La carenza di materie prime che sta caratterizzando lo scenario globale impone una serie di cambiamenti nelle funzioni d’impresa tradizionali. Tra queste, le attività riconducibili nell’alveo del Risk Management ricoprono un ruolo ancora più critico rispetto al passato.
Secondo la definizione dell’ANRA (Associazione Nazionale dei Risk Manager e Responsabili Assicurazioni Aziendali), “il Risk Manager è una figura professionale dedicata alla gestione integrata dei rischi aziendali, quelli che possono avere un’influenza sugli obiettivi strategici prefissati dalla direzione. Parliamo di rischi finanziari, operativi, strategici, di legal & compliance”. La stessa associazione distingue il profilo del Risk Manager da quello dell’Insurance Manager, confermando di fatto una distanza significativa tra due professioni che sono difficilmente sovrapponibili.
Il fallimento dei derivati
Se esiste una forma di assicurazione nel mondo delle materie prime, opportunità su cui il Risk Manager è chiamato a vigilare, questa è rappresentata dai cosiddetti “derivati”. Peccato che tali contratti finanziari, che in teoria avrebbero dovuto garantire il controllo dei costi di produzione preservandoli dall’oscillazione futura dei prezzi siano diventati uno degli strumenti privilegiati dagli speculatori. In assenza di polizze che possano coprire la difficoltà a reperire le materie prime (shortage), il Risk Management deve puntare su altre leve per mettere al sicuro il business e l’operatività delle imprese, mitigando il rischio del mancato approvvigionamento e, più in generale, dell’interruzione della Supply Chain.
Carenza di materia prime, quali sono i rischi principali del 2022?
Proprio il “failure” della Supply Chain o della distribuzione è entrato di prepotenza nell’elenco dei rischi più rilevanti evidenziati nell’European Risk Manager Report 2022. Il documento, redatto dalla Federation of European Risk Management Associations (FERMA), ha interpellato più di 500 responsabili della gestione del rischio appartenenti ai 27 paesi membri dell’Ue. Confrontando i risultati precedenti, che si riferiscono al 2018 e al 2020, solo le minacce informatiche sono rimaste in cima. L’interruzione della Supply Chain, che era assente tra i primi 5 rischi rilevati nelle edizioni precedenti, nel 2022 si è collocata al secondo posto, seguita al terzo dalle incertezze geopolitiche. Il report attribuisce alla crisi pandemica la causa principale all’origine dei problemi emersi nella Supply Chain, a cominciare dalle restrizioni alle frontiere che hanno rallentato o addirittura bloccato il flusso di materie prime e di prodotti finiti. Problemi che, con l’avvento della guerra in Ucraina, non sono stati risolti. Inoltre, l’ostruzione del Canale di Suez, che per una settimana nel marzo 2021 è rimasto bloccato dalla portacontainer Ever Given, è l’esempio forse più eclatante della vulnerabilità e della interdipendenza delle catene di approvvigionamento. Tant’è vero che, quando l’1 settembre scorso, una petroliera si è incagliata per una ventina di minuti nello stesso alveo artificiale, si è temuto che l’incidente fosse della medesima gravità di quello avvenuto nel 2021.
Risk management e trasformazione digitale
Il report della FERMA pone l’accento anche sull’evoluzione di un Risk Management sempre più attento agli impatti sull’azienda in termini di sostenibilità e al ridisegno della funzione grazie alla Digital Transformation. Su quest’ultimo fronte, emerge la percezione diffusa dello scarso valore aggiunto portato dai sistemi tecnologici, perfino in controtendenza a paragone del 2020, quando il 55% degli intervistati (contro il 39% del 2022) riteneva che la digitalizzazione fosse una risorsa per migliorare la gestione del rischio. Ciò non toglie che il ricorso alla data analysis sia aumentato del 9%, a differenza dell’automazione dei processi, diminuita dell’8%. Fra le tecnologie che rimangono alte in classifica si mantiene la mappatura interattiva del rischio, mentre quelle legate ai processi di Risk Reporting e all’analisi di scenario nel 2022 occupano, rispettivamente, il primo e il terzo posto. Indice del fatto che per sviluppare la resilienza alle crisi, le organizzazioni devono riuscire ad anticipare meglio i rischi e il gli eventi. A tale scopo, la pianificazione e l’analisi degli scenari rappresentano gli strumenti chiave per prevedere cosa riserva il futuro e identificare le azioni appropriate che garantiscano la continuità aziendale. La carenza di materie prime, se prima della pandemia e della guerra in Ucraina, poteva apparire come un’eventualità remota, ormai è diventata una costante con cui gli uffici di procurement e i Risk Manager si devono confrontare quotidianamente.
Carenza di materie prime, strategia e tecnologia
L’utilizzo della tecnologia, in particolare di quelle soluzioni che consentono di offrire una visione end-to-end lungo l’intera Supply Chain, non solo è auspicabile, ma necessario. Le politiche di approvvigionamento devono tenere conto del rischio di penuria di materie prime, motivo per il quale non possono prescindere da una strategia sottostante alla tecnologia stessa. Ad esempio, la possibilità di attingere a un paniere diversificato di fornitori abbatte il pericolo dell’eccessiva dipendenza da un unico provider, seppure incide su un probabile aumento dei costi. Questa possibilità nasce da una visione strategica che deve essere poi supportata da quei tool digitali che permettono di gestire il network di stakeholder in maniera dinamica e interattiva. E non è un elemento scontato.
Tra le citazioni di Risk Manager riportate nel documento della FERMA, con riferimento all’implementazione di tecnologie ad hoc una sostiene che: “gli ostacoli non riguardano gli aspetti finanziari, ma piuttosto il tempo da investire in questi progetti e i benefici percepiti. I Risk Manager oggi non sono convinti dell’uso della tecnologia per svolgere le loro attività, in quanto possono procedere più velocemente manualmente piuttosto che utilizzare i sistemi informativi”. Se prevalesse questo approccio, sarebbe impossibile incrociare in tempo reale i dati relativi ad anagrafiche e offerte provenienti da una pluralità di supplier. In sostanza, sarebbe arduo affrontare l’onda d’urto causata dalla carenza di materie prime, figurarsi lo tsunami in cui ci troviamo.