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Rischio di fornitura, il punto sulle strategie di prevenzione delle interruzioni della Supply Chain

Come operare un corretto Supplier Risk Management anticipando eventuali minacce alla continuità operativa? Qual è il livello di maturità delle aziende italiane? E qual è il ruolo dell’ufficio acquisti? Una ricerca condotta dal laboratorio RISE dell’Università degli Studi di Brescia fa il punto

Pubblicato il 03 Ott 2023

Marco Perona

Professore Ordinario di Supply Chain Management presso l'Università degli Studi di Brescia

Supply risk management

Per “rischio di fornitura”, in inglese Supply Risk Management s’intende la possibilità che, indipendentemente dal motivo che provoca tale evento, un’azienda appartenente alla nostra rete di fornitura possa improvvisamente interrompere le consegne, ponendo quindi a rischio la continuità operativa della nostra Supply Chain.

Come per qualsiasi altra tipologia di evento dannoso, è possibile modellare anche questo rischio attraverso le due variabili della probabilità di accadimento, e della magnitudo del danno, che tengono conto rispettivamente della frequenza con cui ci possiamo attendere che l’interruzione delle forniture avvenga e della gravità degli effetti che essa potrebbe provocare.

Perché aumenta il rischio di fornitura

La recente pandemia, e diverse altre perturbazioni – sia locali, sia internazionali – legate soprattutto (anche se non solo…) al dissesto climatico ed alle mutate condizioni geo-politiche, hanno condotto ad un progressivo aumento di tale rischio per le nostre aziende.

Nuove evidenze, raccolte nel 2022 dal Laboratorio RISE dell’Università degli Studi di Brescia, ci permettono di “fare il punto” su questo rischio. Un questionario ha raccolto dati di 147 aziende manifatturiere operanti in Italia, che a loro volta hanno descritto in dettaglio 261 casi di interruzione delle forniture, intervenuti negli ultimi 10 anni.

Non in modo dissimile dall’universo nazionale, il campione di imprese intervistate è composto prevalentemente da micro (24%), piccole (35%) e medie (29%) imprese, mentre le grandi imprese costituiscono solo il 12% del campione.

Quasi la metà delle aziende intervistate (per la precisione il 46%) si dedica alla produzione di beni strumentali (tipicamente macchinari o impianti) o di loro parti, mentre il 27% produce beni durevoli (automobili, motocicli, apparecchi domestici, etc.) o loro parti. Il 21% è impegnata nella produzione di materie prime e componenti per l’industria (lamiera, vernici, lubrificanti, cuscinetti a sfere) e solo il 6% si dedica a produrre beni di largo consumo. Infine, quasi tutte le imprese intervistate sono localizzate nel Nord del Paese, e 3/4 di esse nella sola Lombardia.

Le basi di un buon Supply Risk Management

È stato chiesto alle aziende rispondenti quale fosse la loro percezione riguardo il rischio di fornitura, scomponendo la domanda nelle due dimensioni del rischio quindi, se ritenessero che la frequenza di accadimento degli eventi fosse in prospettiva in calo, stabile oppure in crescita, e specularmente se ritenessero l’impatto economico degli eventi in prospettiva in riduzione, stabile oppure in crescita.

Solo 50 tra le aziende intervistate hanno ritenuto di rispondere a questa domanda. La risposta (figura 1) è fortemente indicativa di una consapevolezza generalmente scarsa su questo rischio.

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Figura 1 – Rilevanza futura del rischio secondo le imprese intervistate

Circa la metà delle aziende rispondenti indica una situazione di complessiva stabilità sia della frequenza di accadimenti sia dell’impatto economico degli eventi (area gialla).

Il 34% delle imprese si dimostra addirittura ottimista (area verde), prevedendo una complessiva riduzione della frequenza di accadimento, combinata ad una possibile riduzione anche della gravità degli eventi medesimi.

Solo il 12% delle imprese intervistate indica invece un aggravarsi della situazione (area rossa), dovuto all’intensificarsi della frequenza e/o della gravità degli eventi.

Con riferimento a tale prima evidenza empirica, desta particolare impressione il fatto che tutte le grandi imprese intervistate si trovino unanimemente nell’area rossa, mentre la quasi totalità delle medio-piccole ed ancor di più delle micro-imprese abbiano dato risposte in area gialla e verde. Anche dal punto di vista delle risorse, sia Opex sia Capex, che in futuro saranno dedicate dalle imprese intervistate al Supplier Risk Management (per supportare le attività di misura, mitigazione e gestione del rischio) si nota una complessiva stabilità (figura 2). A questa domanda hanno risposto 101 aziende sulle 147 intervistate.

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Figura 2 – Risorse Opex e Capex che verranno dedicate al rischio di fornitura

Le strategie di mitigazione

Si nota come, più o meno coerentemente con la precedente risposta, il 58% delle imprese indichi una sostanziale stabilità delle risorse che verranno destinate alla gestione del rischio di fornitura in futuro rispetto ad oggi (area gialla). Solo il 5% indica una riduzione di tali risorse (area verde) ed il 37% delle imprese rispondenti indica invece di voler aumentare le risorse impiegate.

Come si vede, rispetto alla domanda precedente vi è una netta inversione tra la frequenza rilevata nell’area verde e quella rossa, che sottolinea un atteggiamento decisamente più pessimista nell’attribuzione delle risorse di quanto non emerga nelle previsioni sulla gravità del rischio.

Incrociano i due dati, infatti, si ottiene che solo il 52% delle imprese che hanno risposto ad entrambe le domande ha fornito risposte coerenti, mentre il 28% delle imprese rispondenti destinerà risorse in maniera più pessimista rispetto alle proprie previsioni di evoluzione del fenomeno e il 20% invece disporrà risorse n maniera più ottimista rispetto alle previsioni di evoluzione del fenomeno.

Ancora una volta, si rileva come il 100% delle grandi imprese si mostri coerente, mentre più della metà delle imprese micro, piccole e medie fornisca risposte incoerenti. Questo effetto di incoerenza è ancora più evidente incrociando le previsioni sulla rilevanza futura del rischio con l’attenzione manageriale che le imprese intendono destinare (figura 3).

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Figura 3 – Rilevanza futura del rischio e attenzione manageriale

Manca una visione chiara

Solo il 44% delle imprese rispondenti è coerente nelle proprie risposte (area gialla), mentre esattamente il 50% ha indicato un’attenzione manageriale più rilevante rispetto al profilo percepito del rischio e solo il 6% delle imprese ha invece dato una indicazione contraria. E ancora, le grandi aziende sono compattamente tutte coerenti nelle proprie risposte, mentre la maggior parte delle micro, piccole e medie imprese no.

Complessivamente, si ricava quindi una indicazione di scarsa chiarezza nella visione delle imprese medio-piccole circa il rischio di fornitura, per almeno 2 aspetti:

  • si ritiene che questo fenomeno sia sostanzialmente stabile, mentre i dati empirici che verranno successivamente forniti mostrano chiaramente come esso sia in forte crescita;
  • sia le risorse finanziarie sia l’attenzione manageriale che le imprese dichiarano di voler dedicare a questo fenomeno in metà o più dei casi non sono coerenti con le previsioni che le medesime imprese fanno circa l’evoluzione del fenomeno stesso.

Le considerazioni sopra svolte sono inoltre rafforzate dalla considerazione che le imprese di grandi dimensioni mostrano, contrariamente a tutte le altre, una visione molto più chiara e coerente sul fenomeno.

Frequenza delle interruzioni

Esattamente la metà del campione di aziende rispondenti dichiara di non aver sperimentato alcuna interruzione di fornitura negli ultimi 10 anni, mentre la restante metà dichiara di avere sperimentato una o più interruzioni (figura 4). La media generale è pari ad 1,8 interruzioni negli ultimi 10 anni.

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Figura 4 – Numero di interruzioni di fornitura sperimentate negli ultimi 10 anni

Passato e futuro a confronto

Questa evidenza empirica relativa al passato è da confrontare con la previsione circa la frequenza futura di accadimento degli eventi negativi riportata in figura 1, dove si vede che solo il 16% delle aziende rispondenti scommettono su un aumento futuro della frequenza di tali eventi, mentre il 56% delle imprese prevede un andamento stabile.

Il 28% invece è convinta che le interruzioni della continuità operativa della rete di fornitura possano diventare addirittura meno frequenti. Come anticipato, il dato previsto per il futuro diverge da quello rilevato nel passato, evidenziando ulteriormente la scarsa capacità delle aziende di leggere correttamente questo fenomeno, se si escludono le aziende più grandi.

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Figura 5 – Interruzioni di fornitura registrate per anno

Sulla base della rilevazione empirica di questi dati, è stato calcolato per ciascuna delle aziende rispondenti un indice di frequenza delle interruzioni di fornitura intervenute negli ultimi 5 anni, denominato Fmi, attraverso la seguente formula:

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Figura 6 – Formula per calcolare l’indice di frequenza delle interruzioni

L’indice va a pesare le interruzioni rilevate negli anni 2015-2019 rispetto al numero di fornitori diretti attivi che compongono la rete di fornitura aziendale.

Tramite questa formula si è quindi ottenuta una media generale di 0,5 interruzioni all’anno per ogni 100 fornitori, che sale a 0,6 interruzioni/anno quando vengono prese in considerazione solo le aziende che hanno riportato interruzioni in tale periodo.

Tale valore non si distribuisce in maniera omogenea tra il campione di imprese considerate: al contrario, si evidenziano differenze molto rilevanti sia in relazione alla dimensione aziendale, sia al numero di fornitori (figura 7).

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Figura 7 – Frequenza delle interruzioni sulla base della tipologia di ufficio acquisti e della rilevanza futura del rischio

Il ruolo dell’ufficio acquisti

Le aziende di dimensione micro, come si vede in figura, registrano un tasso di interruzioni di 1,4 all’anno ogni 100 fornitori, 3 volte superiore di quello evidenziato rispetto al valore medio delle aziende piccole (0,50) e oltre 4 volte maggiore rispetto al valore delle aziende medio-grandi (0,35). Coerentemente, anche se in modo controintuitivo, sono le imprese con meno di 100 fornitori diretti attivi quelle che registrano il tasso più elevato di interruzioni annue per ogni 100 fornitori, con un tasso di 1,18, quasi triplo rispetto alle reti con 101-300 fornitori, e quasi 15 volte quello delle reti di fornitura numericamente più grandi.

Una ulteriore riflessione meritano anche le evidenze illustrate in figura 8, relativamente alla relazione tra la frequenza di interruzione delle forniture da una parte ed il ruolo aziendale dell’Ufficio Acquisti oltre alla sensibilità mostrata rispetto al rischio di fornitura dall’altra.

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Figura 8 – Frequenza delle interruzioni sulla base delle dimensioni aziendali e della rete di fornitura

Come si vede in figura, dove l’ufficio acquisti riveste in azienda un ruolo marginale, limitandosi di fatto a ricevere dalle altre funzioni aziendali le richieste di beni e servizi e svolgendo solamente il ruolo tradizionale di emettere e gestire gli ordini di fornitura, si registra un tasso di interruzioni molto elevato, pari ad 1 interruzione media all’anno e per ogni 100 fornitori.

In presenza di un ruolo più direzionale, in cui l’ufficio acquisti sia owner di altre attività tattiche e strategiche caratteristiche, quali la scelta e valutazione dei fornitori, la definizione del budget annuo d’acquisto e la redazione dei contratti di acquisto, il tasso medio di interruzioni registrato si riduce a 0,69 l’anno ogni 100 fornitori.

Conclusioni

Tuttavia, il vero salto di qualità lo si compie quando l’Ufficio Acquisti svolge in azienda un ruolo veramente strategico, ad esempio affiancando le altre direzioni principali delle rispettive aziende (ad es. la produzione, le vendite e lo sviluppo prodotto) con riferimento alla definizione dei fabbisogni di acquisti esterni. In queste circostanze, infatti, il tasso scende al proprio livello più basso, ovvero 0,11 interruzioni medie l’anno ogni 100 fornitori.

Anche il risultato dell’analisi in base alla rilevanza futura del rischio percepita dalle aziende è degno di nota: infatti si vede come siano proprio le aziende denominate “pessimiste”, quelle cioè (cfr. figura 1) che presumono in futuro un intensificarsi della frequenza degli eventi d’interruzione, e/o un aggravarsi dei loro effetti, che sperimentano un tasso di interruzioni minore, coerentemente con il fatto che esse sono prevalentemente aziende grandi.

Tiriamo le somme: sebbene solo metà delle aziende abbia indicato di avere subito negli ultimi 10 anni delle interruzioni di fornitura, il fenomeno è più frequente di quanto non si potrebbe immaginare (in media 0,5 interruzioni l’anno per ogni 100 aziende fornitrici) e soprattutto in forte accelerazione.

Le micro-aziende e quelle in cui l’ufficio acquisti ha il classico ruolo di “ordinificio” paiono considerevolmente meno attrezzate delle altre per fare fronte a questo fenomeno.

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