Non è il traguardo finale, ma una prima importante tappa. È così che l’Agenzia per l’Italia Digitale considera adesso il termine del 31 marzo, quando la fattura elettronica (nel formato standard) è diventata obbligatoria verso tutte le pubbliche amministrazioni, comprese quelle locali.
I passi da fare sono due, stima l’Agenzia. Da una parte, portare nel registro Ipa le ultime amministrazioni disobbedienti (449, ad oggi: tra cui tante unioni di piccoli Comuni, parchi regionali ed enti per il turismo, l’Unione delle Province italiane, l’Uncem ossia il sindacato della montagna, e numerose federazioni sportive). Dall’altra, «cominciare un monitoraggio sul territorio per sapere quali pubbliche amministrazioni non hanno ancora integrato la fattura elettronica nei propri sistemi di back office e aiutarle in questo passo», dice Maria Pia Giovannini, Responsabile di questo ambito presso l’Agenzia.
È un’attività che si inserisce in quelle di sensibilizzazione già svolte dall’Agenzia presso le PA, con i Digital Champion, tramite webinar organizzati con Forum PA, con l’Anci e altri soggetti. Dal punto di vista pratico, significa che le PA locali saranno assistite nell’upgrade dei propri sistemi (forniti dalle loro software house di riferimenti) o nell’adozione delle soluzioni delle Regioni. A tal scopo, l’Agenzia continua a dialogare con le software house e con le Regioni per lo sviluppo delle funzioni richieste per la fattura elettronica.
Allo stesso tempo, sta incoraggiando la nascita di software per i professionisti che fanno poche fatture. C’è già il servizio di Unioncamere con cui le aziende iscritte alla Camera di Commercio possono fare fino a 24 fatture gratis. Di recente, grazie ad accordi dell’Agenzia con i Consigli degli Ordini, sono arrivati servizi analoghi per commercialisti, geometri e ingegneri. I prossimi saranno gli avvocati. Altri aggiustamenti saranno necessari in corso d’opera. Quelli tecnici sono da considerare fisiologici: è probabile che l’enorme mole di fatture in arrivo produrrà qualche inconveniente, da limare, com’è già successo nel 2014 verso le PA centrali (all’epoca è stato il ministero della Giustizia a doversi dichiarare incapace, per un periodo, a gestire lo straordinario fiume di fatture congelando i pagamenti per mesi).
Passerà del tempo inoltre prima che i fornitori imparino a fare fattura senza errori. Quelle verso la Pa centrale avevano all’inizio un 40 per cento di rigetti per errore di compilazione, dato poi sceso al 13 per cento. Stessa dinamica potrebbe presentarsi per aziende e professionisti che forniscono solo PA locali e che quindi cominceranno solo adesso a prendere la mano con la novità.