Per essere governate, anche nella piccola e media impresa, le tecnologie che andranno a comporre il mosaico dell’Industria 4.0 avranno bisogno di professionalità con competenze specifiche e allo stesso tempo trasversali. Una delle competenze strategiche richieste è la capacità di collaborare con le risorse di altre divisioni, creando una rete di profili – non solo IT – in grado di sfruttare i nuovi strumenti a vantaggio del business.
È quanto sottolinea Carlo Capè, Amministratore Delegato di Bip e Presidente di Assoconsult, in un articolo a sua firma pubblicato su Agendadigitale.it. Capè ha evidenziato le opportunità offerte dal Piano Industria 4.0 con cui il Ministero dello Sviluppo Economico ha annunciato un impegno pubblico per circa 13 miliardi di euro in tre anni a sostegno dell’innovazione digitale, con agevolazioni fiscali sugli investimenti per i “nove pilastri” della quarta rivoluzione industriale (dalla cyber-security all’Internet industriale, passando per la realtà aumentata e virtuale).
«Le opportunità di crescita e produttività sono estremamente allettanti, ma è anche vero che tutto ciò implica un mondo di nuove tecnologie virtualmente infinito e in continua espansione», scrive Capè. «Da qui nasce la consapevolezza che, viste le innumerevoli sfide del business e gli infiniti nuovi strumenti tecnologici per affrontarle, il numero di soluzioni possibili per creare valore è destinato a crescere in maniera esponenziale». Ma, considerata tale vastità di opportunità, è soprattutto per le PMI anche molto facile perdersi inseguendo la chimera della Smart Factory.
Secondo il presidente di Assoconsult la soluzione per riuscire a navigare in questo mare magnum, e trarne gli innumerevoli vantaggi e opportunità di crescita, sta appunto nelle competenze specifiche, sia interne che esterne alle aziende. «È in questo contesto che le figure del Chief Information Officer e del Chief Innovation Officer stanno prendendo sempre più piede all’interno delle medie e grandi aziende del mondo. In qualità di esperti di tecnologie, innovazione e change management, il loro ruolo è centrato intorno alla gestione del continuo processo innovativo, ormai necessario per competere e stare al passo con i cambiamenti in atto. Laddove le dimensioni dell’azienda lo permettano, tali figure possono fare da guida al cambiamento».
Malgrado un simile profilo di alto livello sia ormai essenziale, è probabile però che questo non sia sufficiente per le esigenze dei singoli progetti. Capè suggerisce di istituire una struttura gerarchica operativa guidata da un Project Manager e composta da vari tecnici, esperti nei singoli aspetti progettuali, ma flessibili e multiformi, tra i quali gli Architetti delle infrastrutture hardware e delle applicazioni software, gli esperti di integrazione, i Data Scientist, gli esperti di intelligenza artificiale e di reti neurali artificiali, i Product Designer e gli esperti di user experience, gli esperti di social innovation e di co-creation, di marketing e di
comunicazione.
«Nonostante la vasta quantità e varietà delle competenze necessarie per innovarsi – e per innovare – l’obiettivo della digitalizzazione è del tutto alla portata anche delle imprese di minori dimensioni, grazie da una parte al sostegno di soggetti istituzionali come Confindustria, Confindustria Digitale e associazioni territoriali che costituiscono un polo di riferimento per le PMI e possono guidarle all’innovazione tramite, per esempio, i Competence Centers diffusi sul territorio e i Digital Innovation Hub, entrambi pensati per le sfide dell’Industria 4.0», nota Capè, aggiungendo che Assoconsult, l’associazione di categoria della consulenza di management, sta svolgendo un’intensa attività di sensibilizzazione attraverso il territorio italiano. «Il supporto di soggetti esterni – consulenti in particolare – costituisce una preziosa risorsa anche per le aziende di medie e grandi dimensioni, poiché permette una visione oggettiva e d’insieme altrimenti difficilmente raggiungibile», chiosa il manager.