I social media sono ormai onnipresenti in qualsiasi divisione aziendale. Dal Marketing alle HR, passando naturalmente per il customer care, loro naturale terreno d’elezione, non c’è ufficio che gradualmente non stia adottando piattaforme come Facebook, Twitter, Snapchat e LinkedIn (senza parlare dei network professionali come Yammer e Slack) per migliorare i flussi di comunicazione interni ed esterni.
Anche il Procurement può avvantaggiarsi di questi strumenti per diventare più efficiente? Secondo Frank Rozemeijer e Lieven Quintens dell’Università di Maastricht e Jonas Heller, dottorando alla New South Wales’ Business School, in Australia, sì. I tre ricercatori hanno unito le forze per esplorare le potenzialità che riserva l’uso sistematico dei social network quando ci si occupa di acquisti. Dal lavoro congiunto del team è scaturita un’indagine on line intitolata “Does work-related use of social media influence how procurement professionals do their job?”, il cui andamento è tenuto sotto osservazione dal portale specializzato Spend Matters, che ha parlato con Jonas Heller per capire meglio premesse e finalità dello studio.
«La ricerca è motivata dall’idea che buona parte dell’attività di un procurement manager riguarda la gestione delle relazioni e l’accesso alle informazioni», spiega Heller. «Ed è per questo che ciascun professionista ha la possibilità di espandere il proprio network e le proprie fonti attraverso una presenza costante in ambienti come LinkedIn, Procurious e Twitter. È un modo per sapere in ogni momento cosa stanno facendo i contatti, agevolando così l’avvio di conversazioni in occasione dei tradizionali eventi di networking che si svolgono off line». Inoltre i social media, secondo Heller, possono anche essere sfruttati per rimanere aggiornati sulle novità di specifiche industry e sulle evoluzioni del mercato, ma anche sui segnali che ne anticipano il cambiamento. «Gli effetti positivi delle attività on line saranno ancora maggiori se a svolgerle non sono solo i manager, ma i team nella loro interezza».
Alcune evidenze sull’efficacia di questo approccio esistono esistono già: i tre ricercatori hanno presentato i risultati di uno studio an
alogo alla conferenza IPSERA del 2016, secondo il quale le performance individuali percepite dai procurement manager che usano i social media a scopo professionale sono superiori a quelle di chi non lo fa. Heller è il primo sostenitore di questa tesi perché l’ha sperimentata sulla propria pelle. Si è infatti occupato di contratti con fornitori di servizi logistici per Zalando, il colosso tedesco dell’e-commerce dedicato al fashion. «L’uso dei social media mi ha aiutato a rimanere in contatto con i trend di mercato che coinvolgono la supply chain delle terze parti in 15 diversi Paesi europei», racconta Heller. «Una delle mie mansioni era inoltrare offerte e stipulare accordi con operatori come DHL, La Poste, Hermes, FedEx per le operazioni di spedizione a lungo e a corto raggio. Con un minimo sforzo, grazie ai feed di Twitter e LinkedIn sono riuscito a trarre grossi vantaggi man mano che venivo aggiornato sulle variazioni di mercato Paese per Paese. Senza contare che le connessioni con potenziali fornitori mi hanno permesso di seguire i loro spostamenti da un’azienda all’altra».
Parliamo dunque di un valido strumento al servizio del procurement? La tesi di Rozemeijer, Quintens ed Heller rappresenta in realtà solo il primo passo verso quella che Spend Matters considera una corretta integrazione dei social media pubblici con piattaforme di social business a uso interno, un’integrazione che deve necessariamente fare i conti con le policy e le strategie aziendali.