L’Italia è il Paese europeo con il maggior numero di Mpmi (micro, pccole, medie imprese). Sono 3,8 milioni, poco meno di un quinto di tutte quelle dell’Unione europea. E se nella Ue le Mpmi danno lavoro complessivamente a 89 milioni di persone su un totale di 133 milioni. In Italia l’80% di tutti i lavoratori del settore privato svolge la propria attività presso realtà con meno di 250 addetti, mentre soltanto uno su 5 lavora per grandi imprese. Sono alcune delle cifre presentate durante l’assemblea annuale di Rete Impre se Itala, l’Associazione che riunisce Casartigiani, Cna, Confartigianato, Confcommercio e Confesercenti.
“Le imprese che fanno grande l’Europa” è il titolo del rapporto presentato che racconta come il 7,1% del valore aggiunto dell’intera Unione europea arrivi proprio dalle imprese della Penisola, mentre le aziende italiane di grandi dimensioni si fermano al 3,3%.
Eccellente la situazione dell’export. Le Mpmi che operano stabilmente sui mercati internazionali sono complessivamente 188.709: un numero che non ha eguali in nessun altro Paese europeo. Per quanto riguarda gli scambi intra‐comunitari, le aziende esportatrici italiane sono il 22% in più di quelle tedesche, il 32% in più di quelle britanniche ed il 56% in più di quelle spagnole, mentre sui mercati extra‐europei sono il 46% in più di quelle francesi.
Dopo la Germania, l’Italia è il secondo Paese europeo per valore delle esportazioni delle Mpmi sia per quel che riguarda il mercato comunitario che con riferimento ai mercati extra‐europei. Dati che portano l’Italia a essere l’unico tra i grandi Paesi dell’Unione europea in cui la bilancia commerciale delle Mpmi è in attivo (per 12,6 miliardi di euro)
A proposito dell’Europa, nel periodo 2007‐2013 l’Italia ha versato complessivamente nelle casse dell’Ue 106,1 miliardi di euro, ricevendone in cambio 64,9 miliardi. La partecipazione italiana al budget comunitario corrisponde al 12,8% delle somme che Bruxelles riceve e al 10,2% di quelle che eroga.
Le risorse comunitarie ricevute dall’Italia per rafforzare la competitività del tessuto produttivo ammontano invece nel 2012, a 878 milioni di euro: meno di quante ne sono giunte in Germania, Francia, Regno Unito, Spagna e Belgio.
Sul fronte dei finanziamenti europei, le Mpmi italiane che hanno partecipato al VII Programma Quadro dell’Unione europea si sono aggiudicate il 9,6% delle risorse destinate alle aziende europee, per un totale di 308 milioni di euro.
La quota del budget del VII Programma Quadro (Cooperazione) che le Mpmi riescono ad intercettare in Italia è pari al 15,9%, al di sotto della media europea e più bassa rispetto a quella di Paesi come Francia o Germania, nei quali l’importanza relativa delle aziende di minori dimensioni è più modesta.
Rimane bassa la quota di risorse comunitarie utilizzate dalle aziende. Le risorse disponibili attraverso l’utilizzo dei fondi strutturali europei 2007‐2013 ammontano, per l’Italia, a 55 miliardi di euro (di cui 28 miliardi di contributo comunitario e 27 di cofinanziamento nazionale).
Appena il 18% di tali fondi è stato utilizzato, in maniera diretta o indiretta, a vantaggio del sistema imprenditoriale nazionale.
Ce n’è anche per lo Small business act. Su 10 aree tematiche relative a politiche e misure per le Mpmi, l’Italia ha una situazione migliore rispetto alla media comunitaria per quel che riguarda 1 indice solamente contro 8 indici per la Gran Bretagna, 7 per la Germania, 5 per la Francia e 4 per la Spagna.
Non poteva mancare un accenno al problema del credito. In poco più di 24 mesi, per le imprese italiane lo stock di prestiti concessi si è ridotto dell’11,3%, passando da 926 a 821,5 miliardi di euro.
Secondo un sondaggio della Bce, il 53,2% delle grandi imprese sta facendo ricorso a prestiti bancari. Tra le aziende di minori dimension, la percentuale scende al 38,9% con operazioni che in media non superano i 250 mila euro
E se andiamo a vedere la percentuale di domande accolte per intero, in Germania è pari all’86%, 73% in Francia e meno del 53% in Italia che è anche il Paese con primato del numero di richieste integralmente respinte: il 13,6%, a fronte del 7,5% della Francia e appena dell’1,4% della Germania.