Avere successo nell’era della transizione digitale e nel pieno di un’emergenza pandemica vuol dire anche riuscire a governare le diverse velocità a cui cresce l’azienda, bilanciando gli sforzi tra i settori più promettenti e sviluppando nuovi approcci al mercato, senza però mai mettere in discussione i fondamenti della propria mission.
È ciò che ha fatto Integris, società tecnologica specializzata nella progettazione e nella fornitura di soluzioni per la digitalizzazione delle imprese in un anno – il 2020 – a dir poco interlocutorio. Nel 2021 il gruppo, sta raccogliendo i frutti di quell’impegno, e si trova ora a rispondere alle sempre crescenti richieste da parte di imprese locali, multinazionali e un numero sempre maggiore di enti pubblici. Soggetti molto diversi tra loro, ma oggi più che mai accomunati dalla medesima esigenza: fare leva sull’analisi dei dati per comprendere quale sia l’effettivo livello di efficienza dei processi e avviare programmi di ottimizzazione basati su decisioni informate.
La necessità di accelerare in modo dirompente i processi digitali
«La pandemia ha senz’altro accelerato un fenomeno che in Italia stentava a decollare, ma siamo sempre stati consapevoli che la digital transformation era destinata a investire l’intero mercato», spiega Daniel Maurice Lanaro, presidente di Integris.
Who's Who
Daniel Maurice Lanaro
Presidente di Integris
«Su questa convinzione abbiamo costruito un’azienda nel 2013, e nel corso degli anni abbiamo fatto investimenti massicci in ricerca e sviluppo, guidati dall’idea che stavamo lavorando a strumenti che sarebbero diventati indispensabili per qualsiasi tipo di organizzazione. Quando poi c’è stato il lockdown, e i vantaggi della digitalizzazione sono diventati evidenti a tutti, non ci siamo trovati impreparati nell’affrontare le nuove esigenze di imprese e amministrazioni pubbliche: abbiamo solo riscontrato una maggiore velocità nell’interloquire con i loro rappresentanti, i quali erano ormai del tutto consapevoli che era arrivato il momento di accelerare in modo dirompente i processi che avevano messo in piedi per contrastare gli effetti dell’emergenza. D’altra parte, se fino all’inizio del 2020 dematerializzazione e digitalizzazione potevano essere considerate, in qualche caso anche a ragione, dei nice to have, oggi le aziende prive di processi completamente digitali sono palesemente in maggiore difficoltà rispetto alle altre».
Nonostante Integris avesse previsto questo cambio di passo, l’esplosione così repentina della domanda ha costretto l’organizzazione a ripensare schemi e approcci al mercato. Con il sempre maggiore interesse della PA nei confronti delle soluzioni di trasformazione digitale ed in particolare del Process Mining, l’azienda ha dovuto innanzitutto sviluppare nuove competenze e strategie. «Fin dal principio, il nostro focus è stato prevalentemente sul privato, con particolare riferimento ai settori delle Tlc e del manufacturing», racconta Lanaro, sottolineando una differenza cruciale rispetto al versante pubblico: mentre lavorando a contatto con le grandi aziende si riscontrano meccanismi progettuali ricorrenti, basati su tecnologie utilizzate in modo molto pragmatico e su specifici verticali, per la PA di solito occorre intervenire con una logica di più ampio respiro. Riuscire a ideare in maniera puntuale proposizioni corrette vuol dire quindi prima di ogni altra cosa conoscere come funziona un ente, comprendere le esigenze di un ente locale, adattare i prodotti alle peculiarità di strutture più piccole ma altrettanto complesse come quelle dei comuni. Tutto questo senza mai dimenticare le particolarità di natura geografica e culturale. «Sussistono enormi differenze da realtà a realtà, e ciò è fondamentalmente dovuto alla frammentazione sul territorio delle istituzioni», spiega Lanaro, «E a differenza di quanto accade quando si ha a che fare con una multinazionale, per condividere le linee guida di un progetto non è sufficiente parlare con pochi responsabili».
La grande occasione della PA. Ma servono nuove regole per il procurement
L’improvvisa, spontanea e considerevole richiesta da parte del settore pubblico ha quindi spinto Integris a creare una nuova business unit, che naturalmente ha implicato l’integrazione di competenze ad hoc. «A capo della divisione abbiamo posto una persona che ha ricoperto un ruolo analogo in Microsoft, di cui siamo partner: un responsabile di alta seniority, che si è costruito una squadra al momento composta da tre account manager e da una serie di architetti e tecnici con esperienza comprovata nel settore». Ma ancora non basta per affrontare il nuovo mercato che, come detto, è estremamente frammentato sul territorio. Ecco perché il gruppo ha deciso di costituire delle unità societarie locali, coinvolgendo manager e imprenditori del territorio per operare come gruppo Integris su nuovi business nelle aree geografiche di competenza. La rete di affiliazione ha preso il via dalle sedi di Rende, in Calabria, e di Pisa, dove si trovano i due centri R&D della società, sorti come spin off delle rispettive università.
La macchina dunque è partita, ma adesso deve fare i conti con un’altra caratteristica peculiare del settore pubblico italiano: i tempi di selezione e approvazione dei progetti, zavorrati come tutti sanno da pesanti vincoli burocratici. «La Pubblica amministrazione sta sperimentando due velocità diverse», nota Lanaro. «Da una parte c’è l’esigenza di correre. Dall’altra, per dotarsi degli strumenti che permettono di farlo, occorre affrontare una serie di procedure che rallentano tutto l’iter. Nonostante Integris sia una PMI innovativa, e per questo potenzialmente avvantaggiata nelle gare indette per gli acquisti relativi ai processi di digitalizzazione, la burocrazia italiana rimane sempre un grosso ostacolo. A fronte di numerosi Proof of Concept realizzati e giudicati con esito positivo, anche nel momento in cui l’ente è convinto che il progetto genererà valore, può passare un semestre o addirittura un anno prima che vengano indette la gare».
Le prospettive per l’immediato futuro: rotta verso il Finance
Per Lanaro sarebbe dunque auspicabile rivedere completamente il sistema di approvvigionamento e renderlo coerente con le reali esigenze della PA. Il rischio, altrimenti, è quello di non riuscire a sfruttare le risorse che arriveranno con il Recovery Fund, senza contare che diventa sempre più difficile seguire il ritmo frenetico con cui cambiano le tecnologie. «Noi facciamo del nostro meglio per evitare che i progetti proposti diventino obsoleti: abbiamo da subito adottato un approccio agile nello sviluppo e nell’implementazione delle soluzioni, in modo da garantire la massima scalabilità e l’integrazione di nuove funzionalità in tempi brevi. Ma è evidente che occorre un cambio di passo da parte del settore pubblico».
Il presidente di Integris è comunque convinto che nel corso del 2021 si concretizzeranno molti dei progetti proposti nel 2020, con un vero e proprio boom nel 2022: «Per i mesi a venire prevediamo una crescita double digit rispetto alla performance dell’anno scorso. Ma soprattutto nell’anno prossimo vedremo maturare molte delle attività ora in fase di gestazione. Consapevoli del lavoro che ci sarà da fare, ci stiamo attrezzando. Abbiamo incaricato una società specializzata in M&A per fare uno scouting di aziende italiane che si occupano di data analytics e data warehousing, meglio se localizzate al Nord. Attualmente il nostro asse è spostato su Roma, ma se vogliamo indirizzare il mondo del Finance, che si appresta a fare il grande salto rispetto ai temi del Process Mining, dobbiamo puntare su Milano e Torino».