Qualche giorno fa il Decreto Legge n. 3 del 24 gennaio 2015, detto “Investment Compact”, ha introdotto una fondamentale novità per le piccole e medie imprese nei settori ad alta innovazione, equiparandole alle startup, rispetto alle quali in effetti spesso differiscono solo per l’anno di nascita. Questa novità, ovvero la definizione di “PMI innovative” nel decreto, è particolarmente importante perché apre a queste realtà l’accesso ad agevolazioni e incentivi riservati finora solo alle startup dal decreto “Crescita 2.0” del 2012. L’obiettivo dichiarato è di promuovere la competitività del tessuto produttivo nazionale stimolando l’innovazione tecnologica in una più ampia platea di imprese.
Per essere definite come “innovativa”, una PMI deve avere tre requisiti. Il primo è non essere quotata in borsa. Il secondo è avere l’ultimo bilancio certificato. Il terzo è possedere almeno due su tre delle seguenti caratteristiche: spese in ricerca e sviluppo pari o superiori al 3% del maggiore importo tra costo del lavoro e valore totale della produzione (da cui vanno escluse le spese per immobili); almeno un quinto dei dipendenti o collaboratori altamente qualificato; almeno un brevetto o marchio relativi ai campi industriale o biotecnologico.
Oltre a questo naturalmente occorre essere una piccola e media impresa secondo la definizione della raccomandazione 2003/361/CE, ossia avere meno di 250 dipendenti e fatturato annuo inferiore a 50 milioni e attivo dello stato patrimoniale inferiore a 43 milioni. Una realtà che soddisfi questi requisiti – come spiega EconomyUp, in particolare con un articolo di Mattia Corbetta, membro della Segreteria tecnica del Ministero dello Sviluppo Economico – può iscriversi a un’apposita sezione speciale del Registro delle Imprese (diversa dalla sezione speciale delle startup) e accedere a diverse agevolazioni tipiche delle startup.
Una è la possibilità di remunerare il personale con stock option e i fornitori con il modello del “work for equity”. Le piccole imprese innovative possono quindi attirare talenti proponendo sistemi di compenso legati ai risultati. Le stock option, come è noto, sono delle opzioni che consentono a chi le detiene di acquistare le quote di una società a un prezzo predeterminato. Se l’andamento di un’azienda è positivo, quindi, il collaboratore può, in virtù della stock option, acquistare quote a un valore più basso rispetto a quello di mercato e beneficiare della plusvalenza. La formula, molto utilizzata nelle grandi compagnie per la retribuzione dei top manager, ha il vantaggio di far risparmiare sui costi del lavoro e di motivare chi lavora.
Il work for equity è il sistema analogo che vale per i fornitori. In determinati casi, alcuni fornitori di beni, ma soprattutto di servizi (commercialisti, avvocati…), possono accettare di ricevere come pagamento per le proprie prestazioni alcune quote della società: a fronte della cessione di equity, la PMI ne “guadagna” in capitale umano perché chi accetta il work for equity è di solito un libero professionista che può essere utile nella gestione della società.
Una seconda possibilità è quella di raccogliere capitali su portali online di “equity crowdfunding”. Quando il decreto Investment compact sarà operativo, quindi, le PMI innovative potranno lanciare campagne online per finanziare i propri progetti attraverso le piattaforme ad hoc autorizzate dalla Consob. Le iniziative potranno essere sottoscritte sia da persone fisiche (per un massimo di 500 euro a investimento) sia da persone giuridiche (con il limite di 5mila euro a investimento). Così come per le startup, il completamento della raccolta può avvenire soltanto se il 5% dell’importo richiesto è finanziato da un investitore istituzionale: una norma che da una parte può limitare il successo di alcune iniziative, ma che dall’altra tende a dare più garanzia di affidabilità all’investitore singolo.
Un terzo beneficio è l’estensione a chi investe nelle PMI innovative delle agevolazioni fiscali previste per chi investe in startup innovative. In questo caso però possono godere di questo beneficio solo le aziende che sono in attività da meno di sette anni. Nello specifico, le persone fisiche che scelgono di investire su PMI innovative godono di uno sgravio fiscale del 19% (fino a un massimo di 500 mila euro), mentre le persone giuridiche godono di uno sgravio del 20% (fino a un limite massimo di 1,8 milioni).
Altri benefici sono per esempio la dilatazione nell’applicabilità del regime delle perdite, e il sostegno ad hoc da parte dell’agenzia ICE. Restano invece vantaggi esclusivi delle startup innovative le agevolazioni previste dal decreto crescita 2.0 in materia di lavoro e di diritto fallimentare, nonché programmi come il nuovo bando Invitalia Smart & Start.