Qual è lo stato di diffusione e maturità delle soluzioni di Analytics, Business Intelligence e Big Data nelle PMI (piccole e medie imprese italiane)? A questa domanda ha cercato di rispondere l’Osservatorio Big Data Analytics e Business Intelligence del Politecnico di Milano nel recente report 2017, coinvolgendo un campione di 947 imprese tra 2 e 249 addetti, statisticamente rappresentativo dell’intera popolazione delle microimprese e PMI italiane.
In generale l’indagine rileva che gli investimenti in questo campo sono cresciuti del 18%, cioè in modo significativo, ma i tassi di incremento più alti sono nei segmenti più tradizionali dell’analisi dei dati.
La diffusione di sistemi di Big Data Analytics si attesta intorno al 7% in media, ma qui il fattore dimensionale incide fortemente. Le rilevazioni, infatti, mostrano che per le microimprese è ancora prematuro parlare di Big Data Analytics, in parte perché non sono strutturate internamente per sfruttarne le potenzialità e, in parte, perché non ne percepiscono l’utilità. Per questo l’attenzione dei ricercatori si è concentrata sulle imprese con almeno 10 addetti. Tra queste, un’azienda su cinque dichiara di avere progetti di Big Data Analytics in corso (dato che sale al 24% per le aziende tra 50 e 249 addetti), ma circa un quarto si riferisce a progetti in fase pilota.
Lo spaccato per area geografica mostra un Nord Ovest largamente sopra la media nazionale. Seguono, nell’ordine, le regioni del Centro, del Mezzogiorno e del Nord Est. L’analisi per settori rivela che le aziende dell’ICT e dei Media si confermano sia le più innovative, sia le più interessate a introdurre tecnologie Big Data nel prossimo futuro. A seguire, il settore del commercio mostra una buona diffusione, mentre il mondo dei servizi finanziari e assicurativi si dimostra il più interessato a sviluppare iniziative nel breve periodo.
Approfondendo poi l’analisi solo sulle PMI che hanno adottato o hanno intenzione di adottare a breve soluzioni tecnologiche Big Data, nel processo decisionale che porta ad avviare questi progetti, l’aspetto più critico risulta la difficoltà di stimare i benefici degli investimenti. Seguono i problemi di carenza di competenze adeguate, tanto scarse internamente quanto difficili da reperire all’esterno. La gestione degli aspetti di security e privacy è ritenuta complessa da una PMI su dieci, mentre risultano meno critici gli aspetti tecnologici.
Passando alle esigenze principali che spingono una piccola o media impresa ad adottare soluzioni Big Data, quasi 3 su 5 ritengono che l’opportunità principale è cogliere nuove opportunità di business. Inoltre, tra le aziende con almeno 50 dipendenti, emerge in parallelo la volontà di ottimizzare i processi, in termini di efficienza ed efficacia. L’esigenza di rendere più efficaci le campagne di marketing si posiziona al terzo posto, a testimonianza di una trasversalità delle soluzioni Big Data riconosciuta anche dalle aziende più piccole.
Infine i ricercatori hanno approfondito la ricerca di nuove professionalità, come si è detto un fattore di particolare rilevanza. Risulta che circa 3 PMI su 5 che utilizzano o hanno intenzione di utilizzare a breve i Big Data hanno assunto persone specializzate. Si tratta però in larga parte più di esperti di strumenti informatici che di statistica o project management. Questo risultato fa pensare che le piccole o medie imprese, tendenzialmente, non siano ancora alla ricerca del Data Scientist, inteso come un profilo composito in grado di far incontrare conoscenze informatiche, di business e capacità di spiegare le analisi in termini comprensibili ai diversi interlocutori aziendali.
L’approccio con cui le organizzazioni con meno di 250 addetti affrontano i Big Data Analytics, insomma, per ora risulta piuttosto tradizionale: seppur sviluppata con tecnologie innovative, l’analisi dei dati permane una prerogativa dell’IT, se non un argomento così complesso da dover richiedere in modo sistematico la consulenza di società esterne specializzate.