L’applicazione in Italia dei principi della digitalizzazione nei settori manifatturieri, la cosiddetta “Industria 4.0”, è al centro di un continuo dibattito in questi mesi.
Per dare alla politica un’idea realistica dei possibili impatti e delle sfide in Italia di “Industria 4.0”, due top manager di Boston Consulting Group – Giuseppe Falco e Jacopo Brunelli, rispettivamente Amministratore Delegato e Senior Partner, e Principal di BCG Italia, Grecia e Turchia – hanno tenuto pochi giorni fa un’audizione davanti alla decima Commissione Attività Produttive della Camera dei Deputati.
La competitività sui mercati manifatturieri sta rapidamente cambiando, hanno spiegato Falco e Brunelli: l’Italia, pur essendo al settimo posto mondiale tra i Paesi esportatori, risulta tra i meno competitivi per i costi di produzione, al 20° posto su 25. Inoltre tra i Paesi avanzati l’Italia è, insieme alla Francia, quella che ha perso più competitività negli ultimi 10 anni.
Questo perché il manifatturiero italiano è oggi penalizzato da molti fattori strutturali sfavorevoli, di cui i tre principali per BCG sono l’alto costo del lavoro, l’alto costo dell’energia, e l’assenza di materie prime, che vanno importate con relativi costi di trasporto.
«Per recuperare competitività il manifatturiero italiano deve quindi puntare su due leve: un’offerta di prodotti ad alto valore aggiunto che con prezzi di vendita “premium” controbilancino il loro alto costo di produzione in Italia; e un aumento della produttività grazie all’uso di nuove tecnologie digitali e di automazione – in primis Internet of Things, machine-to-machine, Big Data, additive manufacturing (le applicazioni industriali della stampa 3D) e prototipazione virtuale – che abilitano appunto la Industry 4.0».
Industry 4.0 rappresenta una grande opportunità per le aziende italiane, addirittura un percorso obbligato, hanno detto Falco e Brunelli alla Commissione. L’espressione Industrie 4.0 è nata in Germania. Nel 2012 il governo tedesco ha chiesto indicazioni a un gruppo di lavoro con rappresentanti della grande industria e della ricerca per impostare una politica industriale capace di “garantire un futuro all’industria manifatturiera tedesca”. È nato così Industrie 4.0, uno dei 10 “progetti per il futuro” della High-Tech Strategy 2020 del governo tedesco, che ha stanziato oltre 300 milioni di euro per favorirne lo sviluppo.
«Stimiamo che Industry 4.0 genererà una crescita di circa l’1,1% annuo del PIL tedesco, cioè circa 40 miliardi di euro annui di ricavi aggiuntivi, e circa 400 mila nuovi posti di lavoro da qui a 10 anni. I settori più coinvolti saranno automobilistico, alimentare, componentistica meccanica ed elettrica, costruzione di macchinari e automazione industriale. Essendo questi tra i settori industriali più importanti anche in Italia, l’esempio tedesco dà un’idea concreta dei benefici che può avere una larga applicazione di Industry 4.0 sulla nostra economia».
Anche le istituzioni italiane, suggerisce quindi BCG, devono fare di Industry 4.0 una priorità e cominciare fin da subito a pianificare azioni precise. «Riteniamo fondamentale avviare al più presto un gruppo di lavoro che coinvolga Istituzioni, imprese, università e associazioni di categoria per valutare gli impatti che la rivoluzione industriale in atto avrà sul nostro comparto manifatturiero nei prossimi 10-15 anni». Molto simile in questo è la posizione assunta dall’Osservatorio Smart Manufacturing del Politecnico di Milano, che alla presentazione del più recente report ha auspicato un PIano Nazionale simile a quello di altri Paesi, come Germania, USA e UK.
BCG ha individuato quattro grandi sfide poste dalla rivoluzione digitale e che vanno affrontate e indirizzate in maniera sistematica e al più presto.
La prima riguarda il mondo del lavoro. «Abbiamo visto che in Germania la rivoluzione industriale genererà circa 400 mila nuovi posti di lavoro, ed è ragionevole che – a parità di condizioni – un andamento analogo si verifichi anche in Italia. Questo però presuppone profondi cambiamenti del mercato del lavoro. Caleranno le richieste di lavoro manuale non specialistico e aumenteranno quelle di figure fortemente qualificate, quali programmatori, sviluppatori di software, specialisti di meccatronica. Occorrerà quindi avere chiari i nuovi profili di cui Industry 4.0 avrà immediatamente necessità, e riconvertire molte figure professionali».
La seconda sfida di conseguenza riguarda la scuola. «Per formare le nuove figure professionali richieste dovremo cambiare il nostro sistema educativo, sia nella sua offerta di percorsi formativi, sia nelle metodologie di apprendimento, sin dalle prime classi. Inoltre sarà cruciale migliorare la capacità dell’Italia di mantenere le sue risorse di pregio, e anche di attrarre talenti dall’estero».
La terza sfida è il finanziamento della trasformazione delle imprese, particolarmente critica in Italia visto che la nostra industria è fatta prevalentemente di PMI, che strutturalmente hanno difficoltà a trovare risorse.
«In Germania si stima che per il “passaggio” all’industria digitalizzata serviranno 250 miliardi di euro in 10 anni. Le Istituzioni italiane devono assumere un ruolo centrale nel favorire l’aggregazione di risorse sia pubbliche sia private per finanziare la transizione della nostra industria. Inoltre riteniamo necessario un consolidamento nei vari settori per creare eccellenze nazionali capaci di esportare tecnologie e prodotti. In particolare pensiamo sia vitale creare uno o più Campioni italiani nel campo dell’automazione industriale».
Infine la quarta sfida. «Per competere sui mercati internazionali e favorire gli investimenti dall’estero, il nostro Paese ha bisogno di dotarsi di un quadro normativo
semplificato, certo e stabile nel tempo. Alcuni svantaggi strutturali, come l’alto costo del lavoro e dell’energia, possono essere mitigati da normative che favoriscano e sostengano liberalizzazioni e flessibilità».
In conclusione, hanno detto Falco e Brunelli, «riteniamo che la rivoluzione digitale rappresenti un’enorme opportunità per il nostro Paese e per le nostre imprese per rilanciarsi nello scenario competitivo globale, facendo leva sulle nostre comprovate eccellenze industriali. Dalla nostra capacità di governare e vincere le quattro sfide elencate dipende il futuro del comparto manifatturiero italiano, nonché la salute della nostra economia e società».
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