L’eCommerce italiano continua a conquistare clienti, alla ricerca di occasioni di risparmio e di comodità. Il mercato nel 2015 ha superato i 16 miliardi di euro. Una cifra importante, ma che è ancora pari solo al 4% del totale del retail. La crescita c’è, dunque, ma è relativamente lenta, come spiega Alessandro Perego, Direttore degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, che presenterà i dati aggiornati all’evento eCommerce Forum di Netcomm il 18 maggio a Milano.
Quanto vale in Italia il mercato eCommerce e quali settori sono più presenti?
Stimiamo che il valore degli acquisti on line dei consumatori italiani abbia raggiunto nel 2015 i 16,6 miliardidi euro, con un incremento del 16%. Qualità del servizio e convenienza sono la vera linfa che alimenta questo trend, anche se rispetto al totale delle vendite retail il valore è pari solo al 4%. Siamo ancora lontani dai principali mercati occidentali – Francia, Germania, UK e USA- dove i livelli di diffusione sono compresi fra il 9% e il17%. I settori che più contribuiscono alla crescita sono il turismo, l’informatica ed elettronica di consumo, l’abbigliamento e l’editoria. Trainano in particolare gli acquisti di biglietti per i trasporti, sia sui siti delle compagnie tradizionali come ad esempio Alitalia e Trenitalia, che su quelli delle low cost come ad esempio Ryanair e Easyjet, e la prenotazione di camere di albergo, sia sui portali di hotel, come Booking.com e Venere.com, sia sui siti delle agenzie online, come ad esempio eDreams o Expedia. Nell’abbigliamento sono determinanti gli acquisti “highfashion” sulle grandi DotCom come ad esempio Yoox Group (che dal 5 ottobre si è fuso con Net-A-Porter -ndr) e Zalando, sui siti delle vendite private come Privalia, SaldiPrivati, Showroomprive.it e sui siti di alcuni retailer come LuisaViaRoma. È diventato importantenanche l’apporto di Food&Grocery, arredamento e Beauty, fino a qualche tempo fa quasi assenti sul web.
Quanti sono gli italiani che acquistano online?
Nel 2015, i web shopper italiani che hanno effettuato almeno un acquisto online durante l’anno sono cresciuti dell’11% e hanno raggiunto quota 17,7 milioni, il 50% circa degli Internet User. Spendono in media quasi 950euro all’anno
Ma sono gli acquirenti abituali, ossia quelli che effettuano almeno un acquisto al mese, circa 11 milioni, a generare l’88% del numero di transazioni. La numerosità dei nostri web shopper è decisamente inferiore a quella riscontrata nei principali mercati europei: in UK sono 40milioni, in Germania 47 e in Francia 31. Anche il confronto con la spesa media annua evidenzia una certa distanza.
Quali strumenti di pagamento sono più utilizzati?
Resta prevalente l’uso di carta di credito e PayPal, utilizzati per il 96% dell’acquistato. Bonifici, e strumenti di pagamento innovativi, come i nuovi wallet (ad esempio Bemoov, Masterpass, Hype wallet) e il bancomat (introdotto online ad aprile del 2014) sono marginali. Tra questi si distingue il pagamento diretto da conto corrente con MyBank e Sofort, che nel corso del 2015 ha fatto registrare una buona crescita in termini sia di adozione sia di valore transato. È una situazione sostanzialmente allineata a quella dei principali mercati occidentali. Ora c’è molta attesa per Apple Pay e Samsung Pay: benché queste due modalità di pagamento non siano dedicate all’eCommerce, riteniamo che possano giocare un ruolo importante per gli acquisti via Mobile. Già oggi, in Italia le vendite online tramite Smartphone valgono l’11%, l’incidenza più elevata tra i principali mercati occidentali. Il 22% se aggiungiamo quelle via tablet.
Esiste ancora la paura delle frodi nell’uso degli strumenti di pagamento digitali?
Purtroppo sì. Nonostante la bassa incidenza delle frodi, pari allo 0,15% del mercato eCommerce, la sicurezza percepita resta una delle principali barriere agli acquisti online da parte di molti potenziali clienti.
Che peso hanno le DotCom rispetto ai retailer tradizionali?
Un peso enorme. Le DotCom, come Amazon, eBay, Expedia, raccolgono il 54% delle vendite. La necessità di compensare la mancanza di un canale fisico a supporto della relazione con i clienti ha spinto le Dot-Com a innovare di più, in particolare sugli elementi “di base”, ossia l’ampiezza di gamma, il prezzo e il livello di servizio.
Il restante 46% del mercato, appannaggio delle imprese tradizionali, è in realtà in gran parte costituito dal contributo delle imprese produttrici di servizi, ossia le compagnie di trasporto come ad esempio Alitalia, Ntv, Trenitalia, Trenord, alcuni tour operator, come ad esempio Costa Crociere, e le compagnie assicurative, come Genertel, Genial-Lloyd, Linear e Zurich Connect, che da sole pesano per il 30% delle vendite da siti italiani. Il peso dei produttori e dei retailer tradizionali è quindi ridotto al 16%.
La convivenza con i canali tradizionali, il timore della loro cannibalizzazione, la diversa struttura di costi e la diversa propensione all’innovazione hanno in parte frenato queste imprese tradizionali, che hanno approcciato l’online in modo poco convinto, con qualche eccezione. In realtà, gli studi confermano che il consumatore utilizza l’online e l’offline non in maniera alternativa o cannibalizzando l’uno con l’altro, ma semplicemente ricercando in ogni canale la soddisfazione di un bisogno specifico che si manifesta in un preciso momento.
Quali nuovi ingressi avete registrato nel recente passato?
Lo scorso anno abbiamo registrato oltre 30 nuovi ingressi tra le imprese tradizionali Retailer e produttori di grande dimensione, in particolare nei settori abbigliamento, Fai da Te e Food&Grocery. Nel mondo dell’abbigliamento e degli accessori, la sensibilità nei confronti dell’eCommerce è particolarmente elevata. Cito ad esempio And, Camomilla, Fendi, Luisa Spagnoli, Marlboro Classics e Playlife. Vi sono poi altri esempi importanti come Eurobrico e Self nel Fai da te, Computer Discount nell’informatica ed elettronica e Iperal nel Food&Grocery.