DEMAND GENERATION

Vendita B2B, perché oggi servono processi ben definiti e un’infrastruttura tecnologica moderna

Un venditore bravo non basta più. In uno scenario omnicanale, a fare la differenza è la piattaforma digitale che supporta il marketing e le vendite (MarTech e SalesTech) e che permette di conoscere il cliente, seguirlo nel suo journey, intercettarlo al momento giusto e contattarlo. Luciano Tolomei, CEO di Del Monte & Partner, spiega come rendere efficace il processo commerciale B2B

Pubblicato il 27 Lug 2023

Vendita b2b

In un mondo digitale, in cui tutti abbiamo ormai preso confidenza con strumenti e servizi online, anche il processo di vendita B2B non può restare ancorato al passato. L’aspettativa è che il fornitore ci offra un livello di servizio molto elevato.

«Purtroppo, generalmente non è così», esordisce Luciano Tolomei, CEO, Del Monte & Partner, società del Gruppo Digital360 specializzata in soluzioni MarTech -. «Gran parte delle aziende B2B sono indietro dal punto di vista della Customer Experience, perché le tecnologie si sono evolute molto rapidamente e le organizzazioni non hanno saputo tenere il passo. Secondo i dati degli Osservatori del PoliMi, solo il 9% delle imprese in Italia è pronto. Un divario che è percepito soprattutto dalle nuove generazioni, che all’uso telefono ormai preferiscono i canali di comunicazione immediati e digitali, come le chat. Ecco perché le aziende devono diventare veramente omnicanale e avere gli strumenti giusti per vendere. È fondamentale formalizzare il processo di vendita B2B e avere gli strumenti adeguati che permettano di gestirlo e automatizzarlo. Oggi per molti è un’opportunità da cogliere: i primi che riescono a utilizzare queste leve per ottenere risultati sono anche coloro che conquisteranno una fetta di mercato più grande. Il successo nelle vendite B2B si ottiene con un metodo, un processo ben definito, e dati per implementarlo».

L’evoluzione delle tecnologie per Marketing e Sales B2B

La trasformazione del processo di vendita è storia recente ma è alla portata di tutti. Nell’arco di 10-15 anni, infatti, i costi dei software di marketing automation sono notevolmente scesi, la tecnologia è molto migliorata e le soluzioni disponibili si sono moltiplicate: nel 2011 c’erano sul mercato circa 150 tecnologie Martech, mentre nel 2022 ne sono state censite quasi 10.000 (figura). Questo vale per le MarTech così come per le Salestech, che sono oggi circa 5.000 e il cui sviluppo è iniziato prima, perché la forza vendita aveva bisogno di strumenti per lavorare meglio e il business di controllare il processo di vendita.

«Ovviamente – riprende Tolomei -, questa evoluzione tecnologica porta con sé molta complessità. Come orientarsi? Innanzitutto, le tecnologie devono essere in cloud e facili da usare, devono poter comunicare tra loro e permettere l’automazione».

L’interoperabilità è un elemento fondamentale per costruire uno stack tecnologico che permetta di condividere i dati e rompere le barriere dei silos, che spesso impediscono di gestire in modo efficace le operazioni di vendita B2B. Inoltre, le piattaforme moderne consentono di svolgere molte operazioni senza la necessità di un programmatore, una risorsa sempre più rara, grazie alle tecniche low code o no code.

«La rivoluzione tecnologica sta avanzando a una velocità tale da rendere difficile avere in azienda le persone adeguatamente formate. Questi strumenti richiedono però una competenza tecnica relativamente bassa, ma una competenza strategica elevata», dice Tolomei.

Il terzo grosso problema è l’adozione. «Molti progetti falliscono proprio perché gli strumenti non vengono usati. Quando dialogo con le reti commerciali, noto spesso che i venditori svolgono le loro attività durante tutta la settimana, poi il venerdì sera copiano i dati nel CRM. Non funziona: il sistema non dovrebbe richiedere input manuali. Lo stack tecnologico deve raccogliere dati in automatico e non costringere le persone a inserirli».

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Demand Generation, la strategia di Marketing e Vendite delle aziende B2B che guardano al futuro

Automazione sì, ma con buon senso

Le piattaforme aumentano la produttività dei team, ma soprattutto orientano l’azienda verso il cliente. Un processo automatizzato in cui si comprende il cliente permette di realizzare una comunicazione one-to-one molto personalizzata che sembra reale.

Nel concreto, gli strumenti possono ad esempio far conoscere al venditore se il prospect apre l’email che gli ha inviato con un’offerta, una funzione classica di email marketing. A quel punto, il venditore può mandare un sms o chiamare. È il risultato di un processo ben costruito e di una tecnologia che mi dice quando è il momento giusto per parlare con il cliente.

Tuttavia, serve qualche attenzione. «Dobbiamo rendere la comunicazione viva, personale, reale, coinvolgente. Se pensiamo di parlare con un robot, non saremo mai coinvolti.

Ad esempio, pensiamo a una persona che visita il sito il sabato notte alle due del mattino e compila un form con una richiesta commerciale, che prevede una risposta automatica del tipo, “Ciao, sono Jessica, fissiamo un appuntamento”? Non è caso di inviarla di notte, è più astuto programmare l’invio della mail per il lunedì mattina», spiega l’esperto.

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Costruire il buyer journey

Ogni cliente intraprende un percorso d’acquisto, comunemente noto come “buyer journey”, e non ne esiste uno solo. Una volta, quando il mondo online era meno complesso, con pochi canali e contenuti, era più semplice tracciare questo percorso. Se in passato esistevano 10 contenuti su un argomento di interesse, oggi ne esistono 100.000. Pertanto, il cliente potrebbe intraprendere un percorso, cambiare idea dopo aver letto qualcosa, tornare indietro e così via, perché sono molteplici le aziende che cercano di attirarlo verso i loro rispettivi percorsi di acquisto.

«Se non riusciamo a comprendere il percorso che il nostro utente segue per informarsi e poi acquistare, a capire cosa lo soddisfa e cosa no, rischiamo di perdere pezzi importanti del puzzle. Queste informazioni si attengono attraverso la piattaforma tecnologica e devono confluire in un “data lake” aziendale, che ci consente di avere tutti i dati, arricchirli, creare dei profili e analizzarli in gran parte in modo automatico», spiega Tolomei.

Questo è ancora più vero oggi, con i cookie di terza parte destinati a sparire: una minaccia per coloro che non possiedono un asset tecnologico che permette di utilizzare cookie di prima parte, i dati proprietari con un consenso adeguato. Se non si interviene in questo senso, le operazioni diventano più laboriose, si spende di più e si ottengono performance inferiori, perché il marketing fornisce ai venditori contatti di qualità inferiore.

«L’utente che interagisce con i nostri canali digitali, sia che si tratti del sito o della pagina social, viene catturato e collegato a una piattaforma che avrà al suo interno processi strategicamente definiti e mappati, contenuti pertinenti che lo coinvolgono sui social, effettuano il retargeting nel modo giusto e gli inviano l’email al momento opportuno. L’utente visita il nostro sito, scarica un ebook oggi, scompare per un po’, poi torna e legge la scheda tecnica di un prodotto differente. Seguendo il journey possiamo inviare tempestivamente un’email di marketing riguardante quel particolare prodotto che l’utente ha visto. La profilazione e il tracciamento ci permette di avere una conoscenza più approfondita. Non avremo più un generico utente o buyer persona che visita il sito della nostra azienda, forse appartenente a un certo target, ma diventa un individuo di cui abbiamo dati espliciti. Per esempio, potremmo avere il suo indirizzo email aziendale e dal dominio risalire all’azienda e quindi disporre di dati sul fatturato, il settore di appartenenza, il numero di dipendenti, lo stato del bilancio, ovvero sapere se l’azienda sta attraversando un periodo di difficoltà o se sta andando bene», continua Tolomei.

«Grazie alle piattaforme, disponiamo anche di dati impliciti, come quali pagine del nostro sito ha visitato, dove ha trascorso più tempo e cosa ha suscitato il suo interesse. Tutte le informazioni che raccogliamo ci permettono di avere una visione completa e dettagliata di una persona e a sviluppare punteggi di scoring che ci guidano nel capire quali aspetti prioritizzare e quali no».

Il processo commerciale diventa così più organizzato, ben strutturato, ordinato e riproducibile. Il venditore che nel suo baule ha faldoni pieni di fogli con informazioni sui clienti appartiene al passato. Ora, la tecnologia gioca un ruolo importante nel mediare la relazione, aiutandoci a capire quando è il momento giusto per interagire e di quali argomenti si dovrebbe discutere.

In definitiva, un buon venditore riesce a vendere perché opera all’interno di un processo ordinato.

«Ho visto molte aziende che si affidavano a un venditore di grande talento. Tuttavia, una volta che questo venditore andava in pensione, l’acquisizione di nuovi clienti diventava un problema», aggiunge l’esperto.

Marketing e Vendite allineati

Un altro aspetto importante è la connessione tra il mondo del marketing (Martech) e quello delle vendite (Salestech). Gli strumenti digitali possono aiutarci in questo, fornendoci dati preziosi di vendita che vengono poi condivisi con il reparto marketing.

La tecnologia aiuta ad allineare gli obiettivi dei team e a realizzare quello che in gergo viene chiamato “smarketing”, ovvero l’attività di marketing in linea con l’attività di vendita. Queste due sfere comunicano tra loro attraverso un’infrastruttura comune che include un CRM che può interagire con questi sistemi o che li incorpora direttamente.

Avere dati dei due processi consente di costruire report significativi, definire KPI più profondi e, soprattutto, allineare la strategia e stabilire obiettivi realistici e raggiungibili.

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