Cosa vuol dire davvero creare valore attraverso le attività di buying? La nona edizione dell’indagine “Assessment of Excellence in Procurement”, che la società di consulenza A.T. Kearney realizza ormai dal 1992, ha fatto chiarezza sui rapporti di causa ed effetto tra l’automazione dei processi in chiave digitale e l’efficacia nella gestione degli acquisti, da cui scaturisce un vantaggio competitivo condiviso con i supplier e con l’ecosistema in cui opera l’organizzazione. Nelle precedenti edizioni era già stato evidenziato come sia determinante riuscire a definire un’opportuna politica di gestione di acquisto di beni e servizi all’esterno dell’impresa.
Oggi bisogna fare i conti con il fatto che le tecnologie disruptive stanno riformando i processi, modificando i modelli di business e impattando sulle strutture dei costi. Gli strumenti di analisi avanzati consentono alle aziende di sfruttare a loro favore l’enorme mole di dati e la loro complessità, di individuare i modelli nascosti e di sfruttare le conseguenti conoscenze. L’intelligenza artificiale viene applicata a una serie di attività che consentono di classificare automaticamente i dati di spesa per l’analisi dei contratti, per la valutazione delle strategie di approvvigionamento e di negoziazione. L’automazione dei processi sta riducendo le strutture dei costi e migliorando la coerenza e la conformità. In virtù di questi i CPO a sentire una crescente esigenza di capire come gestire il cambiamento e quali sono le leve per avere un vero vantaggio competitivo lungo la catena del valore.
L’indagine ha suddiviso le aziende in quattro gruppi, in base alle performance raggiunte in riferimento alle pratiche adottate. Il 7% del campione è composto dai Leaders (che si connotano per essere molto più aperti agli investimenti in innovazione pura, tra cui quelli in tecnologie digitali per il risk management, la Blockchain e i sistemi di automazione), l’11% dagli Aspirants, il 55%, il gruppo più nutrito, è denominato The Pack, mentre gli Strugglers, le imprese più in difficoltà, costituiscono il 27% dei soggetti coinvolti nello studio. Chi è riuscito a raggiungere la vetta, secondo A.T. Kearney, è chi ha saputo mettere in fila tre elementi strategici e li ha utilizzati sistematicamente tre volte di più di quanto faccia la media degli altri player: parliamo di eccellenza di categoria, eccellenza di team ed eccellenza di fornitura.
Per conseguire il primo traguardo, gli autori dello studio – Mike Hales e Sonali Agarwal – raccomandano un approccio collaborativo, basato per esempio sulla pianificazione delle operazioni con i fornitori e un’accurata gestione della catena del valore. A discendere, in maniera quasi logica, c’è il supporto di collaboratori di talento. Non sorprende affatto verificare che i Leaders sono riusciti a raggiungere l’eccellenza di team investendo almeno il 70% del budget di staffing su dipendenti impiegati a tempo pieno e quindi a maggior valore. Merito dell’adozione di politiche di automazione dei processi e delle attività non strategiche, che liberano risorse umane e finanziare da utilizzare nel potenziamento della cultura del risultato. Il terzo elemento ha a che fare con la capacità di gestire al meglio il ciclo di vita del fornitore, differenziando i supplier di rilievo da quelli più mainstream, e stabilendo quali sono gli obiettivi in termini di innovazione su entrambi i fronti per ottenere benefici di tipo strutturale.
Per quanto riguarda gli Aspirants è corretto affermare che sono già sulla buona strada, nel loro caso si tratta infatti solo di passare dalla teoria alla pratica: «Gli Aspirants di solito conoscono bene le iniziative di sourcing strategiche di base, hanno già segmentato i fornitori e le relazioni con i supplier più importanti, predisponendo un tavolo permanente sull’evoluzione dei modelli di procurement», dicono i ricercatori. Sul fronte dell’eccellenza di categoria, occorre costruire strategie sulle principali aree di spesa su scala pluriennale, mentre su quello dell’eccellenza di fornitura bisogna istituire sistemi di misurazione affidabili delle performance del team dei processi, visto che la compliance contrattuale pesa per il 95% del valore delle operazioni di acquisto. L’ideale sarebbe condividere con i top supplier (che di solito rappresentano l’1% dei fornitori in termini strettamente numerici) programmi mutuali e condivisi per l’innovazione e il risk management.
Invece alle organizzazioni che rientrano nel gruppo definito The Pack, lo studio suggerisce di lavorare sulla costruzione di una certa credibilità dell’ufficio acquisti all’interno delle aziende, mentre gli Strugglers dovrebbero concentrarsi sul potenziamento del sourcing, con l’obiettivo di tagliare i costi e identificare nuove fonti di valore.
In realtà c’è un consiglio anche per i Leaders: non crogiolarsi sugli allori. «In questo settore e in questo momento chi rimane fermo di fatto indietreggia. Tutte le organizzazioni devono mobilitarsi per aumentare la propria efficienza, a prescindere dalla posizione che occupano nello spettro che abbiamo evidenziato», concludono Hales e Agarwal.