Studi e ricerche

I manager italiani: non capiamo l’ICT, per questo non investiamo

Un’indagine di Impresa Digitale su 500 aziende italiane, quasi tutte PMI, rivela che chi le gestisce è consapevole dei benefici della digitalizzazione dei processi, ma non ritiene di avere le competenze e gli strumenti per valutare le tecnologie

Pubblicato il 05 Giu 2014

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I top manager delle aziende italiane, e in particolare delle piccole e medie imprese, sono perfettamente consapevoli che digitalizzare i processi delle imprese che gestiscono è utile, anzi è indispensabile per essere competitivi. Eppure non investono in ICT. Perché? Non solo per un problema di difficoltà a ottenere finanziamenti, ma soprattutto perché i manager non ritengono di avere le competenze e gli strumenti per valutare come e dove introdurre le nuove tecnologie, e misurarne i risultati.

E’ l’interessante conclusione di un’indagine online sulla “Digital Transformation”, effettuata tramite un questionario della SDA Bocconi proposto su Impresa Digitale, il portale di Repubblica/Affari e Finanza e IBM Italia, e compilato da 500 aziende, di cui il 68% di piccole e il 30% di medie dimensioni. Una prima sorpresa quindi è il livello di consapevolezza dei manager italiani – hanno risposto non solo CIO e CTO, ma anche direttori operativi, marketing e amministrativi – sull’importanza della digitalizzazione: i dati relativi all’attenzione verso le tecnologie digitali sono notevolmente più alti di quelli dell’effettiva adozione.

Come anticipato, le tipologie di problema sono due, spiegano i ricercatori SDA: uno è il classico rischio molto alto degli investimenti in ICT percepito sia dai manager, sia dalle banche e dagli investitori finanziari che devono decidere l’erogazione dei finanziamenti. Una percezione che, sommata al “credit crunch” provocato dalla crisi economica, rende molto difficile per le imprese procurarsi risorse dall’esterno. L’altro è la consapevolezza che esiste un forte gap di competenze interne, non solo a livello di tecnici che devono gestire le applicazioni digitali, ma soprattutto a livello di management che le deve valutare e selezionare.

Una conseguenza è la distribuzione delle risorse che alla fine si riescono a destinare agli investimenti in ICT: secondo le risposte all’indagine, finora sono state digitalizzate soprattutto le funzioni amministrative e gestionali (53% del campione), mentre tutte le altre hanno percentuali molto più basse, così come la fruizione via Mobile dei principali processi aziendali.

Questo significa che le imprese italiane finora hanno investito in buon numero solo nella prima fase della digitalizzazione: quella dell’automazione e della dematerializzazione, che produce i più evidenti risultati in termini di taglio di costi (e posti di lavoro). Manca un salto culturale, quello che richiede di saper valutare e introdurre applicazioni che cambiano completamente processi, organigrammi, ruoli e modalità di interazione con i clienti e sviluppo dei prodotti, dall’e-commerce alle piattaforme social.

È un problema sistemico, spiegano i ricercatori, che le imprese non possono affrontare da sole perché presuppone una revisione degli stessi concetti di base della formazione universitaria in Italia, che per ora forma figure ben distinte di manager tecnologici, e di executive gestionali che non hanno le basi sufficienti per un approccio moderno ed efficace all’IT management.

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