avanzate come Adidas combinano le funzioni IT e Supply Chain Management, e procedono per prove ed errori con “piccoli” investimenti in tecnologie Industria 4.0 lungo tutta la supply chain (e non solo in fabbrica), invece di implementazioni “big bang” di grandi sistemi software. L’espressione “Supply Chain 4.0” significa esattamente questo.