La Reverse Logistics, in italiano Logistica Inversa, sta assumendo un ruolo sempre più strategico; se non gestita correttamente, infatti, può mettere a dura prova i margini di profitto di un’organizzazione. In risposta ai blocchi innescati dalla pandemia molte realtà commerciali hanno dirottato le proprie vendite sui canali online.
Secondo un’indagine condotta da Imarc Group nel 2022, il giro d’affari globale legato alla Logistica Inversa ha raggiunto i 613 miliardi di dollari, con la prospettiva di sfiorare gli 859 miliardi nel 2028 (pari a un tasso medio di crescita annua, CAGR, del 5,5%).
L’aumento dello shopping online legato alla spinta post pandemica ha scatenato un aumento dei resi, in considerazione anche del fatto che, spesso, per incentivare all’acquisto, l’accordo di vendita prevede la restituzione gratuita, magari il ritiro del pacco al proprio stesso domicilio e il tutto in tempi da record. È, dunque, intuitivo come una gestione resi efficiente possa fare la differenza all’interno di un’attività e-commerce.
Cos’è la Reverse Logistics (Return Management)
In un precedente articolo abbiamo approfondito il tema dei resi nell’eCommerce e dei loro costi logistici, cioè i costi dei processi, detti Return Management (o Reverse Logistics), per ritirare il prodotto che il consumatore rende dopo averlo comprato online, e per rivenderlo o smaltirlo.
È una categoria di costi che è esplosa con il diffondersi delle policy di reso gratuito, e che secondo alcuni erode in modo significativo i margini dell’eCommerce. eCommerce che però è un fenomeno globale in continua crescita, che muove miliardi di euro. E per moltissime imprese è un’opportunità spesso ineguagliabile per ampliare e internazionalizzare il proprio business, oltretutto a costi accessibili (un punto cruciale specialmente per le PMI).
I resi, quindi, vanno controllati, minimizzandoli e ottimizzandone la gestione. E i merchant più avanzati stanno già sperimentando soluzioni di tre tipi, che non si escludono tra loro: tecnologie digitali, servizi di terzi, e negozi fisici.
Dove acquista il consumatore
Per i negozi fisici, l’iniziale contrapposizione frontale con l’eCommerce si sta stemperando grazie a modelli che sfruttano le sinergie tra i due canali.
Secondo l’indagine “June 2022 Global Consumer Insights Pulse Survey” di PwC le tecnologie digitali svolgono un ruolo chiave nel supportare in modo efficace le nuove abitudini di consumo.
I consumatori oggi sono più propensi a utilizzare i comparatori online per cercare la disponibilità dei prodotti e fare acquisti presso diversi retailer e gestori di e-commerce pur di trovare il prodotto che desiderano.
Tuttavia, i produttori stanno riscontrando notevoli problemi di approvvigionamento, che aumentano i tempi di attesa. Senza contare il fatto che l’inflazione galoppante genera un incremento dei prezzi consistente sia online che in negozio. Ecco perché un numero crescente di consumatori passa ormai in modo sempre più fluido da un canale all’altro per trovare ciò che desidera acquistare.
I dati più rilevanti che emergono dall’indagine sono i seguenti:
- Il 40% dei consumatori utilizza uno o più siti di comparazione online
- Il 37% dei consumatori è passato dall’acquisto in negozio a quello online
- Il 37% dei consumatori acquista da diversi retailer per soddisfare i propri bisogni
- Il 29% dei consumatori è passato dall’acquistare online ad acquistare nel punto vendita fisico
- Il 29% dei consumatori ha abbandonato il negozio di fiducia per acquistare i propri prodotti
Le startup della Reverse Logistics: dagli analytics per decidere cosa fare del reso ai “returns bar”
Una delle più famose startup di reverse logistics è Optoro (in cui guardacaso ha investito anche UPS), che offre un software di analytics per decidere cosa fare di un prodotto restituito. «Quando il prodotto torna in magazzino può essere in molte condizioni diverse – perfettamente integro, con confezione aperta o no, leggermente usato, pesantemente usato, danneggiato – e per ciascuna gli algoritmi di Optoro definiscono in base al tipo di prodotto e alle sue caratteristiche qual è la soluzione a maggior ritorno: rivendita al prezzo originario, rivendita su circuiti secondari (Optoro stessa ha piattaforme di marketplace sia verso consumatori che verso clienti business), ricondizionamento, recupero di componenti come ricambi, e così via».
Anche l’inglese Clear Returns si è specializzata in Business Intelligence sulle restituzioni: le sue soluzioni evidenziano le motivazioni e gli impatti economici della gestione resi, analizzando comportamenti dei clienti, caratteristiche dei prodotti, e campagne di marketing. E poi suggeriscono azioni di personalizzazione dell’offerta per eliminare le cause di insoddisfazione. Un altro esempio di startup specializzata è Happy Returns, che in pratica abilita modelli “compra online e restituisci in negozio” anche per chi non ha negozi. Questa startup infatti opera in spazi (chioschi o “returns bar”) – situati in gran parte nei grandi centri commerciali – dove raccoglie per conto dei venditori online i prodotti da tutti i consumatori che preferiscono restituire di persona.
CRM, analytics, simulazioni 3D (e recensioni) per aiutare il consumatore nell’acquisto
E poi ci sono le tecnologie digitali, che aiutano in vari punti sia sul front-end (processo d’acquisto del consumatore), sia nel back-end (pianificazione della logistica del venditore). Nel primo caso un’area molto dinamica è l’arricchimento delle classiche funzioni del sito eCommerce, con un più puntuale supporto al processo d’acquisto per avvicinare il più possibile scelta del prodotto e reali esigenze e gusti del singolo consumatore, e minimizzare il tasso di reso.
Questo significa consigliare i prodotti più affini agli acquisti precedenti attraverso funzioni di CRM e analytics, descrivere nel modo più accurato possibile il prodotto, con foto ad alta definizione da varie angolazioni, video e simulazioni 3D che ne mostrano l’uso, e offrire tool per verificare la misura più adatta, come per esempio Virtusize, che confronta il capo che di vorrebbe comprare con uno già acquistato sullo stesso sito. Oppure mettere a disposizione consigli di esperti e personal shopper per definire prodotti personalizzati o unici. Anche dare visibilità alle recensioni di chi ha già comprato il prodotto aiuta a ridurre i resi: le recensioni possono dare preziose indicazioni e punti di vista indipendenti rispetto al venditore.
Dopo il Demand Forecasting, ecco il Return Forecasting
Ma come accennato l’evoluzione tecnologica non aiuta soltanto il Supply Chain Management.
E in quest’ambito un interessante fronte d’innovazione è il Returns Forecasting: alle “classiche” metodologie e software di previsione della domanda si affianca una nuova disciplina focalizzata sulla previsione dei resi.
Prevedere i resi non è come prevedere le vendite, perché presuppone che le vendite avvengano: concettualmente è un processo più complesso, in due fasi. Come spiega questo articolo su EBN, si può affrontare utilizzando un concetto tipico della fisica: l’elaborazione dei segnali in ritardo (lagged signal processing).
I fisici in questo caso osservano due eventi che avvengono a distanza di tempo l’uno dall’altro e con diverse probabilità, ma collegati tra loro. Una volta impostate le condizioni al contorno, con le capacità di elaborazione oggi disponibili è possibile calcolare la probabilità di vendita di un prodotto, e la probabilità che tale prodotto sia restituito dopo un certo numero di giorni.
Gli algoritmi di machine learning in questo campo stanno evolvendo continuamente, sia nell’accuratezza del legame vendita/restituzione, sia negli aggiornamenti per recepire gli ultimi trend e cambiamenti del mercato. E la funzione di previsione dei resi basata sul “lagged signal processing”, spiega l’articolo, è una delle applicazioni più interessanti di machine learning nel supply chain management: è in fase avanzata di sviluppo nei laboratori dei produttori software specializzati, e sarà presto commercializzata.
*Articolo pubblicato originariamente ad agosto 2021 e sottoposto a successive revisioni e aggiornamenti.