La scissione dei pagamenti (split payment) non si applica sulla maggior IVA accertata, conseguentemente il fornitore può rivalersi sul cliente Pubblica Amministrazione, secondo quanto contenuto nella Risoluzione n.75/E/2016 dell’Agenzia delle Entrate
Recentemente l’Agenzia delle Entrate ha fornito dei chiarimenti sull’applicazione dello split payment, ed i relativi limiti, contenuti nella Risoluzione n.75/E/2016, in risposta ad un interpello presentato per conoscere la corretta applicazione della scissione dei pagamenti ai sensi dell’art.17-ter del D.P.R. n.633 del 26 ottobre 1972.
Come sopra indicato il chiarimento dell’Agenzia delle Entrate è conseguenza di una risposta fornita ad un interpello che è stato presentato da un operatore nazionale attivo nella fornitura e vendita di energia elettrica e gas naturale, nella promozione e diffusione di energia pulita. In particolare tale operatore nell’interpello ha chiesto di conoscere se l’istituto della rivalsa disciplinato art.60, co.7, del D.P.R. n.633 del 26 ottobre 1972 è compatibile (ed in che modo), nel caso in cui vi sia un accertamento a carico del cedente/prestatore, con l’istituto della scissione dei pagamenti nel caso in cui in cui l’acquirente/committente sia una Pubblica Amministrazione che deve applicare la disciplina contenuta dell’art.17-ter del D.P.R. n.633 del 26 ottobre 1972.
L’Agenzia delle Entrate nella predetta Risoluzione chiarisce che: “l’IVA relativa all’accertamento definito dalla società istante, a seguito dell’avvenuto pagamento delle somme dovute, in deroga alle ordinarie disposizioni in materia di split payment, potrà essere addebitata in via di rivalsa, ai sensi dell’articolo 60, settimo comma, del D.P.R. n.633/1972, anche in presenza di soggetti per i quali ordinariamente trovano applicazione le regole della scissione dei pagamenti.”
Infatti l’Agenzia riferendosi all’art.60, co.7, del D.P.R. n.633 del 26 ottobre 1972, introdotto con l’art.93 del D.L. n.1 del 24 gennaio 2012, ricorda che esso è stato inserito allo scopo di garantire la conformità delle disposizioni interne ai principi di neutralità e di detrazione, previsti dalla normativa comunitaria vigente in merito alle caratteristiche del sistema dell’Imposta sul Valore Aggiunto nel suo insieme.
Quindi l’Agenzia delle Entrate prosegue spiegando che è possibile: “Per il contribuente che subisca l’accertamento per un’IVA versata in misura inferiore, di riaddebitare la maggiore imposta così accertata al proprio cessionario/committente a titolo di rivalsa. In caso contrario, per effetto della rettifica operata in sede d’accertamento, l’IVA resterebbe a carico del soggetto passivo verificato, in violazione del principio di neutralità dell’imposta”.
Infine nella Risoluzione n.75/E/2016 l’Agenzia delle Entrate riprende quanto contenuto nella propria Circolare n.1/E/2015 in merito alla disciplina della scissione dei pagamenti e ricorda che essa “persegue la finalità di arginare l’evasione da riscossione dell’IVA, nell’ambito delle cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate nei confronti delle pubbliche amministrazioni indicate dalla norma, trasferendo il pagamento del debito IVA dal relativo fornitore in capo alle amministrazioni stesse. Si tratta di un trasferimento in termini di obbligo di versamento che non comporta la traslazione della soggettività passiva. Tale circostanza legittima l’Amministrazione finanziaria a contestare la maggiore imposta dovuta al fornitore che abbia emesso fattura con errata applicazione dell’IVA. Il successivo versamento, da parte di quest’ultimo, in sede di definizione dell’accertamento, vale a dissipare qualsiasi pericolo e rischio di mancato incasso dell’imposta, sotteso, come visto, al meccanismo dello split payment”.
( Fonte: Agenzia delle Entrate )
Daniele Tumietto
Dottore Commercialista e partner Menocarta