La pandemia e il conflitto in Ucraina hanno innescato una profonda crisi della supply-chain che sta mettendo in discussione il modello di globalizzazione adottato sino ad ora. Lo ha affermato anche Larry Fink, Amministratore Delegato di BlackRock, la più grande società di investimento nel mondo, nella sua lettera annuale agli azionisti: “Avevamo già visto la connettività tra nazioni, aziende e persino persone messe a dura prova da due anni di pandemia, ma l’invasione russa dell’Ucraina ha posto fine alla globalizzazione che abbiamo vissuto negli ultimi tre decenni“, scrive Fink che prosegue: “L’aggressione della Russia in Ucraina e il suo successivo disaccoppiamento dall’economia globale spingeranno le aziende e i governi di tutto il mondo a rivalutare le loro dipendenze, cosa che il Covid aveva già spronato molti a iniziare a fare. E mentre la dipendenza dall’energia russa è sotto i riflettori, le aziende e i governi guarderanno anche in modo più ampio alle loro dipendenze da altre nazioni. Ciò potrebbe portare le aziende a effettuare più operazioni onshore (dette anche reshore, ndr) o nearshore, con un conseguente ritiro più rapido da alcuni Paesi”.
La terza via tra offshoring e onshoring
Ma passare dalla strategia offshoring sinora perseguita a livello globale a una onshoring, ovvero predisporre il ritorno della produzione dall’interno dei Paesi dove le aziende hanno sede inserendo una brusca retromarcia ai processi di delocalizzazione, siamo certi che sia il modo migliore per creare catene di approvvigionamento resilienti e sicure in questo contesto segnato da una crescente complessità e instabilità? O la soluzione per rispondere alla crisi della logistica in maniera efficace e persistente nel tempo andrebbe ricercata in una terza via, in equilibrio tra le due grazie all’ausilio della digitalizzazione?
De-globalizzazione e digital supply chain per rispondere tempestivamente ai cambiamenti
Sarebbe un errore pensare che le difficoltà di oggi (carenza di prodotti e personale, pressione inflazionistica, ecc.) siano semplicemente incidenti ciclici. Di fronte a tali rischi, è fondamentale che le organizzazioni, i governi, le società e i singoli individui abbiano a disposizione gli strumenti per potersi adattare rapidamente, costruendo e avendo accesso a reti che siano resilienti, innovative e adattabili.
L’avvento delle nuove tecnologie avanzate in cui il mondo digitale e il mondo fisico si combinano, tra queste IoT, robotica e AI, sta rapidamente aprendo la strada verso una nuova fase della cooperazione globale che può essere definita come Globalizzazione 4.0. In questa nuova era, le Digital Supply Chain diffuse avranno il compito di prevedere la domanda e rispondere tempestivamente ai cambiamenti registrati sui mercati, efficientando l’attività. Le strategie di sourcing su ampia scala, però, dovranno inevitabilmente combinarsi con approcci di de-globalizzazione, che prevedono invece l’incentivazione dei mercati locali.
Quattro scenari per la globalizzazione del futuro
“Il modo in cui i diversi centri di gravità economici sceglieranno tra integrazione fisica e virtuale, frammentazione o isolamento plasmerà il destino della globalizzazione economica negli anni a venire”, si legge in un report del World Economic Forum, che traccia quattro possibili scenari nei quali la globalizzazione come la conosciamo adesso potrebbe evolvere da qui al 2027.
Scenario 1: riunire il mondo in un’unità fisica e virtuale
La prima ipotesi si basa sull’ideale della prosperità condivisa, che prevede una maggiore integrazione sia in termini economici che tecnologici. Il rafforzamento delle alleanze regionali e globali si tradurrà in catene di approvvigionamento diversificate, elevata mobilità del lavoro, maggiore flessibilità occupazionale e maggiore innovazione.
Le piattaforme digitali aumenteranno la loro portata globale e raggiungeranno una maggiore convergenza nella governance della tecnologia e nelle normative sulla privacy tra le diverse nazioni, con un accordo fiscale globale nella prima parte del decennio, stimolando una maggiore collaborazione tra i Paesi. Ci sarà anche una maggiore adozione di energie rinnovabili e investimenti nella crescita sostenibile a lungo termine, condivisa in modo più equamente tra le economie avanzate e in via di sviluppo.
Scenario 2: frammentazione di Internet
La seconda ipotesi prevede il ravvivarsi dell’integrazione fisica tra Paesi attraverso la ripresa del commercio di beni, in particolare di materie prime strategiche come cibo, energia e metalli. A livello digitale si registrerà una forte frammentazione della regolamentazione, della governance e dell’interoperabilità della tecnologia oltre i confini. A seguito degli shock sanitari, economici e geopolitici della prima parte del decennio, infatti, molti governi riconosceranno i benefici della cooperazione nel garantire alle loro popolazioni un accesso facilitato a cibo, carburante e altri beni, tuttavia le esacerbate rivalità politiche e le preoccupazioni per la sicurezza informatica porteranno i Paesi a cercare un maggiore controllo sul dominio digitale. Invece di un “Internet globale”, ci saranno diversi sistemi che ostacoleranno i servizi finanziari digitali e il commercio internazionale. In questo scenario di globalizzazione si prevede che l’innovazione tecnologica, la mobilità del lavoro e la transizione energetica ristagneranno. Le economie in via di sviluppo soffriranno in modo sproporzionato a causa della mancanza di capacità digitali avanzate.
Scenario 3: integrazione virtuale
Il terzo scenario disegna un quadro opposto rispetto al precedente. Se da un lato le restrizioni all’importazione e la concorrenza per cibo, energia e altri prodotti registreranno un intensificarsi in chiave protezionistica a seguito degli shock verificatisi nella prima parte del decennio, dall’altro le piattaforme tecnologiche e i servizi online si moltiplicheranno acquisendo una crescente importanza economica e politica. I quadri fiscali dei servizi digitali, le normative sulla sicurezza informatica e sulla privacy e le leggi sul lavoro online andranno verso un allineamento tra i diversi Paesi. Questo porterà anche a un aumento del lavoro e della cooperazione abilitati dalla tecnologia, compensando parte dell’impatto della frammentazione fisica. In questo contesto, la transizione energetica probabilmente ne risentirebbe in quanto le misure protezionistiche limiterebbero l’accesso alle risorse naturali e alle materie prime.
Scenario 4: frammentazione e protezionismo
Il quarto e ultimo scenario disegna una situazione nella quale la pandemia globale e il conflitto geopolitico all’inizio del decennio hanno avuto conseguenze di vasta portata e i leader sotto pressione rivolgono l’attenzione in prevalenza verso l’interno dei propri confini fisici e digitali. Molti hanno posto delle restrizioni sul commercio di beni e servizi, e i flussi transfrontalieri di capitali e investimenti hanno subito un rallentamento. Le catene di approvvigionamento diventano altamente localizzate o regionalizzate. I Paesi cercano un maggiore controllo su informazione, tecnologia e conoscenza. La censura e la sorveglianza di Internet sono estese all’interno delle singole economie e la disinformazione è in aumento. L’ambiente soffrirebbe di fronte al declino della cooperazione e sarebbe probabile un aumento dell’uso di combustibili fossili. L’impatto complessivo è una grave stagnazione economica.