Partendo dal presupposto che oggi per gestire in modo efficace procurement e fornitori è necessario adottare un approccio sistemico e digitale, è comunque importante comprendere come si possa creare un’organizzazione di fornitura snella e integrata.
Solo una volta che sia stata affermata una solida cultura orientata ai dati, e che siano pienamente disponibili e condivise le informazioni per alimentarla (elemento prioritario per permettere all’ufficio Acquisti di costruire le basi del cambiamento), è possibile procedere, sulla base di decisioni solide (in quanto basate su dati di fatto attestabili), è possibile cominciare a costruire una base di fornitura snella e integrata. Come? Attraverso tre passaggi:
- la semplificazione della rete di fornitura;
- il ridisegno della rete di fornitura;
- la corretta impostazione dei rapporti contrattuali all’interno di essa.
1. Fornitura snella e integrata: primo passo semplificare la rete
La complessità di una rete di fornitura è stata riconosciuta da molti contributi di ricerca come uno degli elementi che più ne condiziona le prestazioni, in termini sia di efficienza (e quindi, ad esempio, di costo totale di possesso) sia di efficacia (legata principalmente a conformità, tempi e ritardi di fornitura).
La complessità di un sistema dipende da tre dimensioni:
- cardinalità degli enti che lo compongono (ad es. quanti fornitori, quanti articoli forniti, etc.)
- relazioni tra gli enti componenti (ad es. tra fornitori, articoli forniti e stabilimenti forniti)
- dinamicità con cui il sistema evolve (ad es. alcuni fornitori vengono meno, altri nuovi entrano nel sistema, vengono modificati gli articoli, etc.)
Le evidenze empiriche raccolte dalle ricerche del Laboratorio RISE mostrano che, instaurando rapporti duraturi di partnership evoluta con un numero ridotto di fornitori, si può aumentare notevolmente l’efficienza all’interfaccia tra clienti e fornitori, riducendo di circa il 50% il lavoro necessario ed ancora più significativamente la quantità di scorta necessaria per disaccoppiare i due soggetti, fino ad arrivare quasi ad azzerare gli scarti e i resi di fornitura.
Due sono le tecniche principali che si possono utilizzare per ottenere una sostanziale riduzione e stabilizzazione del numero di fornitori gestiti, presupposto ovviamente fondamentale per poter applicare la leva della partnership evoluta, che non può certamente adattarsi a una rete con centinaia di fornitori, ciascuno con un ordinato eccessivamente piccolo.
Riduzione e stabilizzazione del numero di fornitori gestiti: la tecnica del vendor rating
La prima è la valutazione della rete di fornitura attraverso applicativi e procedure denominate “vendor rating”. Valutando sistematicamente, e a costi totali, tutti i fornitori all’interno di ciascuna categoria merceologica, è possibile individuare se ci sono fornitori più performanti, e “fare pulizia” dei doppioni e dei vendor poco efficienti o efficaci. Riconducendo tutti gli acquisti ai soli fornitori più affidabili ed efficienti è tipicamente possibile ridurre del 30-50% il numero di fornitori attivi, e il costo totale di fornitura del 20-30%, rispetto al caso “base”. Il complesso delle attività di valutazione e selezione dei fornitori, e concentrazione degli acquisti prende il nome di “vendor reduction”.
Ma quali sono i principali aspetti da tenere sotto controllo per poter veramente “avere il polso” di come sta andando la relazione di fornitura?
- Il primo aspetto da considerare è il costo totale della relazione, comprendente evidentemente non solo il prezzo di acquisto dei beni approvvigionati, ma anche altre componenti, come il costo che occorre sostenere per il mantenimento della relazione, quello impegnato dal controllo qualità e dalla gestione delle non conformità, il costo delle scorte necessarie per disaccoppiare e tutelarsi rispetto a eventuali ritardi, etc.
- È poi necessario misurare le prestazioni logistiche del fornitore, nella fase di gestione degli ordini (ad es. l’assenza di errori), di consegna (tempi ed eventuali ritardi) e di post vendita.
- Seppure con minore enfasi sugli aspetti quantitativi, è poi necessario valutare le competenze e il potenziale innovativo del fornitore, dal punto di vista tecnico, organizzativo, gestionale, dei modelli di business, etc.
- Altra componente essenziale della valutazione sono le capacità di organizzazione e gestione del processo di fornitura del management team dell’azienda fornitrice, dal punto di vista della leadership, delle capacità di miglioramento continuo, e delle soft skill di organizzazione e coordinamento.
- Infine, è necessario valutare la stabilità della relazione, dal punto di vista finanziario, dell’assetto di governance, e della propensione all’investimento di lungo termine.
La tecnica della modularizzazione della gamma prodotti
La seconda tecnica utilizzabile è la modularizzazione della gamma prodotti, un approccio di ridisegno radicale del prodotto orientato alla sua scomposizione in moduli funzionali, liberamente componibili per conferire al prodotto finito specifiche caratteristiche. Una ricaduta della modularizzazione della gamma di prodotti, è la possibilità di deverticalizzare la rete di fornitura, ovverosia, di assegnare ai fornitori più performanti la realizzazione non di semplici componenti, ma di interi moduli, assumendosi quindi non solo l’onere di realizzare una parte più ampia della catena del valore, ma soprattutto quello di esternalizzare la gestione della sottorete di fornitura necessaria alla realizzazione del modulo. È ad esempio la logica delle piattaforme, così comune nel settore automotive e non solo.
2. Fornitura snella e integrata: secondo passo ridisegnare le relazioni di fornitura
In un contesto in cui sia stata condotta una radicale riduzione del numero di fornitori attivi facendo leva sulle tecniche appena descritte, rimodulando la gamma prodotto e applicando la vendors reduction basata sulla valutazione sistematica dei fornitori, è possibile impostare relazioni di fornitura nuove, orientate al concetto di partnership di lunga durata anziché di relazione di mercato.
Questo sarà realizzato a livello strategico scegliendo lo stile relazionale più adatto, dal punto di vista della durata, della intensità, della collaborazione, etc. Molti sono i modelli di contingenza che ci possono supportare nella scelta dello stile relazionale più corretto per ogni data relazione di fornitura, a partire dalla famosissima matrice di Kraljich (1983), illustrata in figura 1, che incrocia la rilevanza dell’articolo approvvigionato per il prodotto finito ed il livello di rischio della fornitura.
Il più moderno modello di De Maio e Maggiore (1992), illustrato in figura 2, esplora le dimensioni dell’integrazione sui due processi principali di un’azienda manifatturiera, il processo primario ed il processo di sviluppo del nuovo prodotto, indicando quattro stili relazionali principali: il rapporto di mercato, la partnership logistica, la partnership tecnologica e la partnership strategica.
Fino ad arrivare al più completo modello di Perona e Saccani (2002), che partendo dal modello di De Maio e Maggiore, aggiunge l’asse del tempo, definendo sei stili relazionali sulla base dei processi impattati e della durata della relazione (figura 3).
Quali sono i driver per la scelta del più corretto stile relazionale da instaurare tra un fornitore e un cliente secondo quest’ultimo modello?
- La complessità all’interfaccia cliente e fornitore, sostanziabile nel numero di tecnologie diverse da governare, nell’ampiezza e profondità della gamma di articoli approvvigionati, nella rapidità del processo innovativo, e nell’impatto che i beni approvvigionati hanno sulle caratteristiche e sulla differenziazione del prodotto.
- Il bisogno di cooperazione tra il fornitore e il cliente, direttamente dipendente dal numero e dal tipo di interazioni tra il bene approvvigionato e il prodotto, ed il livello di personalizzazione dell’offerta.
- Infine, l’impatto operativo dello scambio, dal punto di vista dei volumi fisici ed economici dello scambio, impatto del costo della parte sul costo totale del prodotto, ed eventuale impatto dello stockout della parte.
Anche in questo caso i risultati empirici della ricerca hanno mostrato un’eccellente rispondenza di questo modello nella realtà, sottolineando come esso sia in grado di migliorare dal 30 e fino al 50% i costi complessivi della relazione, garantendo una crescita dei volumi superiore anche del 60% rispetto al caso base.
3. Fornitura snella e integrata: terzo passo la corretta impostazione dei contratti di fornitura
L’evidenza empirica illustrata in figura 4 indica una bassissima propensione dell’Ufficio Acquisti ad occuparsi dei contratti di fornitura (19%, meno di un UA su 5), così come abbiamo già sottolineato in un articolo precedente. E l’esperienza ci ha portati anche a trovare situazioni in cui relazioni di fornitura importanti vengono regolate su base di accordi informali, senza l’ausilio di un contratto formalizzato.
Tuttavia, nell’ottica di instaurare e mantenere una proficua e duratura relazione commerciale con i propri fornitori, un ruolo di primaria importanza va certamente riconosciuto al contratto. Esso, infatti, rappresentando un approdo condiviso ove viene cristallizzato lo specifico assetto di interessi concordato, costituisce un essenziale strumento di gestione delle relazioni con le controparti. La qualità e l’impegno profuso dalle parti nel negoziare i termini dell’accordo e nel tradurli in un regolamento contrattuale completo, organico e comprensibile sono, infatti, elementi importanti in grado di influenzare, in maniera spesso determinante, le dinamiche della relazione, segnandone il buon esito o il definitivo fallimento.
Per questo motivo, la negoziazione e successiva materiale predisposizione di un accordo contrattuale rappresenta senz’altro un’attività molto complessa, che non è solo il mero risultato di un insieme di clausole di stile espresse in linguaggio giuridico, ma è il frutto di una delicata opera di sintesi e di mediazione tra le contrapposte esigenze in campo. Ebbene, quest’opera richiede spesso una combinazione tra competenze e professionalità diverse. Ciò emerge, in particolare, nel campo dei prodotti e dei servizi informatici, in cui la stesura di un contratto richiede la compresenza di esperienze specialistiche di natura legale, tecnico-progettuale ed economica, la cui lontananza rende peraltro difficile il dialogo tra le diverse funzioni coinvolte.
A ciò si aggiunga il fatto che la contrattualistica nel campo dei servizi e dei prodotti informatici è spesso caratterizzata da una situazione di chiaro squilibrio, o quanto meno di asimmetria informativa, nei rapporti di forza tra le parti. Capita sovente, infatti, che il fornitore di servizi informatici a cui ci si rivolge per perseguire un maggior livello di efficienza nell’esercizio della propria attività – ad esempio i servizi cloud – disponga di una posizione di forza tale da poter imporre unilateralmente le proprie condizioni contrattuali, così che alla controparte non resta che aderire ai termini di servizio uniformemente predisposti dal fornitore. Situazioni come quella sopra descritta sono tipiche nel campo dei rapporti di fornitura di servizi IT ed evidenziano come fornitori e clienti siano portatori di interessi ed aspettative estremamente differenti, che tendono a divergere soprattutto in relazione alle tipologie ed ai livelli di tutela da prevedere nel contratto.
In altre parole, l’attività di negoziazione, redazione e gestione della contrattualistica ha senza dubbio un ruolo delicato e cruciale nell’ambito della gestione delle dinamiche relazionali con i fornitori, ma d’altra parte comporta uno sforzo non indifferente per l’impresa in termini di allocazione di risorse, di tempi, di supporti consulenziali esterni e, infine, di costi. Il tendenziale principio di libertà delle forme contrattuali – accolto nelle intenzioni del legislatore proprio allo scopo di favorire e promuovere la rapidità dei rapporti commerciali – unitamente alla prassi invalsa consistente nel fondare i rapporti sulla base di semplici ordini di acquisto e di vendita, su comunicazioni e-mail o addirittura su conversazioni telefoniche, evidenziano che la formalizzazione di un contratto non è un requisito essenziale per la validità e l’efficacia di un rapporto di fornitura. Tuttavia, non c’è dubbio che un contratto ben scritto, puntuale e completo, in grado di esprimere efficacemente l’assetto d’interessi desiderato dalle parti, arricchito degli strumenti di tutela convenzionale consentiti dalla legge e dotato di una chiara ripartizione delle responsabilità in caso di inadempimento, rappresenti un valore aggiunto per il business aziendale. In altre parole, elaborare un “buon contratto” è una condizione necessaria, anche se non sufficiente, per garantire una relazione proficua ed efficiente con i propri fornitori. O con i propri “partner”, come molto spesso si suole dire.
Il rischio di intendere le controparte come un partner
Il termine “partnership” è uno dei più usati (e, forse, abusati) quando si parla di relazioni di fornitura. Tuttavia, da un’ottica prettamente giuridica, possiamo rilevare come, in realtà, non esistano “contratti di partnership”. Gli interessi in un contratto sono per definizione divergenti; in alcuni casi addirittura la contrapposizione tra gli obbiettivi perseguiti da ciascuna parte è molto forte. Per tale motivo, eventuali tentativi del fornitore di pretendere rapporti che siano concepiti come rapporti di associazione o collaborazione sono potenzialmente pericolosi, perché, sotto il profilo dell’impostazione giuridico-legale del rapporto, possono creare i presupposti per una visione condivisa delle scelte e delle responsabilità, laddove invece, in una corretta relazione contrattuale, è fondamentale che ruoli e responsabilità siano chiari e definiti. In altre parole, il rischio insito in un approccio di questo tipo, che tende ad enfatizzare il ruolo della controparte quale “partner”, è un possibile annacquamento delle rispettive responsabilità, nell’ipotesi che, contrariamente alle attese, la relazione manifesti, nel corso della sua vita, qualche problematica o criticità.
Piuttosto che sulla partnership con il fornitore, nell’ottica di scrivere e negoziare un buon contratto, specialmente quando questo riguardi un servizio o un progetto complesso, sarebbe opportuno concentrarsi sull’importanza dell’integrazione tra le diverse competenze e sul coordinamento tra diverse funzioni aziendali interessate (in contratti di questo tipo, tipicamente: la funzione legale, la funzione acquisti e la funzione IT). Creare sinergia e coesione tra le diverse funzioni aziendali coinvolte nelle trattative non è sempre facile e sovente richiede anche una mediazione interna, che in alcuni casi può portare a sacrificare o comprimere gli interessi di cui una funzione aziendale è portatrice a vantaggio di quelli rappresentati da un’altra funzione aziendale. Se, da un lato, è realisticamente impensabile che un legale possa analizzare o scrivere un buon contratto IT senza il supporto della funzione IT, perché solo l’IT è in grado di conoscere realmente le esigenze effettive sottese al servizio o al progetto oggetto di negoziazione, e solo essa è capace di prevederne i rischi concreti, dall’altro lato, solo un efficace intervento della funzione legale è in grado di tradurre in tutele giuridiche le esigenze del business e di cogliere eventuali insidie legali presenti negli accordi predisposti dalla controparte. Allo stesso modo, occorrerà procedere di volta in volta ad una mediazione tra interessi legali ed interessi economici tarata sulle specifiche esigenze della fattispecie concreta.
Ciò potrà comportare, in alcuni casi, l’esigenza di bilanciare attentamente le tutele giuridiche, poiché è consigliabile di evitare di infarcire il contratto di cautele solo formali, ma che fanno alzare il prezzo e non danno una tutela reale (si pensi, solo per fare un esempio, alla previsione contrattuale di meccanismi di way out, pur in presenza di situazioni di forte lock-in di fatto); laddove, in altri casi, suggerirà di prevedere contrattualmente tutele che certamente fanno alzare il prezzo, ma che servono a presidiare dei rischi reali (pensiamo, ad esempio, alla richiesta indirizzata al fornitore, di stipulare un’assicurazione dedicata, per far fronte ad un cap di responsabilità che non accorda reale tutela contro tutti i potenziali danni che possono derivare dal contratto). L’importante, in ultima analisi, è che le diverse funzioni coinvolte nella fase delle trattative maturino la capacità di confrontarsi e di giungere ad una visione complessiva e condivisa dell’interesse da perseguire, che non può che essere naturalmente la maggior utilità concretamente auspicabile per l’azienda. Tanto chiarito, è evidente che il ruolo del contratto non può e non deve cessare con l’esaurirsi della negoziazione e la sua sottoscrizione. Per quanto scontata, questa affermazione risulta tristemente smentita dai fatti, ogni qual volta una relazione contrattuale fallisce per carenza di una corretta governance dell’accordo che ne costituisce la base.
Che cosa vuol dire governare il contratto con il fornitore
Governare il contratto e la relazione con il fornitore, dal punto di vista legale, significa prevedere e identificare anticipatamente i rischi derivanti dal rapporto e le possibili patologie, disciplinando nel contratto le cautele e gli strumenti per prevenire o mitigare i momenti di potenziale conflittualità. Questo significa evidentemente negoziare e scrivere il contratto non con la prospettiva di dimenticarsene una volta che esso sia formalmente stipulato, ma anche di avvalersene periodicamente in quanto strumento operativo e supporto estremamente utile ed efficace alla gestione e al controllo della relazione con il fornitore. Sotto questo profilo è particolarmente importante non solo normare le procedure e le modalità di controllo sul corretto svolgimento del servizio o del progetto oggetto del contratto, ma anche predisporre, all’interno dell’azienda, un sistema di monitoraggio sul puntuale adempimento di quanto formalizzato nell’accordo o garantito dal fornitore, onde evitare situazioni di quiescenza o di accettazione tacita di comportamenti devianti delle parti rispetto alle previsioni contrattuali, che possono rivelarsi controproducenti e possono mettere l’azienda in una situazione di debolezza nell’ottica di una potenziale controversia con la controparte.