Ricerche

PMI, qualità e innovazione: un’economia a misura di export

Uno studio di Confartigianato e Symbola sulle realtà sotto 50 addetti certifica che l’Italia è seconda in Europa per numero di aziende che negli ultimi tre anni non hanno rinunciato a innovazioni di processo o di prodotto. E ai primi posti anche in termini di vendite all’estero, valore medio unitario dei prodotti e investimenti nella green economy

Pubblicato il 07 Mag 2015

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Il futuro delle PMI italiane appare tutt’altro che buio, anzi, sarà di notevole aiuto per lo sviluppo dell’economia nazionale. Sono proprio le loro caratteristiche uniche, quali versatilità, velocità di reazione e competenze, le risorse alle quali affidarsi per lasciarsi alle spalle il periodo difficile. In tutto questo, un ruolo importante lo gioca una spiccata propensione a innovare, ben oltre la media europea.

Questo quadro incoraggiante è il risultato del lavoro condotto da CNA (Confartigianato) e Symbola, integrando i dati legati alla propria attività con altri rilevati da Eurostat, Un-Comtrade, Istat e Unioncamere. Un lavoro raccolto nel rapporto “Le PMI e la sfida della qualità: un’economia a misura d’Italia”, secondo il quale le nostre piccole e medie imprese hanno tutte le carte in regola per emergere, puntando sul potenziale della qualità e di una visione a lungo termine.

L’Italia infatti può vantare il secondo posto in Europa, dietro solo alla Germania, per numero di aziende disposte negli ultimi tre anni a non rinunciare a innovazioni di processo o di prodotto (65.481), con l’obiettivo di elevare il livello qualitativo delle proprie attività. A smentire le convinzioni secondo cui a frenare le PMI italiane è prima di tutto la dimensione ridotta: oltre l’80% di quelle segnalate ha meno di 50 addetti.

Inoltre la visione lungimirante è ribadita dal 51% di realtà che nel 2014 poteva vantare almeno un green job, più del Regno Unito (37%), della Francia (32%) e in questo caso anche della Germania (29%). Puntare sulla sostenibilità e sulla qualità ambientale, con la relativa tecnologia, viene considerata dagli autori del Rapporto come «una scelta strategica che guarda al futuro, che già oggi ci garantisce primati: 341.500 le aziende italiane (il 22% del totale, addirittura il 33% nella manifattura) che dal 2008 hanno investito nella green economy, guadagnando in termini di export (tra le manifatturiere, il 44% di quelle che investono green esportano stabilmente, contro il 24% delle altre) e di innovazione (30% contro 15%)».

Alla base di questi risultati, una spiccata vocazione manifatturiera, grazie alla quale primeggiare nel Vecchio continente. Con 77,3 miliardi di Euro, le PMI italiane contribuiscono per il 22,1% al valore aggiunto prodotto in Europa dalle imprese della manifattura fino a 50 addetti. Si tratta del valore più alto tra i paesi Ue, dove la Germania arriva al 18,5% (64,8 miliardi di euro), la Francia al 13,3% (46,5 miliardi di euro), Il Regno Unito si ferma all’11,1% (38,7 miliardi di euro), la Spagna all’8,9% (31,1 miliardi di euro).

I vantaggi sono evidenti soprattutto in ottica esportazione, con un effetto traino molto superiore rispetto alle piccole e medie imprese degli altri Paesi europei. Tra le imprese manifatturiere esportatrici italiane, 88.952 in tutto, quelle sotto i 50 addetti sono nove su dieci: 79.947 (89,9%). In Germania, le PMI esportatrici sono 46 mila, il 67% del totale delle manifatturiere nazionali che esportano. Anche limitandosi alle micro-imprese sotto i 10 addetti, l’Italia conferma la prestazione, con 44.749 aziende esportatrici, a fronte delle 24.209 tedesche. Sul totale delle PMI europee che vendono all’estero i propri prodotti, una su quattro (25,3%) è italiana; quelle tedesche sono il 14,5%; seguono, a distanza, le imprese francesi (7,8%), britanniche (6,9), polacche (6,8%) e spagnole (6,1%).

Fattore distintivo nel confronto europeo è spesso la qualità, Nell’ultimo decennio le produzioni italiane hanno registrato una crescita qualitativa superiore alla media. Dall’introduzione dell’euro, infatti, l’Italia ha visto i valori medi unitari dei propri prodotti salire del 39%, contro il +36,4% del Regno Unito. Dinamiche inferiori per Spagna (+30,6%) e Francia (+26,9%). In questo caso, la Germania, ultima tra i grandi Paesi comunitari, ha mostrato una dinamica più contenuta (+22,9%).

Una buona parte del merito è da ricondurre alla capacità di innovare, molto radicata in ambito PMI. L’Italia è infatti il secondo paese in Europa per numero di aziende (65.481) che negli ultimi tre anni hanno rimodernato processi o prodotti. Di meglio c’è solo la Germania, con 90.395 aziende. Seguono, ma a livelli decisamente inferiori, Regno Unito (44.623), Francia (37.924) e Spagna (24.159). Delle oltre 65mila imprese citate, quasi 54mila, più dell’80%, hanno meno di 50 addetti, smentendo quindi come le dimensioni possano rivelarsi un ostacolo all’innovazione.

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