Da decenni la fantascienza parla di imminente era della robotica, ma i robot a oggi sono una realtà quotidiana solo in alcuni ambiti, dalle catene di montaggio – soprattutto nel settore automotive – agli aspirapolvere domestici.
In ambito di supply chain invece, nella gestione dei magazzini e nel trasporto e consegna delle merci, dove pure sarebbero utili per diverse applicazioni, i robot non si sono mai diffusi. Ma le cose stanno cambiando. È la tesi di un recente report di DHL Trend Research (“Robotics in Logistics – A DPDHL perspective on implications and use cases for the logistics industry”), che parte dallo stato di fatto: al momento l’80% dei magazzini e centri di distribuzione prevede solo operazioni manuali e non usa nessuna forma di automazione. Circa il 15% è meccanizzato con nastri trasportatori, smistatori e altri strumenti, ma non robot. Solo il 5% si può definire automatizzato e utilizza robot, ma anche un gran numero di addetti umani (oltre 1000, nei centri più grandi) per il carico e scarico di mezzi e container, la sistemazione manuale dei pacchi non standard, e così via.
Il problema è che gli ambienti distributivi e logistici sono complicati e difficili da automatizzare. Finora la robotica industriale si è limitata alle linee di produzione e montaggio, con macchine statiche, cieche, e a bassa intelligenza. «Un robot utile in ambito logistico richiede una complessità di ben altro livello – si legge nel report –: deve poter vedere e individuare oggetti, afferrarli, muoversi per trasportarli da un luogo a un altro, e avere una mente capace di coordinare tutto questo».
Sta di fatto che l’esigenza di risorse nella logistica continua a crescere a causa dell’eCommerce, che non solo aumenta il numero di consegne, ma comporta singoli ordini molto più piccoli, aumentando l’intensità di lavoro per singola consegna. A tale domanda crescente di addetti specializzati i paesi avanzati, almeno in Europa e Nord America, per vari motivi non riescono a rispondere. La soluzione più praticabile è compensare con l’automazione, affiancando i robot agli addetti umani in alcune attività.
Per questo da qualche tempo i finanziamenti della ricerca in quest’ambito, prima confinati solo al mondo accademico e agli specialisti di robotica, stanno fortemente aumentando, alimentati anche da programmi di stimolo governativo in molti Paesi (USA, Cina, Giappone, Russia), venture capital, startup specializzate, e colossi hi-tech come Google e Amazon.
Le tecnologie stanno quindi facendo notevoli passi avanti, che il report “fotografa” in dettaglio. Per la capacità visiva per esempio è stata importante l’evoluzione delle videocamere, ma soprattutto l’avvento di Microsoft Kinect, un controller molto preciso che abbina una camera 3D e sensori di movimento, ma che soprattutto ha bassi costi. Altre funzioni fondamentali per un “robot logistico” sono le capacità collaborative (per la necessità di interagire con addetti umani e in futuro anche con clienti), la leggerezza degli arti (per minimizzare consumi e rischi per gli umani), le mani simili a quelle umane per poter svolgere le attività molto varie tipiche di un magazzino o una consegna. E una capacità di elaborazione simile al cervello umano per interpretare i segnali visivi, ma solo in alcuni momenti, cosa che ora è realistica grazie al “Cloud Robotics”, l’erogazione di capacità elaborative e di big data analytics appunto dal cloud ai robot.
Questi avanzamenti permettono già applicazioni pratiche, di cui il report cita alcuni esempi.
1) Robot per il carico e scarico di veicoli e container
La grandissima parte dei trasporti nelle supply chain manifatturiere moderne avviene via nave o gomma: i beni sono caricati in container o nei rimorchi dei TIR, molto spesso in modo sparso, senza essere raccolti in pallet. Le operazioni per scaricare i contenitori e ordinare i beni nei magazzini sono quindi manuali e richiedono molto lavoro e tempo.
Diverse sperimentazioni sono state fatte nel tempo per creare robot a supporto di quest’attività. Il report cita il Parcel Robot di DHL (2003), costituito da un telaio, un nastro trasportatore telescopico, uno scanner laser 3D e un braccio articolato con una pinza. Capace di analizzare i pacchi di un container e definire la sequenza ottimale di scarico, il Parcel Robot non è mai entrato in produzione per l’immaturità di diverse tecnologie componenti. Ora sono in commercio robot simili (il report cita quelli del produttore USA Wynwright, capaci di scaricare 500 pacchi l’ora) ma con componenti più efficienti e di costo molto minore, per esempio una videocamera al posto del costoso scanner laser. E stanno emergendo anche robot per il carico, che richiedono un grado di sofisticazione in più perché devono valutare peso e forma dei singoli pacchi per impilarli nel modo più efficiente senza danneggiarne nessuno.
2) Robot per prelevare singoli oggetti
Un lavoro tipicamente manuale in un magazzino è cercare e portare nel punto giusto per il carico tutti i pacchi che compongono una spedizione. Amazon.com ha calcolato che per ogni spedizione un magazziniere percorre da 7 a 15 miglia, e per questo ha acquisito Kiva, specialista di robot semoventi. Kiva e altri, come Swisslog, producono robot di tipo “goods-to-picker”: prelevano uno scaffale intero alla volta e lo portano all’addetto umano, che si trova al punto di carico e sceglie i beni per la spedizione, poi ricollocano lo scaffale e ne prelevano uno nuovo. Questi sistemi possono risparmiare il cammino agli addetti umani, ma non il lavoro ripetitivo di prelevare pacchi e sistemarli in un container, per cui alcuni produttori hanno aggiunto ai loro robot “goods-to-picker” anche un braccio per la presa: tra questi SSI Schaefer (il suo RoboPick può prelevare 2400 pacchi all’ora, anche singoli DVD e confezioni di farmaci), Knapp e Viastore.
Il passo successivo è un automa capace di fare le stesse cose di un addetto umano: girare per un magazzino, riconoscere gli oggetti sugli scaffali, prelevarli. Sempre Amazon nel 2015 ha organizzato un contest che ha attirato 28 team da tutto il mondo ed è stato vinto dalla Technical University of Berlin, con un robot che ha riconosciuto 10 diversi tipi di pacchi. Varie startup lavorano in questo campo. Un robot di IAM Robotics è stato capace in un magazzino farmaceutico di riconoscere 40 articoli che non aveva mai visto prima: sarà in commercio quest’anno. Fetch Robotics propone un sistema con due tipi di robot: Fetch preleva gli item dagli scaffali, e Freight li sistema in una confezione.
3) Co-packing e personalizzazione
Nel retail le confezioni speciali (promozionali 3 per 2, con etichette che evidenziano sconti, ecc.) vanno per la maggiore, ma spesso tutto il lavoro di repackaging (definito “co-packing” o “personalizzazione”) è demandato al distributore. Sono attività semplici ma richiedono molto lavoro e flessibilità, perché ogni richiesta è diversa dall’altra, per cui sono sempre state fatte manualmente. Ma ora ci sono robot che possono supportarle, per esempio Baxter di Rethink Robotics, un automa collaborativo che “impara” un’attività semplicemente se il suo braccio viene guidato una volta a farla, e il suo “erede” Sawyer, pensato per essere ancora più flessibile. DHL li sta testando entrambi.
4) Robot per la consegna a domicilio
Un progetto parallelo alle consegne via drone, di cui molto si è parlato negli ultimi anni, è affidare l’ultimo miglio del trasporto a piccoli robot. Alcune startup sono in dirittura d’arrivo in quest’ambito. Il report cita l’americana Dispatch Robotics, che entro quest’anno inizierà i test nelle città, e l’inglese Starship Technologies, il cui robot percorrerà i marciapiedi a 6 km/ora ed effettuerà consegne in mezz’ora, partendo da un magazzino locale o un punto vendita.
In conclusione, molti esempi citati rappresentano bene lo stato della robotica logistica: la tecnologia non è ancora pronta alla diffusione di massa, ma sta evolvendo molto rapidamente, grazie a nuove idee, sensori a basso costo connessi in rete, capacità elaborative e analitiche in precedenza inaccessibili. «Non è più una questione di “se”, ma di “quando”: molto presto i robot lavoreranno nei magazzini e nelle consegne, e saranno una soluzione alle complessità sempre crescenti del supply chain management», sottolinea il report di DHL.
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