In che modo cambia l’approccio al procurement con la pandemia di Coronavirus e qual è oggi il ruolo dei buyer? Sicuramente, sia per le imprese che per le pubbliche amministrazioni, i temi dell’efficienza e della digitalizzazione l’hanno fatta da padrone, soprattutto nelle prime fasi dell’emergenza sanitaria. La capacità di monitorare in tempo reale i flussi di approvvigionamento, di effettuare analisi predittive e di reagire in maniera tempestiva a eventuali imprevisti o interruzioni della catena si è in molti casi rivelato il fattore critico di successo per garantire la continuità operativa e la possibilità di servire i clienti.
Ma non sono cambiati solo gli strumenti e gli approcci alla disciplina del procurement: si è verificata, secondo alcuni osservatori, anche una nuova presa di consapevolezza rispetto al ruolo del buyer in azienda.
Procurement, le priorità sono cambiate
La crescente rilevanza della supply chain in uno scenario connotato da così tante incertezze ha elevato il procurement su un piano strategico, esattamente come è successo ad altre funzioni – prima tra tutte prima quella del risk management – fino a poco tempo fa considerate ancillari rispetto a quelle su cui si basa il core business.
Non solo: la situazione che le organizzazioni hanno dovuto affrontare nell’ultimo anno ha pure ribilanciato le attività e le priorità rispetto alle politiche di acquisto, restituendo valore a task e processi del procurement che avevano ormai assunto, nell’ordinaria amministrazione, carattere di commodity. Parliamo specialmente delle procedure di approvvigionamento dei beni materiali, che negli ultimi anni sembravano quasi aver perso prestigio rispetto a quelle di negoziazione e acquisizione dei servizi.
Il buyer rende il procurement “protagonista”
A sottolineare questo cambio di prospettiva su Spend Matters è Peter Smith, esperto della materia, Managing Director di Procurement Excellence e autore di diversi libri dedicati al tema. Il ragionamento di Smith iprende le mosse da un intervento del collega Rich Weissman, accademico e membro dell’Institute of Supply Management. Sul portale Supply Chain Dive Weissman si è chiesto in che misura le interruzioni delle catene di approvvigionamento legate alla pandemia (a partire da quelle determinate dalla scarsità dei dispositivi di protezione individuale, giusto per fare un esempio) abbiano portato «alla ribalta un lavoro un tempo relativamente oscuro».
Secondo Weissman, però, questa dimensione ampliata della gestione della catena di fornitura, spesso attraverso una nuova leadership dinamica, «sta inghiottendo il procurement, che in qualche modo è sempre stato una funzione indipendente. Piuttosto che guidare attivamente l’evoluzione dell’offerta del business, la funzione potrebbe essere nuovamente relegata a un ruolo di supporto sottomesso». Per evitare ciò, i buyer devono svolgere molto bene il proprio lavoro e «rendere chiare agli altri uffici le sfumature del supply management», tenendo presente che «il procurement aziendale è destinato ad avere un orizzonte limitato solo se si pensa che è così».
L’acquisto di servizi vale più dell’acquisto prodotti?
Ripercorrendo alcune fasi evolutive dell’approccio aziendale alle funzioni di approvvigionamento, Smith ricorda che negli Anni ’80 l’obiettivo principale della professione del buyer era l’acquisto di beni per le industrie manifatturiere, energetiche ed edilizie Le organizzazioni che coinvolgevano i buyer rispetto alle spese di marketing rappresentavano una piccola, pionieristica fetta del mercato.
«Ma negli anni a seguire il procurement si è sempre più orientato all’acquisto di servizi, non solo per il marketing, ma anche rispetto all’esigenza di nuove competenze o alla gestione delle strutture tecnologiche e di telecomunicazioni, per non parlare dell’outsourcing delle pratiche HR. Di converso, gran parte dell’approvvigionamento di beni per la manifattura e le industrie correlate è diventato sempre più automatizzato e mercificato. In generale, abbiamo aggregato la spesa, ridotto il numero dei fornitori, messo in atto sistemi just-in-time e processi di ordinazione automatizzati. Quindi abbiamo dato per scontato che il camion o il container o l’autocisterna pieni di ‘roba’ arrivassero al nostro stabilimento ogni settimana, giorno o ora come era necessario per garantire la continuità la produzione».
Per Smith, quindi, gran parte degli appalti e della catena di approvvigionamento sono diventati in qualche modo di routine e si sono, in qualche modo, dequalificati. «D’altra parte era molto più impegnativo e allettante negoziare un accordo con un’agenzia di marketing globale o un contratto per esternalizzare metà della funzione finanziaria piuttosto che acquistare latte scremato in polvere o scatole del cambio». L’acquisto di servizi comporta certamente capacità di problem solving peculiari, ma l’equivoco degli ultimi anni è stato quello di considerarle intrinsecamente superiori a quelle necessarie per negoziare con i fornitori di beni fisici e per ingegnerizzare una supply chain davvero efficiente.
L’equilibrio che crea resilienza nella supply chain
«In ultima analisi, forse quello che abbiamo visto negli ultimi mesi è una sorta di gradito riequilibrio sul piano della diatriba dei beni contro i servizi», nota Smith. «Ci siamo resi conto che le nostre catene di approvvigionamento, in particolare per i materiali o le merci che provengono da Paesi lontani, non erano così resilienti come pensavamo e che la gestione del rischio è diventato un tema all’ordine del giorno. Gli amministratori delegati si sono resi conto che se la loro agenzia di marketing interrompesse la fornitura per alcune settimane, la vita e l’azienda potrebbero andare avanti abbastanza tranquillamente, ma lo stesso non succederebbe se a venir meno fossero le forniture di materie prime o di Personal Protective Equipment».
Se dunque è vero, come dice l’articolo di Weissman, che le nuove priorità hanno portato i problemi della catena di approvvigionamento in cima alla lista di molte organizzazioni, ciò non dovrebbe essere visto come una minaccia per l’autonomia della funzione del buyer. Secondo Smith, infatti, nella maggior parte delle organizzazioni di successo il procurement e la catena di approvvigionamento sono comunque già abbastanza ben integrati in senso orizzontale. «O, per lo meno, dovrebbero esserlo».