Sempre più il panorama italiano comincia a costellarsi di realtà che si stanno impegnando attivamente nella ricerca e nell’implementazione di soluzioni per un imballaggio sostenibile. L’adozione di pratiche e materiali ecologici anche nel confezionamento dei prodotti rappresenta, infatti, un passo significativo verso un’economia circolare e responsabile.
Del resto, tra i consumatori moderni c’è ormai una consapevolezza diffusa dell’impatto ambientale delle loro scelte e tendono, per questo, a premiare le aziende che ogni giorno dimostrano un impegno concreto e reale verso le tematiche green.
Questa crescente consapevolezza ambientale ha spinto quindi numerose imprese, appartenenti ai settori più diversi, a rivedere le proprie strategie, puntando verso l’utilizzo di materiali biodegradabili, riciclabili e a basse emissioni di carbonio, materiali che potessero ridurre il più possibile il proprio impatto sul pianeta.
Packaging sostenibile: cos’è, vantaggi e tipologie di imballaggi ecocompatibili
Imballaggio sostenibile, quante aziende lo hanno già adottato?
Una panoramica delle azioni che realtà come Ferrero, Ruffino e Bolton Group stanno portando avanti in questa direzione viene dall’ultima edizione del Salone della CSR e dell’innovazione sociale, un appuntamento culturale che da 12 anni promuove occasioni di confronto e aggiornamento tra le imprese e gli altri attori sociali.
Ferrero
«Sono ormai quattro anni che abbiamo un obiettivo pubblico nei confronti della sostenibilità e che quindi lavoriamo per rendere il nostro packaging riciclabile, compostabile o riutilizzabile – ha raccontato Paola Avogadro, Global Packaging Design Director di Ferrero Soremartec -. Abbiamo un portafoglio di imballi abbastanza variegato, che include plastica, carta, cartotecnica, alluminio, vetro. Ciò che accomuna questi materiali è l’essere in gran parte largamente riciclati, con filiere consolidate. Ricordiamoci, però, che c’è un tema di sicurezza e di qualità di prodotto importantissimo: non tutti i materiali riciclati sono idonei a un contatto alimentare. A questo proposito si innesta un filone di lavoro di ricerca e di sviluppo in ambito di materiali da riciclo chimico che permette l’utilizzo a contatto con il cibo anche di alcune resine che oggi non sarebbero idonee».
Who's Who
Paola Avogadro
Global Packaging Design Director di Ferrero Soremartec
L’azienda sta lavorando su tre filoni principali:
Riprogettazione
È lo step che sta a monte e che vuole ripensare alcuni progetti e confezioni molto iconiche in ottica di materiali più sostenibili. «Per fare questo, abbiamo sviluppato delle linee guida per il packaging – Ferrero Sustainability Guidelines – e le abbiamo disegnate partendo da indicazioni sviluppate da associazioni di settore come RecyClass, Forever Green, American Plastic Recycling Association, che lavorano con tutta la filiera per realizzare metodologie di valutazione e classificare i materiali più o meno riciclabili. Il risultato di questo studio ci ha fornito degli output che utilizziamo internamente per realizzare delle scelte progettuali più sostenibili».
Selezione riciclo
Una volta che il materiale è ben disegnato per essere riciclato, occorre garantire che il consumatore abbia le indicazioni giuste per poterlo differenziare in modo corretto. Per questo, fornire indicazioni in etichetta o attraverso un QR Code che rimanda a informazioni reperibili sul sito diventa un passaggio assolutamente necessario. Diversamente il materiale, pur disegnato bene, non potrebbe raggiungere la filiera giusta. «C’è un aspetto da considerare: le legislazioni sono differenti di Paese in Paese. L’Italia, ad esempio, ha definito un’etichetta obbligatoria, ma lo stesso non accade in altre nazioni, che ancora non si sono dotate di una normativa standard. Questa situazione a “patch-work” pone le aziende globali davanti a una sfida non indifferente, dovendo fornire indicazioni differenti per ogni country, in linea con le legislazioni di ciascuna».
Utilizzo materia prima seconda
Dopo che il materiale viene selezionato e riciclato in modo efficace, occorre effettivamente utilizzare la materia prima seconda ottenuta. «Ci sono una serie di progetti volti all’utilizzo di materiale riciclato: uno degli esempi più ovvi sul territorio italiano è sicuramente quello di Estathè, che ha passato l’intera gamma di bottiglie da zero contenuto riciclato al 100% nell’ultimo anno».
Ruffino
Vino e sostenibilità sono ormai due mondi che si parlano sempre di più. Lo sa bene un’azienda come Ruffino che, nata nel 1877, conta oggi 240 dipendenti, 1200 ettari di terreno – di cui oltre 600 di vigneti con una rete diffusa in diversi Paesi – e che produce quasi 30 milioni di bottiglie l’anno.
Il focus sulla sostenibilità è un elemento che ha fatto da fil rouge nella storia dell’azienda vinicola, che nel tempo si è evoluta fino ad ampliarsi a un’attenzione alla sostenibilità in senso globale.
«Quando si ha una terra che produce da circa quattrocento anni, l’obiettivo è fare in modo che performi anche per le generazioni successive. Ed è per questo che ci sentiamo un po’ dei custodi dei nostri vigneti, più che dei proprietari. L’attenzione alla sostenibilità si allarga alle sfere non direttamente legate all’ambiente, perché la sostenibilità non è solo quella di carattere ambientale – ha affermato Sandro Sartor, Presidente e AD di Ruffino -. Se la produzione del vino rappresenta il core business dell’azienda, il perseguimento di questi obiettivi diventa uno scopo ancora più profondo.
Who's Who
Sandro Sartor
Presidente e AD di Ruffino
Per questo motivo Ruffino si è posta come goal di diventare entro il 2025 un brand of purpose attraverso un progetto di eco-design, per cercare di dare una risposta più concreta ai consumatori sempre più attenti e orientati alla ricerca di prodotti sostenibili, frutto di una catena di produzione responsabile.
Dal 2018 il programma Rufino Cares ha allargato il suo raggio d’azione strutturandosi su 4 assi fondamentali:
- Sostenibilità ambientale;
- Educazione al bere sostenibile;
«Il vino contiene alcool e se alle persone non insegniamo a consumarlo in modo responsabile, potremmo dire non aver portato a termine in modo responsabile il nostro lavoro».
- Impegno verso le comunità svantaggiate;
- D&I, con l’abbattimento del gender gap
Ruffino è una delle prime aziende vinicole italiane ad aver ottenuto la certificazione (PDR 125/22) relativa alla parità di genere.
«Parlare di packaging implica fare un ragionamento che va oltre il contenuto della bottiglia e di come viene prodotto. In questo senso è stato lanciato un progetto di eco-design del packaging. Sembra un percorso semplice ma non lo è. Il peso della bottiglia è quasi sempre direttamente proporzionale al suo prezzo. È un modo per comunicare al consumatore che si tratta di un prodotto prezioso: è stato per anni ed è ancora un codice efficace di comunicazione», ha aggiunto Sartor.
«La decisione di “mettere mano” al packaging e rompere questo paradigma – che altrimenti non sarebbe coerente con il nostro percorso di sostenibilità – è stata necessaria. Per farlo, abbiamo “eliminato il superfluo”, preservando ovviamente la qualità del prodotto, anche perché, in alcuni casi, sono stati proprio i consumatori a interrogarsi sulla necessità di impiegare così tante risorse per una confezione di vino. Abbiamo ripensato la quantità del vetro utilizzato e soprattutto lo spessore delle bottiglie. Siamo arrivati ad avere un prodotto che è 100% riciclabile, riducendone lo scorso anno di circa 300 tonnellate di vetro il peso. Seguendo questa previsione, nel 2024 dovremmo ridurre di 600 tonnellate la quantità di vetro».
Bolton Group
Di obiettivi sfidanti per rendere il packaging sostenibile ha parlato anche Bolton Group. Azienda multinazionale familiare italiana, da oltre 70 anni produce e distribuisce prodotti alimentari, per la casa e per la cura per la persona. Sono suoi, fra gli altri, marchi come Rio Mare, Simmenthal, Smac, Deox, Borotalco, Neutro Roberts.
«Quello della circolarità delle risorse è uno aspetti più importanti per la nostra divisione – ha affermato Eleonora Venturini, CSR Manager Home&Personal Care di Bolton Group – perché, se guardiamo al ciclo di vita di un prodotto per la pulizia della casa o per la cura della persona, notiamo che gli impatti maggiori stanno nella fase a monte e nella fase a valle, ovvero come noi disegniamo il nostro prodotto, i materiali scelti, gli ingredienti utilizzati e la possibilità che possa essere reimmesso nel circolo alla fine del suo utilizzo e che sia reso riciclabile. Per questo, in termini di packaging, ci siamo dati degli obiettivi molto sfidanti».
Who's Who
Eleonora Venturini
CSR Manager Home&Personal Care di Bolton Group
Primo tra tutti, raggiungere il 40% di plastica riciclata entro il 2025.
«Abbiamo, però, iniziato a guardare anche oltre, con uno sguardo al futuro, prevendendo di utilizzare entro il 2035 zero plastica vergine da fonti fossili. È un goal che alza ulteriormente l’asticella e, tra l’altro, si tratta di un obiettivo che, per essere raggiunto, non può fare affidamento esclusivamente alla plastica da riciclo meccanico. Per questo ci stiamo orientando verso una strategia di diversificazione».
Ripensare all’innovazione a 360 gradi significa ragionare su diversi assi:
Riduzione della plastica
«Laddove tecnicamente possibile, andiamo verso delle confezioni che sono più leggere e ne riduciamo lo spessore, oppure prediligiamo alternative ricaricabili. Inoltre, iniziamo ad affacciarci verso soluzioni che vanno nell’ottica della paperization, utilizzando un packaging, appunto, fatto di carta».
Plastica alternativa
«Definiamo “alternativa” la plastica che arriva da diverse tipologie di upcycling, come quella proveniente da scarti dell’industria agroalimentare. Una tecnologia futuristica e anche la più sfidante da un punto di vista di sviluppo, ma in cui noi crediamo fortemente».
Plastica riciclata
«In questo caso non guardiamo soltanto alla plastica tradizionale, proveniente dal riciclo meccanico, ma ci focalizziamo anche sul riciclo chimico che, a oggi, non è ancora disponibile ma che ci permetterebbe anche di bypassare alcune complessità che abbiamo da un punto di vista tecnico, ad esempio, sulle formulazioni dell’home care, che sono particolarmente aggressive, o sui prodotti personal care, dove tante volte la plastica riciclata fa sì che si debbano un po’ accettare dei compromessi sulla resa estetica delle confezioni».
«Non sviluppiamo soltanto innovazione fine a sé stessa, ma abbiamo la voglia e la volontà di misurarci perché vogliamo prendere delle scelte che siano sia responsabili ma anche consapevoli. Per questo, abbiamo sviluppato uno strumento interno che ci permette di andare a misurare la circolarità delle risorse che utilizziamo sia a monte che a valle. Ci siamo, però, resi conto che la misurazione della circolarità da sola non ci aiutava fino in fondo a prendere delle decisioni. A questo stiamo iniziando ad affiancare anche una valutazione delle emissioni legate ai diversi materiali che utilizziamo. Aggiungere quest’altra indicazione con una stima delle emissioni ci aiuta a poter indirizzare in modo più efficace il processo di sviluppo e di scelta responsabile e consapevole. Ricordiamoci, infine, che il consumatore è un attore fondamentale per la circolarità di un prodotto, perché senza il suo apporto la circolarità si interrompe. L’azienda può anche pensare, progettare e disegnare in ottica green, ma è il consumatore che deve essere responsabilizzato, accettare dei compromessi sulla parte estetica, e giocare un ruolo attivo nel processo di riciclo», ha concluso Venturini.