Per le aziende la fatturazione elettronica verso la PA rappresenta molto più che l’ennesimo adempimento. È infatti l’occasione per fare un salto culturale e capire che non significa semplicemente adattare le proprie procedure per inviare un file in formato elettronico strutturato a un interlocutore – nel caso specifico che sia la PA è quasi secondario -, ma costituisce «un’opportunità che merita di essere compresa nelle sue implicazioni per poter essere poi cavalcata in modo consapevole», secondo Paolo Catti, il Responsabile della Ricerca dell’Osservatorio Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione della School of Management del Politecnico di Milano.
Le aziende che si sono adeguate – o che si adegueranno – alla nuova procedura potrebbero infatti decidere di estenderne l’uso a tutte le loro fatture attive, non solo quelle dirette alla PA. Questo creerebbe uno scenario in cui i benefici della fatturazione elettronica, già evidenziati in passato, potrebbero ricadere su entrambi i lati della transazione (il fornitore e l’acquirente) in tutti i casi, e non solo tra PA e suoi fornitori.
«Qualcuno ha già ipotizzato di strutturare tutti i processi interni, lato attivo, basandosi sul tracciato Fattura PA, a rimarcare il fatto che in fondo questa non è un’innovazione che sa di fantascienza», sottolinea Catti. Ne sono un esempio tangibile A2a, Enel, Telecom Italia e Ferservizi. In particolare quest’ultima ha deciso di gestire il flusso di fatture, in uscita e in entrata, utilizzando un file Pdf associato a un formato elettronico strutturato – omologando in pratica il flusso di fatture con l’utilizzo del tracciato Fattura PA -, così da lasciare la possibilità alle aziende clienti di trattare la fattura come analogica o digitale. Secondo Catti, «questo è un esempio, estremamente positivo, di come si può affrontare in modo consapevole questa parte di innovazione».
Partendo da questi presupposti, il fatto che nel nostro Paese sono circa due milioni i fornitori che inviano fatture attive alla PA fa ben sperare che questo rappresenti un vero e proprio trampolino di lancio per la fatturazione B2b in generale. Di fatto l’obbligo alla fatturazione elettronica consente alle aziende fornitrici della PA di coinvolgere con più facilità il mercato dell’offerta nei flussi digitali, proponendo di ricevere o emettere le fatture usando lo stesso tracciato Fattura PA, almeno per adesso, e aggregando una serie di flussi che difficilmente sarebbero intercettati.
Quindi, laddove un’azienda viva seriamente questa come un’opportunità, a beneficiarne potrebbe essere anche la sua intera supply chain di fornitori e clienti in prima battuta, e in generale l’intero Sistema Paese in termini di competitività. «Se in chiave teorica digitalizzassimo oggi interamente le relazioni transazionali tra cliente e fornitore, non solo lato PA, il beneficio che si potrebbe conseguire sarebbe pari a 60 miliardi di euro all’anno, ovvero un recupero di competitività su cui è possibile costruire un nuovo sviluppo dell’intero Paese», conclude Catti.
Per questo è fondamentale che sin dalle prime battute le aziende non vivano l’obbligo di fatturazione alla PA come una corsa alla digitalizzazione “subito” per trovare un modo per fatturare alla PA. È necessario governare questo passaggio con una prospettiva più ampia, valutando di inserire ad esempio un modello unico per gestire l’intero ciclo attivo verso gli enti pubblici e le imprese, pensando di digitalizzare anche i DDT e non solo le fatture, e spingendo i propri fornitori ad adeguarsi alla ricezione di fatture in formato elettronico strutturato – magari come quelle che si mandano alla PA – per rendere più efficiente anche il ciclo passivo.