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Chief Procurement Officer: strumenti e best practice per migliorare le performance dell’azienda



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Il quadro delle Supply Chain globali, sempre più articolato, è una dura sfida per le organizzazioni. Ma nell’era dell’AI e della sostenibilità non mancano le carte da giocare per puntare al successo, a partire dalla tecnologia. Il CPO ha un ruolo chiave

Pubblicato il 12 apr 2024



CPO e supply chain, concept
Immagine di Pressmaster da Shutterstock

Che destino può avere un’azienda di abbigliamento che commette errori grossolani nell’acquisto delle stoffe di cui ha bisogno? Che non sa selezionare i fornitori, che perde le trattative di acquisto, non pianifica le forniture e non sa affrontare le emergenze della supply chain? Davanti alla prospettiva di un’inesorabile sorte, è evidente che il ruolo di un buon Chief Procurement Officier (CPO) diventa cruciale per il business.

E se l’azienda è già virtuosa? Se la catena di fornitura è collaudata e funziona, se i budget si rivelano adeguati e il magazzino sempre fornito? In questo caso lo sguardo non può che andare oltre. Sino a fare del responsabile acquisti non solo un buon “mantenitore” della catena del valore, ma anche e soprattutto un partner strategico, decisivo per la corretta gestione dei rischi che gravano sulle forniture, per l’identificazione delle priorità aziendali critiche, per la formulazione di strategie agili e per la relazione con gli stakeholder interni ed esterni. In breve, per spingere l’azienda verso una direzione di crescita ed efficienza.

Il CPO come partner strategico

In uno scenario macroeconomico globale che sempre più porta a galla le sfide della catena di fornitura, tra shock e variazioni della domanda, il CPO gioca un ruolo decisivo nella definizione delle performance aziendali. Dal suo team dipendono la capacità di mitigare le interruzioni della supply chain nonché le scelte che possono avere un impatto sull’equilibrio dei costi, sui meccanismi di generazione dell’offerta e sulla competitività dell’organizzazione. Al suo team, più che ad ogni altro, devono appartenere quell’agilità e flessibilità che spesso si rivelano il vero ago della bilancia tra successo e fallimento: da un lato lo sguardo in grado di intercettare gli anelli deboli della catena, dall’altro la rapidità nell’ideazione di soluzioni che possano incrementare la resilienza della filiera.

Ma in che modo deve agire il CPO? Quali strumenti e quali pratiche deve mettere in campo per dare quel senso più profondo, squisitamente strategico, al suo ruolo? Una risposta viene da Esker, che fornisce una piattaforma cloud in grado di gestire l’automazione dei processi in tutto lo spettro source-to-pay (S2P) e order-to-cash (O2C): “Fare Procurement strategico – chiarisce Alessandro Fortis, Sales Director di Esker Italia – significa avere l’opportunità di prendere decisioni informate sulla gestione del budget e delle spese per poter allocare le risorse in modo adeguato in tutti i reparti aziendali: avere accesso in tempo reale ai dati e alle uscite permette di valutare con oggettività le spese e scegliere i fornitori migliori per incrementare la qualità dei propri prodotti o servizi».

Who's Who

Alessandro Fortis

Sales Director di Esker Italia

Alessandro Fortis

Da questo spunto si aprono svariati scenari: entriamo quindi nel dettaglio.

Un anno decisivo, fra turbolenze geopolitiche e incertezza economica

Il 2024 sarà un anno cruciale per le supply chain globali. Già pesantemente ridisegnate dalla crisi pandemica, le catene di fornitura si confronteranno questa volta con un’inedita e massiccia tornata di elezioni nazionali, con oltre 40 Paesi, pari a più del 50% del PIL mondiale, pronti all’appuntamento con le urne. Lo scenario darà origine a un’inevitabile turbolenza geopolitica, che nel quadro della già diffusa incertezza economica costringerà i CPO a tenere strette le redini delle loro organizzazioni, mettendo in campo tutti gli strumenti e le best practise in grado di garantire performance all’altezza di un contesto tanto articolato.

Trasformazione digitale e sostenibilità al centro delle strategie dei CPO

Per garantire prestazioni sempre migliori è più che mai cruciale, intanto, tenere il passo della trasformazione digitale. Nell’era dell’intelligenza artificiale generativa, le potenzialità di automatizzazione degli approvvigionamenti diventano infatti uno strumento di competitività importante. È infatti già dimostrato che queste sono in grado di facilitare l’approccio a molteplici attività di supply, fra cui la ricerca di mercato, la gestione delle categorie e l’approvvigionamento strategico.

Esker, dal canto suo, lo ribadisce: «Non possiamo più permetterci di gestire i fornitori con processi manuali e obsoleti – fa notare Alessandro Fortis -. Non abbiamo più il tempo di compilare moduli cartacei. Non riusciamo a rispondere a milioni di richieste telefoniche. La scelta, la valutazione, l’onboarding e la gestione dei fornitori e delle attività di Procurement ha bisogno di essere automatizzata per garantire alle organizzazioni una crescita continua e sostenibile».

E in effetti, come ormai apertamente sollecitato da mercato, stakeholder e istituzioni,in questo quadro non vanno scordate le istanze di sostenibilità. Le preoccupazioni del CPO non possono astrarsi dai target ESG delle loro stesse organizzazioni, e anzi, quando questi siano assenti, devono essere loro stessi a indurne l’istituzione. Per essere efficaci nel contesto attuale, le attività dei buyer devono mettere al centro practice responsabili dal punto di vista ambientale, criteri rigorosi di governance e attenzione massima alla conformità normativa. Nel concreto, selezionare una catena di approvvigionamento sostenibile, con il sostegno dei rating ESG e un’attenzione specifica alla quantità e qualità delle emissioni Scope 3, è cruciale nel percorso – ormai imprescindibile – verso Net Zero e Carbon Neutrality.

Processi flessibili per rispondere al mercato

Ma il CPO non può evitare di tener conto anche della complessità del mercato globale. E così, fra le carte da giocare c’è anche e soprattutto l’agilità. Creare un’operatività in grado di adattarsi ai cambiamenti del contesto è fondamentale per centrare gli obiettivi aziendali, migliorando in generale le performance: la chiave sta nel dare priorità a processi di approvvigionamento che possano rispondere rapidamente alle fluttuazioni del mercato e sfruttare le opportunità nascenti. Nel concreto, questo significa stabilire variabili (domanda, situazioni geopolitiche e volatilità dei prezzi sono alcuni esempi possibili) da tenere sotto stretto monitoraggio, in un approccio alla supply chain fondato sui dati e in costante ridefinizione davanti alle necessità degli stakeholder.

CPO e risk management: un rapporto critico

A tutto questo si aggiunge la competenza forse più critica del CPO, sebbene non strettamente legata alle sue mansioni core: la capacità di intercettare e mitigare i rischi. Fra gli strumenti che i Chief Procurement Officer hanno a disposizione per migliorare le performance aziendali, l’incremento della resilienza delle supply chain è infatti uno dei principali. Questo significa implementare strategie di gestione dei fornitori a prova di futuro, con il conforto di controlli di qualità particolarmente rigorosi e di una costante diversificazione, quanto più scalabile possibile, della catena di fornitura.

Diventa quindi centrale la creazione di relazioni solide con i key supplier, attraverso percorsi di collaborazione e impegni condivisi. Secondo quando riferisce ad esempio Esker, riprendendo The 2021 State of AP Report di MineralTree, per il 58% dei professionisti occupati nei reparti Finance mantenere buone relazioni con i fornitori è un aspetto sempre più strategico dell’operatività aziendale, soprattutto in un contesto in cui gli ambienti, le modalità e gli approcci lavorativi cambiano in continuazione.

L’importanza dei dati nella gestione della supply chain

L’approccio data-driven è un’altra delle pratiche che il CPO può attuare per abilitare una gestione efficiente della supply chain. In questo senso le organizzazioni devono rendersi capaci di movimentare dati da più fonti – vedi vendite, inventario e fornitori – allo scopo di analizzarli, elaborarli e farne insights per rimanere competitivi, flessibili e customer-centrici. La gestione della domanda, l’analisi delle spese e la gestione delle categorie possono essere casi d’uso chiave in questo ambito.

Focus sul fattore umano, tra engagement e formazione continua

E mentre un occhio va sempre mantenuto all’ottimizzazione dei costi, grazie a una costante ricerca di valore nell’approvvigionamento (ad esempio con il monitoraggio dei prezzi inflazionistici), altra carta nelle mani del CPO è l’attenzione costante al fattore umano. La gestione della moderna, e complicatissima, catena del valore richiede competenze qualificate, il che rende il reclutamento dei talenti, il loro sviluppo e la cura dell’engagement un fattore chiave per mirare all’efficienza operativa.

Di pari passo, last but not least, è essenziale coltivare i rapporti umani mettendo al centro una cultura di innovazione, dando spazio all’esplorazione di nuove tecnologie, processi e strategie per rendersi proattivi in uno scenario che, dall’Italia al resto del mondo, è ovunque in rapida evoluzione.

Risultato? “Nonostante all’apparenza sembri qualcosa di semplice – tira le somme il Sales Director di Esker Italia -, il significato del termine Procurement è ampio e complesso: quando parliamo della gestione dei fornitori dobbiamo tenere in considerazione molteplici aspetti della vita aziendale, come la valutazione, l’analisi e la selezione dei partner con cui collaborare, la realizzazione di accordi formali e contratti, la gestione degli acquisti e dei pagamenti, l’elaborazione delle fatture. E, aspetto più importante, la gestione delle relazioni». Solo tenendo presenti tutte queste istanze il CPO può fare la differenza, nella consapevolezza che solo il supporto della tecnologia, ormai, può davvero cambiare il destino del business.

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