Ogni crisi porta con sé difficoltà e incertezza ma rappresenta anche un nuovo inizio, il momento perfetto per porre le basi nella creazione del futuro.
Per qualcuno il Coronavirus segnerà un passaggio epocale, che traccerà una linea decisa tra quello che c’era prima e quello che ci sarà dopo.
Difficile dirlo ora, ma certamente la crisi in atto ha modificato lo status quo del mercato e dei processi, accelerando alcuni cambiamenti e portandone alla luce di nuovi, fino a qualche mese fa invisibili agli occhi meno attenti.
Non fa eccezione il mondo della supply chain che si è trovato a fare i conti con una situazione di difficile interpretazione: catene di distribuzione interrotte, stop alla produzione, assenza di beni sul mercato ed eccedenza di altri, cambiamenti nelle abitudini di consumo e nelle modalità di acquisto.
In questo mare di cambiamenti, a saltare maggiormente all’occhio sono tre aspetti, fortemente intrecciati e correlati, destinati a diventare veri e propri trend per il futuro: ominicanalità, flessibilità e importanza dei dati.
Andiamo con ordine. Nella fase di lockdown e distanziamento è emersa la capacità di alcune aziende di cogliere le opportunità offerte dal digitale e l’e-commerce, che per alcune industry è cresciuto anche del 70% in questo periodo. Una transizione che porta anche ripensare l’interazione tra i diversi canali e il ruolo dei punti vendita, che potrebbero diventare potenziali nodi di una rete distributiva.
Flessibilità e approccio data-driven
Per favorire questo cambiamento serve certamente grande flessibilità, un fattore centrale in una fase di emergenza, ma non solo: le supply chain più rigide, con tempi di attraversamento lunghi, sono state molto penalizzate. È il caso del settore Automotive, che oltre ad aver sofferto il calo dei consumi è stato condizionato da problemi legati all’esternalizzazione e delocalizzazione della produzione. Al contrario, le aziende, e più in generale le industry, che sono riuscite a intervenire in modo dinamico su apertura/chiusura di alcune catene di fornitura, a riportare in shore alcune produzioni o a congelare temporaneamente la catena, sono state in grado di contenere rischi e costi.
Flessibilità e dinamicità di aspetti logistici e processi operativi sono resi possibili anche e soprattutto grazie a un approccio basato sui dati. La necessità di prendere decisioni informate e data-driven è emersa da tempo, ma durante l’emergenza è diventata particolarmente urgente e attuale: un momento di discontinuità rispetto al passato come quello appena vissuto ci costringe cambiare il punto in cui rivolgere lo sguardo, spostandolo verso il domani.
Questo significa non solo affidarsi a nuovi strumenti e architetture, ma anche creare e valorizzare le giuste competenze all’interno della propria organizzazione. Per questo abbiamo individuato una figura dedicata, che a SDG abbiamo ribattezzato Supply Chain Scientist: un professionista ibrido, che unisce conoscenze di ingegneria gestionale a quelle di data analytics, in modo da riuscire a inserire nei processi analisi e previsione accurate dei dati, provenienti da fonti differenti.
Ma i dati da soli non bastano, vanno analizzati e utilizzati per estrarne valore. Possono essere utilizzati, per esempio, per attivare modelli predittivi che ci aiutino ad anticipare il cambiamento, come in ambito retail dove l’introduzione di sistemi di forecasting su prodotti continuativi permette di ridurre sia gli immobilizzi sui nodi intermedi sia sulle mancate vendite.
Le informazioni, inoltre, diventano più efficaci se condivise. Per questo è fondamentale avere visibilità sui dati anche da parte degli altri attori della catena: a essere premiate sono le filiere in cui queste informazioni circolano, liberamente e in modo rapido, sempre nel rispetto della privacy. Ne è un esempio il settore pharma, dove la connessione tra il mondo di produzione e quello commerciale e di vendita permette di avere meno stock e una maggiore capacità di cogliere le marginalità.
Lo scenario attuale si inserisce in un contesto, quello della supply chain, già in grande fermento sia sul piano tecnologico sia su quello dei processi.
Accanto ai già citati data analytics e sistemi di intelligenza artificiale, ci sono altri due trend tecnologici in atto da tempo: la Blockchain, che potrebbe offrire trasparenza, tracciabilità, validazione e sicurezza dei dati, e la Stampa 3D, che può garantire una prototipazione veloce, accelerando le attività di ricerca e sviluppo e riducendo il time to market, rappresentando un grosso vantaggio competitivo.
È tempo di ridisegnare la catena secondo nuove logiche che minimizzino i rischi, con un approccio innovativo e data-driven, che permetta di cogliere le opportunità delle soluzioni tecnologiche di nuova generazione, gli advanced analytics potenziati dal machine learning.
Ma le decisioni restano agli umani e questo, non dobbiamo mai dimenticarlo.
La tecnologia è vana se non riponiamo in lei la giusta fiducia: i modelli sono elaborati grazie al lavoro di macchine ma sono inutili solo se non vengono interpretati e utilizzati dai decision maker.
E sta proprio qui uno dei grandi rischi di questa rivoluzione: la macchina è un collaboratore e non uno strumento a cui delegare scelte strategiche e responsabilità.
In quest’ottica vanno riviste anche le competenze e le caratteristiche dei leader che hanno una grande opportunità: quella di riuscire a prendere le decisioni in modo più rapido ed efficace, migliorando l’efficienza dell’intera azienda.
Nella supply chain, ma non solo, la strada verso il futuro sarà tracciata da una nuova guida: i dati.
Sta a noi riuscire a seguirla.