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Appalto precommerciale, Agid: «È necessario capire l’impatto che ha sul Procurement dell’innovazione»

Approccio demand driven, gare che descrivono gli scenari d’uso concreti, individuazione del mercato di riferimento. Sono questi i principali fattori che favoriscono la diffusione nella PA di modalità di acquisto innovative e degli appalti finalizzati alla conclusione di contratti di Ricerca e Sviluppo attivati ancora prima della commercializzazione di un determinato prodotto

Pubblicato il 25 Mag 2017

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L’Italia è il Paese europeo che sta investendo di più nella promozione degli appalti pre-commerciali. Da una parte c’è il Ministero della Ricerca con un programma nazionale di appalti pre-commerciali da 100 milioni di euro, dall’altro ci sono le Regioni, molte delle quali hanno previsto il finanziamento, e quindi l’esecuzione di appalti pre-commerciali nei propri programmi operativi regionali (POR) 2014-2020.

A supporto della diffusione del PCP (Pre-Commercial Procurement), come procedura di appalto, il legislatore europeo e quello nazionale, ANAC inclusa, hanno definito i contorni giuridici della sua legittima applicazione, decretando che l’oggetto prevalente dell’appalto sia l’esecuzione di attività di ricerca e sviluppo e ribadendo l’esclusione, sotto specifiche condizioni, del PCP dall’applicazione del Codice dei contratti pubblici.

Come ha sottolineato Mauro Draoli, Responsabile Servizio strategie di procurement e innovazione del mercato AgID, in un recente articolo pubblicato su Agenda Digitale, ciò che invece è stato probabilmente sottovalutato è l’impatto che la filosofia stessa del PCP ha sulle strategie di eProcurement.

La prima riflessione riguarda le condizioni che possono portare l’amministrazione verso la scelta di utilizzare lo strumento del PCP, che nasce dalla presa di coscienza che esiste un problema o un bisogno concreto, tipicamente di medio-lungo periodo, a cui l’offerta di mercato non riesce a dare una risposta adeguata. Da qui il passaggio, spontaneo, da un più tradizionale approccio “market push” a un approccio “demand driven” all’innovazione. Non è solo il mercato, l’offerta, a proporsi all’amministrazione con i propri servizi e prodotti innovativi, ma in questo caso è l’amministrazione che ha la capacità di tradurre le proprie esigenze in soluzioni e traguardare il risultato di breve periodo, e di porre l’attenzione sulle ricadute e sull’impatto che, in un tempo anche più lungo, gli interventi di innovazione devono essere in grado di produrre.

Da qui nasce la seconda riflessione, che riguarda la capacità di un’opportuna definizione dell’oggetto di un PCP: l’amministrazione deve assumere la non ovvia capacità di focalizzare il “problema” da risolvere, la “domanda” da soddisfare, scrollandosi di dosso la naturale propensione a indirizzare verso soluzioni che si rifanno, quasi inevitabilmente, alle offerte di mercato disponibili e allo stato dell’arte già noto. L’oggetto della gara si tramuta allora nella formulazione di una “sfida” al mercato, che lasci agli offerenti sfidati la libertà di approcci divergenti e multidisciplinari, valorizzando competenza, innovazione e, auspicabilmente, genialità. L’esperienza sul campo di Agid, insieme ai partner del sistema istituzionale, dimostra come si stia andando verso capitolati semplici, quasi essenziali, ove i requisiti tecnici, che inevitabilmente pongono vincoli alla soluzione, sono limitati in numero e sono presenti solo se effettivamente indispensabili. In contrapposizione alla definizione dei requisiti, si preferisce utilizzare la descrizione di “scenari d’uso” concreti: essi descriveranno una situazione concreta, le modalità con cui la situazione viene affrontata allo stato dell’arte e i limiti della stessa, infine la situazione che si vuole sperabilmente realizzare grazie ai risultati del PCP.

Si arriva così alla terza riflessione: è difficile individuare un “mercato di riferimento” dell’offerta. È anzi quasi insito nel paradigma del PCP l’utilità di ampliare il mercato che possa cimentarsi nell’elaborazione di risposte alle sfide proposte, eventualmente combinando competenze e soluzioni non convenzionalmente adottate nel settore di riferimento della sfida (sia esso la protezione del territorio, la salute o la riduzione dell’inquinamento). È un mercato dell’offerta che, in particolare nel nostro Paese, comprende tipicamente i centri e gli enti di ricerca, pubblici o privati e le Università.

L’esercizio degli appalti pre-commerciali, per questi motivi, tende a indurre nelle Amministrazioni Pubbliche un generale ripensamento del modo di appaltare innovazione e del rapporto che può instaurarsi tra committente e fornitori. Naturalmente, auspichiamo che una domanda delle nostre amministrazioni più qualificata e sfidante possa anche funzionare come potente stimolo alla capacità di produrre innovazione nell’industria nel Paese, contribuendo così alla competitività del nostro sistema sulla scena Europea e globale.

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