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Un “Politecnico Arti e Mestieri” per rifornire di artigiani il Lusso Made in Italy

Il progetto della scuola, promosso da Altagamma (la fondazione presieduta da Andrea Illy), e che potrebbe insediarsi nell’area ex Expo a Milano, è all’esame di Governo e Ministeri competenti. I mercati mondiali pretendono che i prodotti di alta gamma siano materialmente fatti in Italia, spiega Illy

Pubblicato il 03 Dic 2015

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Andrea Illy, presidente di Altagamma

L’industria mondiale dei settori di alta gamma nel mondo ha superato il valore di mille miliardi di euro, e l’Italia rappresenta il 10% di questo mercato, con punte del 40% nel design, del 24% nei beni per la persona, e del 24% nell’alimentare. Sono numeri impressionanti, che danno l’idea di quanto valga quello che viene universalmente riconosciuto e apprezzato come “Lusso made in Italy”. Ma le imprese italiane in questo settore hanno un problema sempre più sentito: la difficoltà di trovare bravi tecnici, specialisti e artigiani, capaci di lavorare metalli, tessuti, alimenti, pelli, pietre, legno, plastica o ceramica.

Sono questi i presupposti alla base del progetto di creazione di una nuova “scuola di arti e mestieri” di altissimo livello, di cui Andrea Illy, presidente di Altagamma, ha recentemente parlato ad alcuni media come Repubblica e Il Piccolo di Trieste.

Secondo una ricerca di SDA Bocconi, le persone occupate direttamente o indirettamente dall’industria italiana di alta gamma sono almeno mezzo milione, ma includendo il settore nautico secondo Illy si arriva addirittura intorno a 800mila posti di lavoro. Non ci sono problemi di disoccupazione in questi campi, anzi la criticità è casomai quella contraria: la difficoltà del ricambio generazionale, legata alla crisi di vocazione tra i giovani e alla difficoltà di trasmettere queste competenze, acuita dalla forte frammentazione del sistema formativo delle scuole professionali e degli istituti tecnici statali.

La soluzione ideata da Altagamma è quindi quella di una sorta di “Politecnico del saper fare” di altissimo livello, da posizionare a Milano, possibilmente nell’area di Expo – dove già si parla più o meno concretamente di collocazioni dell’Università Statale di Milano, di Assolombarda e di altri centri di ricerca. L’operazione sarà promossa da una fondazione a cui deve aderire qualche centinaio di imprese (Il Piccolo di Trieste parla di oltre 300 imprese che si sono già fatte avanti), oltre ad associazioni ed enti (si parla di Regione Lombardia, Unioncamere, il Mise e alcune università e istituti di formazione) per garantire le risorse necessarie ad avviare un centro di formazione del genere.

Illy è anche molto ottimista sull’appoggio della politica, parlando di un clima favorevole al made in Italy di fascia alta, e in particolare della fortissima sponsorship del viceministro allo Sviluppo Economico Carlo Calenda, «che ci mette in condizione di passare alla fase operativa di una fondazione mista pubblico/privata». Il dossier, intitolato “La Scuola politecnica del saper fare italiano. Un progetto per il potenziamento della formazione tecnica e professionale”, sarebbe già all’esame di Palazzo Chigi e dei Ministeri dell’Istruzione e dello Sviluppo economico.

Se il Governo darà velocemente alla Scuola riconoscimento istituzionale, inquadramento normativo e parte delle risorse, la fase operativa partirà dal prossimo anno e i corsi prenderanno il via entro tre anni, sfornando a regime 500 diplomati all’anno. Persone, come dice Illy, «che non siano solo impegnate solo sul cosa produrre, ma anche sul perchè».

Più in dettaglio, nei piani il “Politecnico del saper fare” sarebbe un polo tecnologico formativo composto da tre scuole di eccellenza: un Istituto tecnico, un Istituto professionale, e un Istituto Tecnico Superiore (ITS). Gli ITS per la cronaca sono scuole ad alta specializzazione tecnologica attivi solo da due anni (ce ne sono solo un’ottantina sul territorio nazionale) di livello terziario (cioè parallelo alle università), e di solito biennali, che conferiscono il titolo di Tecnico Superiore in varie discipline del Made in Italy, della mobilità sostenibile, dell’efficienza energetica, delle biotecnologie e delle tecnologie innovative per i beni e le attività culturali, per l’informazione e comunicazione. Il polo sarà fisicamente collocato in un opificio, ossia in un edificio di pregio visitabile nell’area dell’Expo.

«I mercati mondiali sempre più pretendono che i prodotti di alta gamma siano materialmente fatti in Italia – ha spiegato Illy a Repubblica -. Il consumatore chiede e sempre più chiederà autenticità e qualità, che ci è riconosciuta. Su questa base in primis sta avvenendo un importante fenomeno di reshoring industriale. Siamo riconosciuti leader su moda, design, alimentare, nautica, wellness, real estate, ci manca solo l’high tech. Ebbene, la Scuola serve ad alimentare questa enorme potenzialità di ulteriore sviluppo. Occorre riscoprire e potenziare “l’intelligenza delle mani”, di cui ci fa dono la nostra storia».

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