Sicurezza da un lato e business dall’altro. Proteggere i prodotti dalla falsificazione, dal grey market e dall’italian sounding significa tante cose. Prima di tutto tutelare i consumatori (non solo la loro fiducia ma anche la loro salute). E poi tutelare il business dalle luci e dalle ombre di filiere diventate sempre più complesse.
Il discorso non è solo economico, ma anche etico perché impatta sulla quantità di posti di lavoro minacciati da una concorrenza sleale che mina il fatturato e la brand awareness, dal luxury al fashion più in generale, dai prodotti alimentari all’elettronica fino ad arrivare all’arredamento o a qualsiasi altro prodotto.
Essere un brand significa investire in ricerca e uno sviluppo di qualità che contribuisce a fare la differenza tra un prodotto vero e uno falso: ad esempio progettando particolari design e concept di costruzione e di realizzazione, definendo una scelta oculata delle materie prime, stabilendo criteri di lavorazione secondo le normative più rigorose, impostando servizi di distribuzione tali da garantire nel caso assistenza e supporto, il tutto con una tracciabilità e una rintracciabilità delle informazioni che permette di verificare lotti di produzione, ingredienti, lavorazioni e, nel caso, intercettare eventuali anomalie che posono insorgere lungo la filiera.
Come e perché servono etichette molto più intelligenti
Nelle aziende c’è tanta informazione ma c’è ancora poca integrazione a livello di filiera per quanto riguarda la movimentazione e la tracciabilità dei prodotti. E questo è un aspetto operativo, Poi c’è quello strategico, dove il marketing e la distribuzione parlano sempre più spesso di clienti più informati anche grazie a telefonini e tabet che li aiutano a recuperare dati importanti in merito a quello che acquistano. Molte vision, ma ancora troppo lontane dalle soluzioni che servono concretamente a svoltare. Si parla poco di tecnologie e soluzioni davvero efficaci a cortocircuitare il dialogo informativo di qualità.
Il punto di partenza è che un’etichetta barcode non basta a tutelare marchi e consumatori. La protezione del brand si può effettuare solo identificando in modo certo e univoco il prodotto al fine di dimostrare se è originale. Contrastare il mercato parallelo si può effettuare solo tracciando la storia del prodotto nella sua movimentazione lungo la filiera (supply chain). Certificare l’originalità del prodotto si può fare in modo tanto più efficace quanto più il consumatore possa, in modo autonomo, verificare detta originalità.
Il successo della strategia dipende dalla qualità dei sistemi di tracciabilità e rintracciabilità. In questo contesto il Web, oltre a fungere da piattaforma di collegamento diventa una piattaforma di servizi integrati e fruibili in multicanalità da dispositivi fissi e mobili. Anche l’anticontraffazione, infatti, oggi costituisce un capitolo importante della Internet of Things, mettendo in relazione colleghi, partner, clienti e cittadini attraverso una comunicazione di nuova generazione integrata e massimamente efficiente.
Quali sono le 4 tecnologie di riferimento
L’anticontraffazione è una strategia che utilizza tecniche di identificazione che, per essere funzionali ed efficaci, devono consentire la tracciabilità e la rintracciabilità (trace & tracking) delle informazioni. Queste informazioni, registrate in un archivio, possono essere recuperate, consultate e condivise in ogni momento. Ci sono alcune tecnologie che oltre a identificare un prodotto non sono riproducibili per cui riescono a identificare in maniera univoca un prodotto, garantendo la sua autenticità. Da tempo si usano con successo ologrammi, filigrana e inchiostri invisibili. Negli ultimi anni si sono aggiunti nuovi codici bidimensionali come QR code invisibili a occhio nudo, creati con nanoparticelle e inchiostro fluorescente.
L’ultima frontiera sono invece le etichette intelligenti, che associano l’uso di 4 diverse soluzioni tecnologiche: tag RFID/NFC, tag RFID/NFC + OTP, RFID + Fides Code e Sixtrue. Il denominatore comune è una nuova intelligenza di sistema perché, se ciascuno di questi elementi viene integrato in un software, la lotta alla contraffazione può contare su una barriera in più di sicurezza, proteggendo le filiere a 360 gradi.
1) RFID – La tecnologia RFID (Radio Frequency IDentification) è la versione più evoluta delle soluzioni di AutoID e comprende al suo interno varie tipologie di prodotti/soluzioni. Le più diffuse,al momento, sono l’UHF (Ultra High Frequency: nome mutuato dalla frequenza di funzionamento) e l’NFC (Near Field Communication). Grazie all’uso del tag RFID qualsiasi oggetto diventa connesso e comunicante: identificandosi in maniera univoca si racconta. Attraverso diversi sistemi di lettura del tag, le informazioni diventano accessibili e condivisibili.
2) RFID + OTP – Questa tecnologia di fatto unisce alla tecnologia RFID/NFC quella OTP (One Time Password) per potenziare la condivisione delle informazioni: ogni volta che il tag viene letto, oltre alla sua area di memoria che contiene i dati che il cliente ha deciso di riportare, viene generato automaticamente un codice one time da utilizzare come password. In questo modo, anche se un malintenzionato intercettasse il link generato dal tag e provasse a reindirizzare il browser a quell’indirizzo, dal momento che questo è già stato utilizzato una volta respinge la richiesta, esattamente come ci succede quando si utilizza il proprio sistema di home banking.
3) RFID + Fides Code – Grazie a un algoritmo associato all’uso del tag RFID, è possibile certificare in modo univoco i codici associati a ogni oggetto etichettato, mettendo in relazione il codice pubblico e il codice privato che servono ad effettuare la validazione, garantendo così l’originalità e l’univocità dei tag senza dover accedere a database locali o remoti, garantendo sempre e comunque la veridicità dell’informazione.
4) SIXTRUE – Si tratta di una tecnologia innovativa, che si affianca alla biometria nel certificare in maniera univoca un prodotto per garantire non soltanto l’unicità e l’esclusività, ma anche tutta la sua storia. Come funziona? Combinando un barcode 2D di tipo QR Code con un segno formato da una serie di piccole macchie colorate, generate a random da una particolare tecnologia di stampa brevettata per cui a ogni segno viene associato a un valore unico seriale, codificato all’interno del barcode. La telecamera installata in uscita dal sistema di stampa ha il compito di rilevare le immagini dei segni stampati e inviarle alla stazione di elaborazione immagini per la successiva archiviazione nel sistema Sixtrue su cloud. Così il codice è assolutamente univoco e irripetibile, proprio come un’impronta digitale. Con un plus: il consumatore può leggere con il proprio smartphone o tablet il codice e, tramite portale, verificare l’autenticità del prodotto acquistato.
Perché servono smart label: a parlare i dati sulla contraffazione
A inquadrare il fenomeno numeri estremamente importanti. Secondo due nuove relazioni dell’Ufficio per l’Armonizzazione nel Mercato Interno (UAMI), la più grande agenzia per la proprietà intellettuale dell’UE, l’Italia, è il maggior produttore di articoli di gioielleria nell’Unione Europea, con una produzione di 5 miliardi di EUR ogni anno e, per effetto della contraffazione, il settore segna ogni anno una perdita di 400 milioni di EUR. Più in generale, il mercato della falsificazione di orologie e gioielli nei Paesi Membri ammonta a circa 1,9 miliardi di EUR di entrate all’anno, per una percentuale pari al 13,5 % delle vendite del settore.
L’Unione registra un calo delle vendite anche di borse e valigie del 12,7 % a causa della contraffazione. Tali mancate vendite determinano la perdita diretta di 27 000 posti di lavoro in questi due settori, poiché i produttori assumono meno personale di quanto avrebbero fatto in assenza di contraffazione. Gli analisti sottolineano anche come oltre la metà della produzione totale dell’UE di borse e valigie ha luogo in Italia, per un valore di 6,5 miliardi di EUR nel 2012. L’Italia rappresenta anche il 40 % delle esportazioni dell’UE e il 35 % dell’occupazione totale del settore nell’UE. Il settore della produzione di borse e valigie in Italia registra ogni anno una perdita di 520 milioni di EUR come conseguenza della contraffazione – un terzo del calo totale delle vendite nell’UE (Fonte: UAMI).
Spostandoci sul fronte agroalimentare i dati aggiornati parlano di 81 milioni di euro di sequestri, 10mila sanzioni, 1700 persone segnalate all’autorità giudiziaria e 2700 diffide solo in Italia: i dati del 2015 rilasciati da Ispettorato repressione frodi (ICQRF), Nuclei Antifrodi Carabinieri/Comando Carabinieri politiche agricole e alimentari (NAC), Corpo forestale dello Stato e Capitanerie di Porto-Guardia Costiera sono stati effettuati nemerosi sequestri sono impressionanti. E parliamo solo di contraffazione alimentare. Con la tutela ‘ex officio’ delle Dop e Igp comunitarie sono stati esaminati 102 casi che hanno permesso di far togliere dagli scaffali in molti Paesi d’Europa prodotti falsi, tra cui 15100 tonnellate di falso gorgonzola, 2 milioni di litri di falso aceto balsamico di Modena, 13 milioni di falso Prosecco e 5mila tonnellate di Parmigiano (Fonte: La Repubblica).
Le derive della falsificazione e l’impatto sulle filiere
La volontà di rendere più trasparenti le filiere, mettendo in condivisione informazioni importanti su origine e provenienza di materiali e ingredienti, modalità di lavorazione e fabbricazione, dinamiche di distribuzione e consegna aiutano la proteggere il business della supply chain, portando maggiore velocità ed efficienza.
Le etichette intelligenti stanno diventando legge anche in Italia per motivi diversi. Non solo aiutano a contrastare il mercato nero (chi opera fuori dalla legalità spesso sfrutta uomini, donne e bambini, sottoponendoli a condizioni di lavoro inaccettabili), ma contrasta il grey market, evitando che una parte della produzione sfugga al controllo perché i prodotti vengono venduti al di fuori dei circuiti autorizzati che molto difficilmente offrono un supporto e una qualità del servizio allineata alle policy aziendali, o hanno un prezzo diverso rispetto a quello concordato dal marchio con i canali ufficiali.
A protezione del Made In, le smart label evitano che i falsari sfruttino la notorietà di un brand per lavorare di marketing parassitario è una strategia molto diffusa nel mercato della contraffazione. Utilizzare il nome di uno stilista famoso cambiando una vocale o una consonante rispetto al marchio originale è cosa nota. In ambito agro-alimentare, la diffusione del fenomeno dell’Italian sounding, ovvero l’utilizzo di denominazioni geografiche, immagini e marchi che evocano l’Italia per promuovere e commercializzare prodotti non riconducibili al nostro Paese impatta notevolmente sul business del Made in Italy.
Inoltre i prodotti contraffatti non mettono in gioco soltanto il valore della produzione nazionale: a rischio c’è il lavoro di chi opera nelle filiere. La perdita di business impatta sui fatturati, obbligando le aziende a ridurre le risorse e gli investimenti.