Industria 4.0, a che punto siamo? Il Piano Calenda lanciato nel 2017 e poi confermato per quest’anno è stato indubbiamente un successo, come ha certificato anche il Politecnico di Milano qualche mese fa. Ma non è ancora una tendenza davvero capillare nel manifatturiero italiano, per due motivi: finora ha coinvolto principalmente grandi aziende, e ha riguardato solo singoli progetti di rinnovamento di impianti e macchinari, senza una “strategia 4.0” complessiva, e questo anche a causa del forte accento del Piano sugli incentivi fiscali.
È il momento quindi di avviare una seconda fase, con l’obiettivo di coinvolgere anche le piccole e medie imprese: questo è stato il tema principale del convegno “Industry 4.0 360 Summit”, tenutosi stamattina a Roma a cura del Gruppo Digital360, che ha coinvolto i protagonisti della quarta rivoluzione industriale sull’evoluzione e le prospettive del settore in Italia.
Il punto di partenza è ben sintetizzato dall’indagine “La diffusione delle imprese 4.0 e le politiche” (2017) del Ministero dello Sviluppo Economico: circa metà delle aziende oltre i 250 dipendenti e più di un terzo di quelle tra 50 e 250 dipendenti hanno già inserito almeno una tecnologia 4.0, ma solo il 24,4% delle realtà entro i 49 dipendenti ha già sperimentato soluzioni di questo tipo. Anche nei propositi per il futuro la differenza rimane forte: il 10% delle imprese italiane prevede di introdurre almeno una tecnologia 4.0 nel prossimo triennio, ma la percentuale sale al 35,1% tra quelle oltre i 250 dipendenti e crolla al 7,9% tra quelle entro i dieci.
«L’attuale Governo ha annunciato di voler continuare a finanziare iper e superammortamento: è la direzione giusta, gli incentivi devono proseguire, coinvolgendo le PMI e potenziando parallelamente le competenze digitali per sostenere la quarta rivoluzione industriale in Italia – ha detto Andrea Rangone, Amministratore Delegato di Digital360 -. È necessario accompagnare le imprese in una seconda fase dell’economia 4.0, più evoluta, promuovendo un’adozione consapevole delle tecnologie nel settore manifatturiero».
Secondo Rangone il ritardo delle PMI non deve preoccupare di per sè, perché nel nostro sistema economico l’innovazione è sempre partita e almeno in parte anche “imposta” dalle grandi imprese capofiliera, e ha sempre richiesto tempo per diffondersi.
«Oggi anche le piccole guardano con attenzione a Industria 4.0 ed è maturata la consapevolezza sulle opportunità della quarta rivoluzione industriale: è solo questione di tempo perché siano coinvolte. Ora è importante dar seguito al Piano nazionale, non solo per gli incentivi fiscali, ma perché solo il faro acceso della politica riesce a mantenere l’attenzione e permettere una reale diffusione delle iniziative».
Miragliotta (Osserv. Industria 4.0): tecnologie, occorre una visione sistemica
Anche Giovanni Miragliotta, co-direttore dell’Osservatorio Industria 4.0 del Politecnico di Milano, ha parlato all’Industry 4.0 360 Summit della necessità di un salto di qualità: «Secondo le nostre rilevazioni, in Italia oggi gli investimenti si sono concentrati su Industrial IoT e Industrial Analytics, ma altre tecnologie, specie quelle legate al Cloud e alle Human Machine Interface hanno fatto registrare i tassi di crescita più significativi. Ora è necessaria una visione sistemica delle tecnologie 4.0, per cogliere i grandi benefici che vanno dalla migliore pianificazione, dal miglioramento della qualità, dalla capacità predittiva alla manutenzione, fino alla creazione di nuovi modelli di business per le imprese. Tuttavia le tecnologie sono solo l’elemento abilitatore: il cambiamento e il valore vengono sempre dalle idee».
Perona (Univ. Brescia): mancano competenze tecniche e consapevolezza manageriale
Un concetto quest’ultimo riconosciuto anche da Marco Perona, Professore Ordinario di Logistica Industriale dell’Università di Brescia e Socio Fondatore di IQ Consulting: «Tutte le recenti ricerche mostrano che il vero valore della rivoluzione 4.0. si acquisisce combinando investimento in tecnologia, integrazione informativa e rinnovamento delle competenze. Gli incentivi hanno spinto molto il rinnovo del parco macchine, favorendo la sostituzione di impianti e macchinari obsoleti con altri nuovi e interconnessi, ed è un bene. Ma il Piano nazionale non è ancora riuscito a produrre gli effetti sperati di sviluppo delle competenze tecnico-operative e della consapevolezza manageriale necessarie per sfruttare anche a livello macroeconomico l’enorme opportunità di Industria 4.0. In troppi casi infatti le azioni sviluppate dalle imprese sono trainate dalla produzione e dalla Direzione IT, mentre la Direzione HR rimane ai margini del processo di cambiamento».