Il lavoro che cambia

Lavoratori digitali e riders, urge una disciplina legislativa uniforme

È necessario un rapido e sistematico intervento del legislatore per evitare una situazione normativa a macchia di leopardo sul territorio nazionale, che disincentivi le aziende a investire per incertezza e instabilità. È emblematico il caso dei riders il cui futuro resta molto incerto a causa della mancanza di uniformità della disciplina legislativa. Il punto dello studio GF Legal

Pubblicato il 04 Lug 2019

lavoratori digitali

Migliorare la trasparenza del mercato del lavoro digitale, contrastando il lavoro non sicuro e ogni forma di diseguaglianza e di sfruttamento. È questo l’obiettivo che ha portato la Regione Lazio ad approvare le disposizioni per la tutela e la sicurezza dei lavoratori digitali. Si tratta della prima legge regionale in materia di lavoro gestito da piattaforme digitali (L.R. n. 4 del 12 aprile 2019), che introduce forme di tutela in questo specifico settore del mercato del lavoro. Il campo di applicazione riguarda i lavoratori digitali definiti tali in quanto, indipendentemente dalla tipologia e dalla durata del rapporto di lavoro, offrono la disponibilità della propria attività di servizio all’impresa che consiste in una piattaforma digitale, in pratica si rivolge a chi fornisce un servizio a terzi mediante l’utilizzo di un’applicazione informatica. Le principali aree di intervento della legge regionale sono la salute e la sicurezza, le tutele previdenziali e assistenziali, i compensi e le indennità speciali.

«Un simile intervento normativo può generare una reazione a catena legislativa, in base alla quale ogni Regione potrebbe decidere di varare norme diverse per regolare la materia – ha sottolineato l’avvocato Mario Fusani dello studio GF Legal -. In questa situazione, il rischio di una normativa contraddittoria e a macchia di leopardo sarebbe alto e potrebbe causare un disincentivo agli investimenti da parte delle aziende, in virtù delle incertezze e della scarsa armonia legislativa nel settore. La norma, peraltro, potrebbe essere dichiarata incostituzionale e contestata nonostante rientri nell’ambito della ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni ai sensi dell’art. 117 Cost. In un ipotetico giudizio, infatti, potrebbe essere affermata la lesione del principio di uguaglianza tra il territorio laziale e quello delle altre Regioni (dove peraltro non sono state emanate norme simili), tale da indurre i giudici investiti delle probabili controversie, a sollevare la questione di legittimità costituzionale davanti alla Corte. A mio avviso, è dunque auspicabile un rapido e sistematico intervento normativo da parte del legislatore statale più che una corsa delle Regioni a disciplinare una materia che sta già impattando con forza sul piano del mercato del lavoro nazionale se non addirittura di quello europeo».

Riders: cosa è successo a Bologna, Milano, Firenze

La necessità di una legge statale, valida per tutti, si avverte ancora di più se si guarda al panorama frastagliato in cui la legge della regione Lazio si inserisce, dove alcune amministrazioni comunali in varie zone d’Italia hanno anticipato l’uscita della legge regionale, adottando specifici provvedimenti. «In particolare, appare evidente la profonda incertezza che governa il mondo dei riders. In assenza di una disciplina legislativa uniforme per tutto il Paese, i vari attori sociali hanno tentato di rispondere alle esigenze dei fattorini digitali, contribuendo ad aumentare le disparità di trattamento e le indecisioni sul futuro, non solo dei riders, ma di tutta la nuova economia, paralizzandone la crescita», commenta l’avvocato Fusani.

A maggio del 2018, a Bologna, veniva firmata la “Carta dei diritti fondamentali dei lavoratori digitali nel contesto urbano”, un documento siglato dal sindaco e dall’assessore al lavoro del comune di Bologna, da Riders Union Bologna, dai segretari di Cgil, Cisl e Uil e dai vertici di Sgnam e Mymenu, due piattaforme che operano nel capoluogo emiliano. La Carta prevede, tra le altre cose, un generale obbligo di informazione in capo al datore di lavoro, un compenso orario fisso “equo e dignitoso” e una copertura assicurativa per i riders.

In un secondo momento a Milano, su iniziativa del Comune, è stato inaugurato il primo sportello dedicato all’ascolto, all’informazione e alla consulenza sui temi della sicurezza stradale e dei diritti del lavoro espressamente dedicato ai riders delle piattaforme di food delivery. «È palese la differenza tra le misure adottate dai due comuni. Differenza che diventa ancora più evidente se raffrontata con gli interventi delle parti sociali», aggiunge l’avvocato Fusani.

A luglio dello scorso anno, le rappresentanze sindacali e industriali del mondo dei trasporti e della logistica hanno inserito, nel Contratto Collettivo di settore, una apposita disciplina proprio per i riders. L’accordo siglato il 18 luglio 2018 stabilisce la durata massima della prestazione lavorativa in 39 ore settimanali e l’obbligo, per i datori di lavoro, di fornire ai fattorini adeguati sistemi di sicurezza.

Proprio sulla base di tale ampliamento dell’ambito di applicazione del CCNL (contratto collettivo nazionale del lavoro), le rappresentanze sindacali del settore e un’azienda di consegne a domicilio operante a Firenze hanno siglato un accordo quadro che, per la prima volta in Italia, stabilisce un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato per i riders dell’azienda. L’accordo di secondo livello definisce i tempi e i modi di consegna a seconda delle distanze dal punto di ritiro, prevedendo anche un’indennità oraria durante il periodo di messa a disposizione del fattorino e un premio per la consegna.

«La cosa che più sorprende di questo accordo è che va controcorrente rispetto agli ultimi orientamenti giurisprudenziali. Solo a marzo, infatti, la Corte d’Appello di Torino aveva ricondotto il rapporto di lavoro dei riders alle cosiddette co.co.org, cioè le collaborazioni coordinate e organizzate di cui all’art.2 della legge 81 del 2015 – ha detto Fusani -. Tale articolo, infatti, prevede che ai co.co.org. venga applicata, in parte, la disciplina del lavoro subordinato, con possibilità per le rappresentanze datoriali e sindacali, di modificare la disciplina applicabile in base alle esigenze di settore. Sarebbe stato, pertanto, più coerente un accordo in tal senso, anziché una disciplina completamente diversa».

A completare il quadro, il recentissimo emendamento presentato dal ministero del lavoro al Ddl Catalfo sul salario minimo prevede che, in parte, venga applicata la disciplina del lavoro subordinato ai riders, e in generale a tutti i lavoratori della gig economy mediante la modifica delle co.co.org. L’emendamento include inoltre l’assicurazione obbligatoria Inail a carico delle piattaforme digitali, la possibilità che i contratti collettivi definiscano “schemi retributivi modulanti ed incentivanti” nonché il divieto della retribuzione a cottimo. Quest’ultima previsione, in aggiunta al quella relativa al salario minimo di 9 euro l’ora, potrebbe sovvertire il mercato del lavoro per come risulta essere adesso. Il costo del lavoro dei fattorini lieviterebbe, infatti, in maniera consistente. «L’emendamento, così come proposto, rischia di comprimere ulteriormente il ruolo dei sindacati e delle associazioni datoriali. In ogni caso – conclude l’avvocato Fusani – è opportuno precisare che, ad oggi, l’iter per l’approvazione del Ddl Catalfo risulta in stand-by, per cui non è possibile dare per certo quanto fin qui esaminato, poiché il testo potrebbe ancora subire modifiche ed emendamenti».

Che cosa dice nello specifico la legge L.R. n. 4 del 12 aprile 2019

La legge regionale prevede (articolo 3) che sia la piattaforma digitale, con oneri a proprio carico, a fornire al lavoratore digitale dispositivi di protezione conformi alla disciplina in materia di salute e di sicurezza sul lavoro e a provvedere alle spese di manutenzione dei mezzi e degli strumenti utilizzati per l’attività di servizio.
In tema di tutele previdenziali e assistenziali, l’articolo 4 rende obbligatoria da parte della piattaforma digitale l’attivazione dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali in favore del lavoratore digitale, senza oneri per lo stesso. L’assicurazione include danni a terzi durante lo svolgimento dell’attività di servizio, oltre alla tutela della maternità e della paternità.
Per quanto riguarda i compensi e le indennità speciali (articolo 5) a favore di questa categoria di lavoratori, la legge prevede che il compenso sia a tempo, fatto salvo il mancato svolgimento dell’attività di servizio, e non possa essere inferiore alla misura oraria minima determinata dai contratti collettivi di lavoro sottoscritti dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative. Inoltre, secondo l’art. 5 il compenso non può mai essere stabilito a cottimo e sussiste il diritto a ricevere le indennità speciali nei casi, nella misura e secondo le modalità previste dai contratti collettivi citati sopra.
La legge richiama anche l’obbligo (art. 6) da parte delle piattaforme di fornire ai lavoratori una adeguata ed esaustiva informativa su tutti gli aspetti dell’attività ai fini della tutela della salute e della sicurezza del lavoratore digitale.
La legge disciplina infine altri aspetti (articolo 7) quali il rating di reputazione, parità di trattamento e non discriminazione, insieme a un apparato sanzionatorio a carico della piattaforma che non dovesse rispettare le norme descritte. In tal caso la sanzione amministrativa ammonta tra i 500,00 e i 2.000,00 Euro.
Con questa legge la Regione Lazio istituisce anche il portale del lavoro digitale regionale che si compone di una anagrafe delle piattaforme digitali a cui si può iscrivere anche il singolo lavoratore; promuove la stipula di accordi con l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), l’Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro (INAIL) e compagnie assicurative per quanto riguarda la disciplina attuativa delle tutele previdenziali e assicurative previste.

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