Gli incentivi a supporto dell’Industry 4.0 hanno svolto un ruolo propulsivo fondamentale nell’adozione delle tecnologie di ultima generazione da parte delle imprese manifatturiere italiane, ma c’è ancora molto da fare. A confermarlo è Jacopo Cassina, CEO di Holonix, azienda nata nel 2010 come spinoff del Politecnico di Milano e specializzata nello sviluppo di software e di soluzioni per l’automazione industriale.
Malgrado siano ormai evidenti le potenzialità della digitalizzazione a favore delle tante tipologie di organizzazioni del manifatturiero, non mancano le resistenze. Cassina sottolinea che molte imprese sono scettiche sull’utilità delle nuove tecnologie, come intelligenza artificiale e digital twin, perché non sempre riescono a comprendere appieno l’obiettivo finale della raccolta dei dati.
Ecco perché, oltre a fornire il software, la società è impegnata a guidare le aziende in un percorso che aiuti a scoprire gli effettivi vantaggi pratici e strategici di un modello data-driven.
Who's Who
Jacopo Cassina
CEO di Holonix
Secondo Cassina, i vari programmi governativi come Industria, Impresa e Transizione 4.0 hanno rappresentato uno stimolo significativo perché «proporre l’innovazione tecnologica nel settore industriale diventa molto più semplice grazie a queste agevolazioni», sottolineando come soprattutto le piccole e medie imprese siano propense a intraprendere questo percorso grazie all’aiuto economico offerto sia per l’adozione di software ad hoc sia per incentivare il percorso stesso di trasformazione digitale.
Oggi Holonix conta nel proprio team ingegneri e ricercatori impegnati nello sviluppo di soluzioni software IoT e Augmented Intelligence, ha la sede principale a Meda, in provincia di Monza e Brianza, territorio con un’alta concentrazione di PMI che operano nel manifatturiero. In realtà, le partnership dell’azienda si estendono all’intera Penisola e anche all’estero, come si ricava dall’iniziativa COALA che la vede protagonista.
Un digital chatbot per l’ambiente della fabbrica
Da quando è stata costituita, Holonix ha partecipato, in collaborazione con il Politecnico di Milano, a diversi progetti di ricerca e sviluppo proposti dalla Commissione europea. In particolare, nel contesto di Horizon 2020, ha condotto il progetto COALA (Cognitive Assisted agile manufacturing for a Labor force supported by trustworthy Artificial Intelligence). Avviato a ottobre 2020 e in via di conclusione entro settembre 2023, COALA mira a sviluppare un digital chatbot, analogo a quelli utilizzati in ambito consumer, ma applicato agli ambienti produttivi.
Il sistema ha lo scopo di velocizzare, o addirittura di eliminare, alcuni dei task previsti in fabbrica. Tra i casi d’uso che hanno usufruito finora del digital chatbot si può citare la Fratelli Piacenza di Biella, impresa del settore tessile-abbigliamento. C’è inoltre la Diversey di Bagnolo Cremasco, ma con uno stabilimento anche in Olanda, che si occupa di produzione di detergenti. Infine, vi rientra la nota multinazionale Whirlpool, che ha impiegato l’assistente AI per ottimizzare l’attività di ispezione della qualità dei suoi prodotti.
Holonix partecipa al progetto COALA anche con una piattaforma proprietaria, su cui pone le basi anche i-Live Machines, prodotto rivolto ai produttori di macchinari industriali che permette la raccolta, la storicizzazione e l’organizzazione dei dati provenienti dal parco macchine. In una parola, abilita a convertire i paradigmi tradizionali in un modello data-driven.
Non solo tecnologia, ma anche consulenza
Per farlo la società di Meda non si limita a fornire la tecnologia alle aziende, ma le accompagna in un percorso di trasformazione digitale, aiutandole a comprendere le soluzioni più adatte alla loro situazione. Soluzioni come ad esempio IoT Experience, che consiste in moduli che si adattano al livello di digitalizzazione e alle competenze già presenti in azienda in modo progressivo. Insieme a i-Live Machines, il risultato è comunque quello di migliorare l’efficienza nei vari flussi di produzione.
«Abbiamo lavorato e lavoriamo tuttora con PMI di svariati settori», dice ancora Cassina, esemplificando che si tratta di realtà che producono macchinari per la lavorazione del vetro o ancora di imprese del comparto della plastica o della filiera dell’estrusione. Una varietà che deriva fra l’altro dalla partecipazione di Holonix ad associazioni come Federmacchine e UCIMU, con cui collabora all’interno del “Comitato Data Space”, un progetto che punta alla creazione di un “ecosistema per lo scambio dati” che coinvolga l’intera filiera delle macchine utensili del nostro paese.
Il modello data-driven: dalla selezione dei dati ai benefici
Una visione “guidata dai dati” presuppone che siano chiare le variabili da monitorare. Infatti, non tutte le variabili, e gli indicatori che vi si riferiscono, sono necessariamente da prendere in considerazione, anzi. Per cui la prima fase di un progetto data-driven si concentra proprio nel selezionare dall’«oceano dei dati» quelli che effettivamente servono.
Solo così si può arrivare a ottenere una serie di benefici che il CEO sintetizza così: «Si possono anticipare le criticità del sistema di produzione, abbattere i rischi di malfunzionamenti e i fermi macchina. Inoltre, l’analisi dei dati consente di progettare nuove macchine, eliminando gli errori del passato e offrendo un’assistenza post-vendita più efficace grazie alla possibilità di monitorare in tempo reale lo stato degli impianti e di intervenire preventivamente».
Resta l’ostacolo economico, in parte aggirabile con meccanismi incentivanti come le agevolazioni dei Piani 4.0 e in parte superabile prendendo in considerazioni soluzioni “software as a service”, scalabili dal punto di vista economico-finanziario, con costi di utilizzo totalmente variabilizzati sul numero di macchine connesse e distribuiti nel tempo di utilizzo.
In ogni caso, persino la titubanza in assenza di questi meccanismi viene meno se i benefici diventano chiari prima agli occhi dei direttori tecnici o dei responsabili di stabilimento e poi a quelli della proprietà. «Oggi assistiamo a una maggiore propensione da parte delle PMI a inserire all’interno delle loro strategie di business questi nuovi modelli data-driven. È una propensione che continua a convivere con il timore di investire, ma che tende a prevalere di fronte a un mercato che cambia. Le aziende che rimangono ancorate a strategie di business obsolete ormai sono consapevoli del fatto che rischiano di rimanere indietro», sostiene in conclusione Jacopo Cassina.