Oggi, sempre più fornitori di soluzioni di procurement si definiscono fornitori di “piattaforme”. E anche i team di marketing e di pubbliche relazioni utilizzano più diffusamente la parola “piattaforma”, inserendola nel processo di vendita. Di fatto, per il termine “Platform” stiamo assistendo a un fenomeno molto simile a quello accaduto in passato con “Cloud” e “Big Data”, sta diventando un vero tormentone.
Proprio per questo, secondo Spend Matters, è importante chiarire e approfondire cosa si intende nel mondo del procurement con questo termine.
La definizione generica (e tecnologica) connota con “piattaforma” il software, sistema operativo o database che consente di gestire ed eseguire i programmi applicativi. Ma questa accezione oggi risulta essere riduttiva, perchè con l’avanzare della digitalizzazione il valore stesso del business è fortemente influenzato dalle scelte applicative che si fanno, è una parte rilevante della strategia aziendale.
E per quanto riguarda l’ambito degli acquisti, quando si parla di “piattaforma” ci si riferisce a soluzioni di procurement che spaziano dalle soluzioni on premise al Software as a Service (SaaS), compresi gli ambienti di sviluppo Cloud-based tipici delle piattaforme applicative as a service (APAAS).
Oggi un provider Software as a Service che utilizza un piattaforma as a service per sviluppare il suo software in Cloud, abilitano gli utenti finali e i fornitori a costruire attorno alla piattaforma utilizzando strumenti di livello più semplice e più comuni, in pratica degli strumenti standard di settore, con ricadute positive sia per la piattaforma installata sia per il provider, ma anche per i clienti stessi che possono adattare il prodotto alle specifiche esigenze, grazie alla possibilità di rivolgersi a supplier complementari per implementare le applicazioni specifiche di cui hanno bisogno.
E proprio la possibilità di avere un ambiente scalabile in cui le applicazioni sono gestite per moduli a fare la differenza in ambito procurement, allargando il mercato anche i fornitori più piccoli, senza costringerli a creare un ecosistema complesso.
Per il futuro poi si aprono poi interessanti scenari, basti pensare al dilagare della “sharing economy” – il paradigma di scambio e condivisione che prevede l’utilizzo di piattaforme collaborative – e alla nascita delle piattaforme di intermediazione, le cosidette WIP (Work Intermediation Platform).