Dalla crisi si esce con l’export. E’ la tesi del
rapporto Unioncamere secondo il quale nel 2012 le
esportazioni dovrebbero crescere del 2,8% in termini
reali. Il Nord-est, con il Veneto in prima fila, è la
locomotiva con il 3,1%, seguito dal Centro con il 3%, Toscana in
pole, e seguito a ruota dal Nord-Ovest che salirà del 2,8% con
la Lombardia come regione guida.
Questo sforzo è però ostacolato dal “nanismo” delle
imprese italiane, sostiene Unioncamere. Oltre alle ridotte
dimensioni, tra le motivazioni che non consentono a
imprese “potenzialmente” esportatrici di sbarcare
fuori della Penisola ci sono anche i costi
troppo elevati, difficoltà logistiche, prodotto poco
competitivo. Problemi che rischiano di pesare parecchio
sullo sviluppo della aziende italiane in un momento in cui
all’estero si allarga la fascia dei nuovi ricchi.
Secondo le previsioni in tutto il Mondo sono previsti 192 milioni
di nuovi ricchi nel 2017 in più rispetto al 2011. Cina, India e
Brasile raccolgono circa la metà degli aderenti al gruppo che si
arricchisce anche con gli arrivi da Russia, Turchia e Polonia.
Spazio per il Made in Italy
Per il made in Italy, sostiene un’analisi di Confindustria,
c’è spazio. Le importazioni dai Paesi
emergenti di prodotti belli e ben fatti (BBF, beni di
fascia medio-alta non di lusso dei settori dell’alimentare,
abbigliamento e tessile casa, calzature e arredamento)
aumenteranno del 48% con 136 miliardi entro il
2017, 44 miliardi in più rispetto al 2011.
In questo segmento, secondo “Esportare la dolce
vita”, un report di Confindustria, l’Italia nel 2010
deteneva una quota del 7,9% che, se inalterata, potrebbe crescere
di 3,2 miliardi di euro entro il 2017. Secondo l’indagine
le vendite italiane all’estero di BBF hanno realizzato
ricavi per 51 miliardi di euro nel 2011, il 14% del totale delle
esportazioni manifatturiere italiane. Il 36% viene
dall’alimentare, il 32% dall’abbigliamento e tessile
casa, il 14% dalle calzature e il 18% dai beni d’arredo.
Un fatturato che è andato a oltre 13mila imprese che
rappresentano l’80% delle aziende esportatrici e
appartengono ai quattro settori considerati e il 20% del totale
delle imprese manifatturiere esportatrici italiane. Si tratta di
aziende localizzate spesso nei distretti con un’elevata
vocazione internazionale. Per questo tendono a vendere
all’estero una gamma più vasta di prodotti ed esportano in
un maggior numero di paesi.