Anche se perseguono tutti lo stesso obiettivo – la crescita del business – per raggiungerlo CIO, CPO e CFO parlano linguaggi, usano strumenti e adottano prospettive molto diverse. Una cosa comunque li accomuna: l’idea che la data governance sia la chiave di volta per vincere le sfide dell’efficienza, della trasparenza e della flessibilità. Si parla naturalmente di digital transformation, e nello specifico applicata all’ambito del procurement. Un processo fondamentale dal quale i CPO si aspettano soprattutto riduzione dei costi (79% del campione) e gestione dei rischi (57%), secondo le risposte fornite dai manager interpellati da Deloitte per la Global CPO Survey 2017.
Il problema è che sebbene la consapevolezza dell’importanza della corretta gestione delle informazioni sia diffusa (per oltre il 60% delle aziende europee la scarsa qualità dei dati è concausa di decisioni non ottimali, come evidenziato dal report “How Governance of Data & Technology Drive the Intelligence Spectrum in Supply Chain and Procurement” realizzato dal Poole College of Management della North Carolina State University in collaborazione con BravoSolution), solo il 40% ha implementato programmi di Data Governance. Chi lo ha fatto, però, ha agito con piena cognizione di causa: secondo la KPMG CIO Survey 2017, il 90% dei CIO dichiara di aver puntato sulle nuove tecnologie per consentire alla propria azienda di adattarsi a un contesto in continuo cambiamento, migliorando la flessibilità e la capacità di risposta a potenziali vulnerabilità. La cyber security resta infatti la preoccupazione principale per i CIO intervistati.
Who's Who
Francesco Colavita
Pre- Sales Director, BravoSolution
Ma al di là delle statistiche, quali sono le motivazioni reali e profonde che spingono o che frenano la digital procurement transformation? L’abbiamo chiesto a Francesco Colavita, che in qualità di Pre- Sales Director di BravoSolution (specialista globale in tecnologia e servizi per il processo di procurement Source-To-Pay) ha il polso della situazione grazie alla costante interazione con gli attori di questa delicata transizione.
Che esigenze e priorità hanno CPO, CIO e CFO rispetto alla procurement data governance?
Faccio una premessa: il procurement è una funzione sempre più trasversale nelle aziende moderne. La complessità sta proprio nel gestire l’innovazione tenendo conto delle esigenze di tutti gli interlocutori e implementando processi collaborativi basati sulla condivisione dei flussi dati.
Detto ciò, per CPO e CIO possiamo citare quattro grandi temi. Il primo è la trasparenza: tracciare le attività dell’azienda, nel mondo pubblico come nel privato, è cruciale per affrontare serenamente qualsiasi processo di audit. Il secondo riguarda l’efficacia e l’efficienza. Operazioni che oggi sono gestite manualmente possono essere automatizzate, riducendo tempi e costi operativi a basso valore aggiunto. C’è poi la questione della collaboration con il mercato e i fornitori. Il CPO oggi non solo ha la necessità di tracciare i processi e governare i flussi di dati per monitorare a 360 gradi le attività e indirizzare le scelte aziendali. Ha anche il compito di confrontarsi con i fornitori in uno scenario in cui il paradigma sta ribaltandosi: se fino a poco tempo fa il cliente era il centro di tutto, oggi il fulcro della competitività sono proprio i fornitori, ed è sempre più importante razionalizzare il parco fornitori in ottica di incremento performance, riduzione dei rischi e costruzione di partnership. In fine, lato CIO, confermo la priorità del tema sicurezza, a cui si aggiunge quello dell’integrabilità con i sistemi aziendali già uso.
Invece per quanto riguarda i CFO?
Il ruolo emergente del CFO è un elemento nuovissimo nella procurement data governance, e si esplica essenzialmente in tre aree: dematerializzazione, automazione del ciclo passivo (ad esempio fatturazione elettronica) e compliance normativa.
Che cosa frena l’adozione di tecnologie digitali per il procurement?
La risposta varia a seconda del tipo di impresa. Se parliamo di multinazionali, gli interlocutori affermano spesso che la loro azienda è unica, e i processi di cui si occupano sono più complessi di quelli di altre organizzazioni. E anche se portiamo loro use case molto vicini alle esigenze da loro espresse, talvolta non è facile superare lo scetticismo sul fatto che esistano soluzioni di mercato adatte al loro caso. Per le medie imprese talvolta l’ostacolo è una organizzazione più concentrata sull’innovazione di business che su quella “a supporto” del business, anche per ragioni di tempo e risorse. Nella Pubblica Amministrazione la preoccupazione è che la tecnologia non rispetti norme e regolamenti – peraltro in costante cambiamento e dunque di non facile monitoraggio. Segue il timore sul fronte delle competenze da sviluppare internamente.
Cosa dovrebbe offrire la tecnologia per superare queste resistenze?
Deve in primo luogo essere modulare, flessibile e multilingua, capace di rispondere facilmente ai cambiamenti aziendali e normativi, soprattutto nel mondo pubblico. Sono inoltre sempre più apprezzate le soluzioni che permettono personalizzazioni basate su modifiche di parametri gestibili direttamente dall’utente, senza necessità di intervento IT. Il Cloud in questo senso può essere un alleato prezioso, perché permette di erogare in maniera automatica e trasparente – senza sviluppi lato cliente – aggiornamenti che adeguano le piattaforme ai nuovi scenari, evolvendole in termini di prestazioni, rispondenza ai requisiti normativi e innovazione tecnologica, spesso anticipando i trend del mercato. La tecnologia deve poi garantire sicurezza, autenticità e integrità di dati e processi lungo la filiera e ciò va attestato da enti terzi di Certificazione. Cruciale è poi anche il tema della fruibilità delle informazioni. Non basta che gli analytics siano potenti: i cruscotti su cui vengono visualizzati gli insight devono offrire un’esperienza intuitiva e multidevice, e risultare fruibili per l’intera organizzazione, ovviamente attraverso viste personalizzate, anche da mobile.
Ciò è necessario per supportare processi Source to Pay sempre più interfunzionali e dinamici, oltre il tradizionale approccio “a silos”. La nostra tecnologia BravoAdvantage possiede tutti questi requisiti e il mercato lo riconosce: lo confermano il nostro posizionamento quale Leader nel Gartner Magic Quadrant for Strategic Sourcing Application Suites, in tutte le edizioni dal 2010 al 2017, e la percentuale di rinnovo contrattuale dei nostri clienti nel mondo, che supera il 95%.
Cosa serve, oltre a un’offerta tecnologica adeguata?
Un buon piano di change management: bisogna formare le persone e creare la consapevolezza della digital transformation. La tecnologia è una componente decisiva, ma per promuovere percorsi di adozione rapidi ed efficaci serve che il provider sia anche capace di guidare l’impresa nelle singole fasi, dall’analisi dei processi all’implementazione del prodotto fino al post-go live. Un provider competente anche di processi di procurement nei diversi settori rappresenta in questo senso un fattore chiave di successo, a garanzia del cliente.