Una fotografia aggiornata dello stato d’avanzamento di Industria 4.0 in Italia è uscita dal recente convegno EY Manufacturing Lab a Milano, evento conclusivo dell’omonimo forum in 4 tappe (Bergamo, Bologna, Padova e Bari), con oltre 200 tra imprenditori e top manager del manifatturiero italiano coinvolti nei mesi scorsi appunto da EY insieme a Mind the Change, Samsung, Microsoft ed EXS Italia.
«Abbiamo raccolto riflessioni e visioni sull’industria manifatturiera italiana, attraverso un format pensato per stimolare la discussione – ha detto Donato Iacovone, AD di EY in Italia e Managing Partner dell’Area Med –. Questo evento è l’occasione per mostrare i risultati emersi dai tavoli di lavoro».
Nessuna tecnologia Industria 4.0 nell’81% delle PMI del Nord
Iacovone ha sottolineato la situazione ambivalente dell’industria italiana nei confronti dell’innovazione. Da una parte gli incentivi del Piano Industria 4.0 hanno letteralmente cambiato il mercato, generando progetti di trasformazione digitale della produzione e delle operations per circa 2,4 miliardi di euro, con una crescita del 30% rispetto allo scorso anno (dati dell’Osservatorio Industria 4.0 del Politecnico di Milano).
Dall’altra questa tendenza non si è trasmessa a tutto il manifatturiero, visto che secondo la CDP (“Il sistema produttivo italiano”, 2018) si può definire “dinamica 4.0” solo un’azienda su 8 (il 12%, corrispondente al 31% degli addetti). Queste imprese, spiega CDP, non solo stanno digitalizzando l’intera catena produttiva e distributiva, ma hanno anche trasformato la propria organizzazione nelle fasi successive per realizzare appieno le opportunità dell’innovazione tecnologica.
A fronte di questo 12% di imprese “illuminate”, quasi il 60% (con il 27% degli addetti del manifatturiero), non ha realizzato investimenti e non mostra alcuno sforzo diretto all’innovazione. «Si tratta soprattutto di piccole e medie imprese, non solo del Mezzogiorno, visto che secondo l’Università di Padova addirittura l’81% delle PMI del Nord non ha adottato nessuna delle tecnologie abilitanti di Industria 4.0».
Il coinvolgimento delle PMI è quindi la prima sfida decisiva per rendere Industria 4.0 una vera trasformazione di settore in Italia, mentre la seconda riguarda le competenze. «In fondo le tecnologie sono disponibili in tutto il mondo a costi accessibili, una nuova macchina la compro e in 3 settimane è in funzione, il punto è che per costruire le competenze adatte per farla funzionare bene ci vogliono anni».
Il nodo delle competenze
E si tratta di competenze davvero nuove, visto che secondo elaborazioni EY su dati Anpal-Unioncamere in Italia le ore lavorate da skill fisiche e manuali, e da skill cognitive di base (data entry, capacità di calcolo) caleranno del 15% entro il 2030, mentre quelle lavorate da skill sociali e relazionali aumenteranno del 27% e le ore lavorate da skill tecnologiche (programmazione, analisi dati) addirittura del 61%.
«Peccato che a fronte di questo quadro l’Italia sta esportando il meglio delle competenze, mentre ne importa a bassa scolarizzazione», ha sottolineato Iacovone.
Marco Mignani, Med Industrial Products Leader di EY, è sceso più nel dettaglio dell’EY Manufacturing Lab: «È un percorso iniziato un anno fa, alcune aziende ci hanno chiesto di approfondire il tema Industria 4.0 perché erano all’inizio del percorso di digitalizzazione dell’ambito produttivo, e volevano confrontarsi con altri. Abbiamo coinvolto 50 tra CEO, COO e imprenditori per ogni workshop, di aziende molto diverse per dimensione, settore, assetto proprietario».
Le 5 lezioni dell’EY Manufacturing Lab
Mignani ha poi riassunto i 5 punti più importanti emersi dai 4 incontri. «Il primo è che abbiamo riscontrato molti progetti interessanti, per esempio di produzione di ricambi con stampa 3D, o di manutenzione da remoto di macchinari presso i clienti, ma ben raramente queste iniziative sono inserite in una strategia digitale pervasiva con una roadmap: questo è l’ultimo passaggio, quello decisivo, che ancora manca».
Il secondo è che Industria 4.0 per ora è un discorso limitato quasi solo alle grandi aziende. «C’è forte correlazione tra il volume di investimenti in digital manufacturing e dimensioni aziendali, le poche eccezioni sono piccole aziende inserite in filiere con grandi capifiliera molto innovativi».
Terzo: le aziende più attive sono “b2b2c”, «ma iniziamo a vedere un rovesciamento del paradigma, con aziende che partono dall’analisi del mercato e dalle esigenze di cliente, e costruiscono attraverso tecnologie digitali l’offerta, facendo partecipare il cliente al processo produttivo».
Quarto: il fattore di rallentamento non è la tecnologia ma la cultura e le competenze digitali. «Le aziende più avanzate sono quelle che sono partite con una strategia pervasiva di definizione di una cultura digitale».
Infine il problema del modello migliore per implementare industria 4.0: «Il punto di partenza è definire un “digital business plan”, in cui l’utilizzo delle singole tecnologie digitali assume senso solo nel quadro di un profondo cambiamento di gestione dei processi e dell’amministrazione».
Un percorso di innovazione sostenibile in 5 passi
Profondo cambiamento realizzabile attraverso un percorso di innovazione digitale sostenibile in 5 tappe, ha spiegato Enrico Terenzoni, Mediterranean Industrial Products Advisory Services di EY: misurazione della maturità digitale e delle opportunità, definizione di una strategia di ecosistema “digital driven”, avvio di singole iniziative digitali su processi chiave, valorizzazione di tali iniziative con allineamento dei 4 abilitatori (strategia, processi, tecnologia, persone), e infine integrazione digitale e definizione di nuovi modelli di business.
«Da questi quattro workshop e dalle esperienze presso le aziende abbiamo imparato che Industria 4.0 è un fenomeno davvero complesso: le imprese che non sono native digitali devono necessariamente usare approcci “ibridi”, e la gestione della trasformazione richiede una forte governance».
Nel breve termine il digitale agirà sulla competitività, ma nel medio termine si potranno ridefinire i modelli di business, e questa sarà la vera rivoluzione, ha detto Terenzoni, ribadendo la fondamentale necessità di integrare anche le PMI nella filiera di fornitura digitalizzata: «Il digitale deve uscire dai convegni ed entrare nel quotidiano delle aziende manifatturiere, perché per loro è “il” principale modo di fare innovazione oggi».