Il procurement per essere strategico deve essere inteso non come leva di risparmio, ma di crescita. È lo spostamento di ruolo che secondo McKinsey diventa “imperativo” nel mondo globalizzato e digitalizzato: solo così le attività aziendali legate all’approvvigionamento si liberano dal mero compito transazionale per incidere sulla competitività. La società di analisi ha pubblicato una nota di ricerca in cui evidenzia le sfide cui deve adattarsi un Procurement a servizio delle strategie aziendali. I driver che creano valore aggiunto? Automazione, digitalizzazione e analytics.
Le sfide globali
La volatilità e la complessità delle supply chain sono il primo grande cambiamento cui il procurement deve rispondere: comportano maggiori rischi, ma anche opportunità. Altrettanto importanti sono gli sviluppi tecnologici, capaci di liberare potenzialità ancora inespresse per le organizzazioni. Infine, occhio all’ecosistema: il ritmo accelerato dell’innovazione rende più difficile tenere il passo senza ricorrere ad alleanze esterne o a investimenti in tecnologie e startup.
Un procurement flessibile per cogliere le opportunità
La rapida crescita dei mercati emergenti, la tensioni commerciali Usa-Cina, la Brexit, la necessità di rendere le attività più sostenibili per l’ambiente e socialmente responsabili incidono sulle supply chain. Per esempio, la decisione della Gran Bretagna di uscire dall’Unione Europea, secondo alcune stime, potrebbe costare alle case automobilistiche attive in UK miliardi di dollari di tariffe doganali e spingerle a spostare gli impianti produttivi. E poi, entro il 2025, i paesi emergenti saranno la patria di circa 230 imprese dell’indice Fortune Global 500 e gli uffici procurement dovranno saper guardare oltre la Cina e il Sud America, e aprirsi alle opportunità di outsourcing in Africa e in Asia sudorientale.
La digital transformation negli acquisti
Come in tutti i settori, l’innovazione tecnologica cambia le regole del gioco. McKinsey stima che quasi la metà di tutte le attività di approvvigionamento possono essere automatizzate usando tecnologie già disponibili, liberando risorse dedicate alle attività transazionali per investire nella ricerca di nuove fonti di valore. In particolare, intelligenza artificiale e machine learning risolvono il problema della qualità del dato, permettendo un’accurata categorizzazione e analisi della spesa. Dal canto loro, le soluzioni digitali generano risparmi incrementali sui costi annui compresi fra il 3 e il 10%: è il caso di un’azienda delle materie prime con attività in tutto il mondo che ha completamente digitalizzato il monitoraggio degli indicatori di performance (KPI) dei fornitori tramite un’applicazione mobile ottenendo dati in tempo reale per i supervisori in loco. Gli analytics avanzati permettono invece di affinare le soluzioni di spend-intelligence per scegliere strategicamente dove e quando approvvigionarsi su mercati delle materie prime volatili. Anche la Internet of Things (IoT) migliora l’efficienza del procurement: i sensori che inviano dati in tempo reale riducono il costo totale del ciclo di vita delle attrezzature operative.
Un nuovo ruolo a prova di futuro per rendere il procurement strategico
Per rendere il procurement strategico e cambiarlo secondo le evoluzioni dei mercati e delle tecnologie occorre ripensare il ruolo di questa funzione: deve diventare uno strumento che costruisce un vantaggio sulla concorrenza. Ciò si ottiene collaborando con le altre funzioni aziendali: dalla definizione delle strategie alle operations, dall’IT alle risorse umane. È indispensabile investire nelle tecnologie abilitanti come automazione e analytics, ma anche rendere il procurement a prova di futuro, ovvero agile a sufficienza da adattarsi alle prossime evoluzioni. McKinsey raccomanda di investire in nuovi talenti e funzionalità e di mettere in relazione i team degli acquisti con gli altri dipartimenti aziendali sotto la comune insegna degli obiettivi di business.
Nasce il Chief Ecosystem Officer
Per tenere il passo col cambiamento molte organizzazioni cercano alleanze con i fornitori tecnologici o forgiano partnership per sperimentare nuove soluzioni e investire in start-up, alimentando l’ecosistema di innovazione e guardando anche al di fuori della catena del valore tradizionale. Un esempio sono i modelli “anything as a service” o “pay-by-usage”, che sono emersi negli ultimi anni e che cresceranno del 38% dal 2016 al 2020 su scala globale: sono opzioni scaturite dalle collaborazioni tra aziende e fornitori. Per questo McKinsey scrive che il capo del procurement deve diventare un Chief Ecosystem Officer: guarda alla supply chain ma offre anche fonti di innovazione all’intera organizzazione.