Da gennaio 2023 tutte le aziende che producono, vendono, stoccano o distribuiscono prodotti dovranno essere conformi alle nuove norme previste per l’etichettatura ambientale degli imballaggi.
La misura proposta dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (Mase) nasce per smaltire in maniera corretta tutti i packaging e gli imballi. In sostanza, sia che il prodotto finisca all’utilizzatore finale, sia che sia inviato a un’altra azienda, l’etichettatura ambientale prevede che sull’imballaggio si usino codici specifici che precisano la natura del materiale usato e che sia indicato chiaramente come smaltirlo. Questo vale sia per l’imballaggio primario, per esempio il cartone esterno, sia per quello secondario, per esempio dei flaconi di plastica che contengono il prodotto.
Nel caso si usino imballaggi privi delle adeguate informazioni, il rischio è di andare incontro a sanzioni da 5.000 a 40.000 euro applicate sia al produttore sia a commercianti e distributori.
A ogni imballaggio la sua etichetta
Nonostante il nome, l’etichettatura ambientale non obbliga a usare un’etichetta, ma richiede che sull’imballaggio ci siano le informazioni richieste. Perciò, nel caso di rilevanti quantitativi, un’azienda potrebbe ritenere che possa essere più conveniente fare stampare tali informazioni direttamente sull’involucro. Un discorso analogo può valere nel caso poi di una confezione che deve contenere oli o acidi, come nel caso dell’industria chimica, che può essere in plastica o metallo e per il quale è importante avere impresse le informazioni sullo smaltimento in modo che si leggano sempre chiaramente.
«Tuttavia, il caso più diffuso è sicuramente quello in cui un medesimo tipo di imballaggio venga utilizzato per prodotti diversi – afferma Stefan Dawid Director SPS & Public Administration, Sales Services & Solutions di Brother Italia – come accade di frequente nella piccola e media impresa, si pensi che in Italia il 95% delle imprese ha meno di 10 dipendenti, secondo i dati ISTAT. Anche queste PMI, che spesso ancora non adottano codifiche di prodotto strutturate, se quando facenti parte di una filiera che le richieda espressamente, devono comunque essere in linea con le direttive di legge e quindi implementare l’etichettatura ambientale».
Who's Who
Stefan Dawid
Director SPS & Public Administration, Sales Services & Solutions di Brother Italia
La soluzione giusta
«Per adeguarsi alle richieste della normativa – precisa Stefan Dawid – si possono seguire due vie. La prima, la più probabile, consiste nel fatto che l’azienda si doti di una soluzione con stampante di etichette dedicata. La seconda via, perseguibile nel caso l’azienda disponga già della stampante adatta, implica che si modifichino i processi di stampa cosicché, nel momento in cui il collo esce dalla fabbrica o l’imballaggio esce dal magazzino, possa venire opportunamente etichettato. Perciò, all’interno del gestionale aziendale, si deve prevedere che a un certo punto del processo venga generata apposita etichetta con i contenuti richiesti dalla normativa. Inoltre, si possono usare prodotti già in dotazione, ma può anche essere l’occasione per rinnovare l’hardware o aggiungerne di nuovo». In questo senso, va ricordato che le stampanti per l’etichettatura ambientale possono essere acquistate avvalendosi dei fondi PNRR. Nella parte riferita alla Transizione 4.0 viene infatti specificato che l’adozione di sistemi di marcatura e tracciatura permette di avere un credito d’imposta del 20%.
«Ovviamente – aggiunge Stefan Dawid –, va adottato dell’hardware in grado di creare le etichette adatte. Infatti, possono non bastare quelle di carta, ma può essere necessario un supporto più robusto in quanto il testo deve essere leggibile, anche qualora gli imballaggi dovessero essere collocati all’esterno».
Desktop o portatile?
Tante aziende usano macchine in grado di realizzare barcode e quindi prevedono già una procedura che in un dato momento del processo produttivo stampi un’etichetta, che magari viene applicata al prodotto stesso. Però l’etichettatura ambientale implica di aggiungere uno step in più per realizzare un’ulteriore classificazione da apporre all’esterno dell’imballaggio. «Il che vuol dire che è necessario intervenire sul gestionale per associare uno specifico imballaggio a un determinato un prodotto – sottolinea Stefan Dawid –. Va quindi aggiunta un’informazione che sicuramente oggi non è presente nella stragrande maggioranza dei sistemi. Una simile modifica nel software può avere un importante impatto sulle procedure aziendali, perché realizzare un aggiornamento in tempi brevi sui gestionali non è sempre banale e può comportare costi rilevanti. Per non parlare poi del caso di una succursale di una multinazionale: agire sul sistema centrale non è nemmeno da prendere in considerazione».
Una valida alternativa può essere porre alla fine di una linea di produzione, quando il prodotto viene imballato, una stampante desktop di etichette industriale e usare l’etichetta del materiale più consono al trattamento che avrà l’imballaggio, valutando anche se dovrà o meno stare in esterni o essere esposto a condizioni ambientali specifiche o potenzialmente soggetto ad abrasione. «Può essere un’occasione per sostituire la macchina fissa che si ha già con una più performante», osserva Stefan Dawid.
Nel caso invece l’azienda non sia produttrice ma riceva solo della merce che deve stoccare o distribuire, per adempiere a quanto imposto dall’etichettatura ambientale, può essere una valida soluzione quella usare una stampante portatile che, a fronte della lettura del codice a barre riportato sui colli/pallet ricevuti, generi automaticamente l’etichetta corrispondente individuando i codici all’interno di una tabella precaricata direttamente nella stampante. Sono due ambiti diversi: nel primo si produce un bene, nel secondo lo si gestisce.
Da un obbligo di legge a un’opportunità
Comunque, soprattutto nel caso di aziende medio-grandi, prima di prendere una decisione sulla strada da seguire può essere buona norma chiedere a un’azienda esperta un assessment per stabilire qual è lo stato dell’hardware posseduto, come sono strutturati i processi di stampa, il grado di integrazione nei sistemi aziendali e così via. In questo modo, si possono avere chiare indicazioni su quale via è meglio seguire per adeguarsi a quanto imposto dall’etichettatura ambientale e avere anche precisi consigli su come raggiungere determinati obiettivi.
«Non solo – conclude Stefan Dawid –. La norma impone che nell’etichetta siano presenti certe informazioni, ma non impedisce di aggiungerne altre. Questo significa che può essere un’occasione per fornire informazioni di carattere promozionale o marketing, come logo, immagini o un QRcode che porti a un particolare contenuto web. Di nuovo, il consiglio di un partner esperto può aiutare a scegliere la soluzione giusta per trasformare un obbligo di legge in un’opportunità».