GUIDE E HOW-TO

Social media analytics: cos’è a cosa serve e quali sono gli strumenti per farla davvero

Guida completa alla Social media analytics, ovvero l’attività di raccolta, integrazione e analisi dei dati provenienti dai social network, come Facebook, LinkedIn, YouTube, Twitter e così via. Un’attività essenziale per un marketing di successo

Pubblicato il 13 Giu 2022

Federico Della Bella

Partner P4I, Partners4Innovation - Data Insights & Organization

Social media analytics

La Social media analytics consiste nella raccolta, integrazione e analisi dei dati provenienti dai social network, come Facebook, LinkedIn, YouTube, Twitter, e così via. È un’attività base del Social media marketing e sempre più importante per l’efficacia delle strategie di marketing.

Attraverso i dati generati dai social si possono effettuare analisi davvero profonde rispetto ai comportamenti del pubblico e alle performance e al posizionamento online di singoli profili, personaggi, brand, aziende, oltre a studiare il dibattito esistente in rete su specifiche tematiche e argomenti.

La social media analytics permette anche un targeting molto preciso e una creazione di contenuti e campagne marketing realmente data-driven.

Insomma, i benefici per chi si occupa di marketing, comunicazione, advertising, Customer Experience, nonché per chi deve monitorare comportamenti e preferenze, sono immensi, sempre nel rispetto della privacy delle persone.

Perché fare social network Analytics oggi?

Nel 2022, il numero di dati creati nel mondo si è avvicinato a 100 Zettabyte. Uno zettabyte significa 10 elevato alla 21 (10^21): un valore difficile perfino da immaginare e destinato a crescere nei prossimi anni.

La maggior parte di questi dati sono destrutturati, ovvero non organizzati in righe e tabelle, ma nella forma di testi, audio, video, immagini, mappe, ecc.

Oggi, abbiamo le condizioni ideali per poter estrarre valore in maniera automatica e massiva anche da dati destrutturati per una serie di ragioni:

  • l’evoluzione degli algoritmi di deep learning che, attraverso le reti neurali artificiali, simulano le funzionalità del cervello umano e sono in grado di processare dati molto complessi e non espressi in forma tabellare: computer vision e natural language processing rendono possibile l’analisi e l’interpretazione di grandi masse di dati destrutturati;
  • l’abbondanza di dati disponibili e gratuiti, fondamentali per far allenare gli algoritmi di deep learning, che funzionano sempre meglio al crescere della quantità di dati disponibili;
  • l’accresciuta capacità di storage e processing di grandi moli di dati, grazie a tecnologie come cloud, parallel computing, database distribuiti, ecc.
  • la rilevanza dell’open source che abbatte le barriere in ingresso e favorisce lo scambio e la crescita di conoscenza
  • la quantità e la concentrazione dei capitali investiti, soprattutto in Cina e negli Stati Uniti nella forma del venture capital, che accelerano lo sviluppo e l’applicazione di soluzioni sempre più efficaci e pervasive.

Per tutte queste ragioni, l’analisi di dati destrutturati, come quelli creati sui social network, può portare a risultati sempre più soddisfacenti.

Tipologie di analisi

Diverse sono le tipologie di analisi realizzabili: la social media analytics permette di scoprire tantissime informazioni sul rendimento delle proprie piattaforme, su quelle dei competitor, sul mercato e gli utenti, su singoli fenomeni.

Proviamo a classificare le analisi realizzabili, secondo diverse dimensioni.

Anzitutto, possiamo considerare analisi qualitative e analisi quantitative.

Analisi qualitative

Le analisi qualitative esplorano e analizzano gli aspetti più intangibili della presenza online di organizzazioni e persone, quali il posizionamento, il tono di voce (tone of voice), la qualità dell’interazione con follower e fan, la tipologia e qualità di contenuti utilizzati, fotografie, video, testi. Nell’analisi su tematiche specifiche, le analisi qualitative consentono di comprendere il sentiment, ovvero le opinioni e le tendenze prevalenti rispetto a un tema, a un personaggio, a un brand. In questo caso, l’analisi si basa sull’osservazione di alcune conversazioni e commenti, senza alcuna rilevanza statistica. Si fa ricorso a questo tipo di analisi anche nel caso in cui la base dati (ovvero il numero di conversazioni) non sia sufficiente, oppure non si posseggano competenze e strumenti necessari ad analisi di tipo qualitativo.

Analisi quantitative

All’opposto, le analisi quantitative valutano invece le perfomance di tutte le dimensioni misurabili della presenza social di individui e organizzazioni, oltre ad analizzare il posizionamento e il sentiment rispetto a tematiche, brand, individui, organizzazioni, attraverso un’analisi quantitativa delle conversazioni, in grado di definire il sentiment rispetto a un qualunque soggetto, attraverso l’applicazione di algoritmi di Natural Language Processing (NPL), text analysis e analisi biometriche.

Ma quale tipo di informazioni si possono ottenere attraverso la social media analytics?

Possiamo classificare il tipo di analisi sostanzialmente in 3 macro-categorie:

  • Analisi delle performance di singole pagine e profili social
  • Analisi del pubblico: caratteristiche, comportamenti, preferenze
  • Analisi delle conversazioni
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Analisi delle performance di singole pagine e profili social

Nel seguito, utilizzeremo Facebook come social di riferimento, per la sua diffusione e per la qualità degli strumenti di Social media analytics che mette a disposizione. Twitter, Instagram, LinkedIn, YouTube hanno diversi punti in comune e alcune differenze, ma le logiche di fondo delle analisi realizzabili non cambiano di molto.

Occorre fare una precisazione iniziale: su Facebook esistono due principali tipologie di contenitori: le pagine e i profili personali. Con molti punti in comune e alcune differenze. Le pagine hanno ad esempio strumenti più sofisticati proprio per la social media analytics.

Prendiamo dunque il caso di una pagina. Con alcune varianti, le stesse dimensioni e analisi possono applicarsi anche ai profili.

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Numero di contenuti per tipologia e reach organica e a pagamento

Quanto è conosciuta e apprezzata una pagina: fan e follower

La prima misura della notorietà di una pagina è data dal numero di Like alla pagina, ovvero il numero di Fan e il numero di Follower della pagina stessa. La differenza è semplice: il numero di Fan (Like alla pagina) indica quanti profili hanno deciso di segnalare la loro preferenza – e in teoria sostegno e approvazione – per la pagina e i suoi contenuti. Viceversa, i Follower vogliono restare aggiornati sui contenuti postati dalla pagina senza manifestare un sostegno esplicito. Le due dimensioni sono indipendenti: i profili possono ad esempio scegliere di diventare fan di una pagina senza ricevere gli aggiornamenti (e viceversa). Di solito, i due numeri sono molto vicini, dato che facendo like a una pagina si è automaticamente anche follower. Le due cose possono essere disaccoppiate, ma è una scelta consapevole che forse non tutti gli utenti fanno.

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Evoluzione dell’audience dei contenuti di una pagina: reach organica e a pagamento

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Evoluzione del numero di follower nel tempo

In sintesi, Fan e Follower sono la misura di quanto è nota e apprezzata la pagina, non danno però alcuna indicazione, se non indirettamente, su quante persone ne visualizzano i contenuti. Per misurare questa dimensione possiamo considerare il numero di visualizzazioni della pagina o di preview della pagina stessa sulle bacheche degli utenti o infine l’audience raggiunta dai contenuti o le impression.

Audience e impression sono una misura molto più veritiera della diffusione reale dei contenuti. La differenza è che l’audience identifica il numero di utenti unici, mentre le impression conteggiano il numero di volte che i contenuti della pagina sono apparsi sulle bacheche degli utenti, considerando anche visualizzazioni multiple.

Queste due metriche sono particolarmente utili perché mentre il numero di like e di follower può essere il risultato di un’attività di (legittima) acquisizione di like tramite campagne a pagamento, mentre l’audience raggiunta o le impression ottenute dipendono solo in parte dal numero di follower, essendo l’algoritmo di Facebook poco generoso da questo punto di vista con le pagine, premiando solo quelle con contenuti particolarmente coinvolgenti, che inducono gli utenti a fare like o aggiungere altre reazioni, commentare, condividere. In questo modo, Facebook riduce il rischio che siano molto visualizzati contenuti poco interessanti solo perché sostenuti da investimenti promozionali, magari per giunta molto lontano nel tempo.

Se per le pagine di cui si è amministratori, gli Insight forniscono numerosi dettagli rispetto all’audience raggiunta, per le pagine di terzi un analista ha a disposizione solo il dato di Like alla pagina e follower: non è dunque in grado di misurare direttamente l’audience raggiunta da una pagina gestita da terzi, ad esempio di un competitor. In questo caso, l’unica misura, indiretta, del numero di utenti raggiunti, ma anche una misura molto efficace della capacità di una pagina di suscitare interesse, è data dal numero di interazioni che gli utenti hanno con la pagina stessa, rappresentata dal numero di reactions (like, love, care, haha, wow, sad, angry) con cui gli utenti mostrano la propria reazione a un contenuto specifico, il numero di commenti e di condivisioni che rappresentano ancora di più la capacità di attivazione della propria audience.

Pagine con molti follower e like alla pagina e singoli post con pochissime reactions, commenti e condivisioni avranno un’audience organica, ossia non ottenuta tramite campagne a pagamento, molto più bassa rispetto al numero di follower della pagina stessa.

Nel caso si abbia accesso agli Insight (lo strumento di analytics di Facebook), si possono tracciare anche i click ottenuti, ad esempio su un link o una call-to-action contenuta all’interno dei post.

Average Engagement Rate: il tasso di coinvolgimento degli utenti

Una misura molto diffusa del grado di coinvolgimento delle pagine è costituita dall’Average Engagement Rate (AER), ovvero il tasso di coinvolgimento medio. Si definisce Average Engagement Rate di una pagina il rapporto tra la somma delle interazioni ottenute (reactions, commenti, condivisioni) da tutti i post della pagina e il numero di follower della pagina stessa, il tutto diviso per il numero di post considerati.

L’aspetto interessante dell’AER è che permette di comparare anche pagine con numeriche di fan e follower molto diverse e che permette un confronto anche con pagine di terzi, al limite considerando un campione di tutti i contenuti prodotti dalla pagina, escludendo così contenuti più vecchi e permettendo un’analisi empirica anche manuale, per quanto riguarda le pagine di terzi. Sono disponibili inoltre diversi benchmark, anche nazionali, anche considerando le diverse dimensioni relative, ossia divisi per fasce rispetto al numero di follower.

Una misura dell’AER che tiene conto del tasso di coinvolgimento sull’audience effettivamente raggiunta, divide il numero di interazioni proprio per l’audience raggiunta invece che per i follower. La controindicazione è che in questo caso, non potendo avere accesso all’audience raggiunto da terzi, non sono possibili confronti.

Video Analytics e Advertising Analytics

L’analisi dell’audience raggiunta e delle interazioni generate non esaurisce certo le possibilità di analisi: sono molte altre le dimensioni e le metriche che chi si occupa di Social Media analytics può considerare, incluse le variazioni per intervalli temporali o sotto-classificazioni delle singole reazioni e commenti.

Tuttavia, un posto particolarmente importante credo sia occupato in particolare dai video e dall’advertising, che seguono logiche leggermente diverse.

Per quanto riguarda i video, oltre alle dimensioni tipiche di qualunque contenuto e post, si considera fondamentale misurare il numero di visualizzazioni, valutando ovviamente anche i minuti o i secondi di visualizzazione, che danno un’idea di quanto il video sia stato effettivamente guardato, se non nella sua interezza, almeno per una sua parte.

Per quanto riguarda l’advertising, esistono campagne molto diverse tra loro, per formato e con obiettivi anche completamente differenti: dal raggiungimento di un’audience più ampia possibile, al numero di click ottenuti su link contenuti nel messaggio, al livello di ingaggio ottenuto, alla massimizzazione rispetto ad azioni specifiche richieste all’utente tramite Call to Action (come il Like alla pagina o al post stesso ad esempio).

In questo caso, si possono misurare oltre ai valori assoluti in termini di audience raggiunta e impression, numero di reazioni o click, numero di azioni realizzate, anche metriche relative, che permettono di misurare il ritorno dell’investimento delle campagne sponsorizzate. Si può misurare anzitutto il CPM, ovvero il Costo-per-Mille, che indica quanto è costato raggiungere 1.000 utenti, per poi considerare il Click-through-Rate (CTR), ovvero la percentuale di utenti che hanno cliccato su un contenuto o un link rispetto al numero di utenti raggiunti e di conseguenza il Cost-per-Click (CPC), ovvero il costo sostenuto per ciascun click ottenuto, fino alla misurazione del Cost-per-Activity (CPA), ovvero il rapporto tra l’investimento di marketing e il numero di utenti che hanno completato l’attività prevista.

Le performance delle campagne a pagamento classificate per tipologia di contenuto

Se ad esempio la campagna avesse come obiettivo l’acquisizione di un cliente, potremmo misurare il Costo di Acquisizione Cliente (CAC) e confrontarlo eventualmente con il valore complessivo del cliente nel lungo periodo, misurato dal Customer Lifetime Value (CLV), ovvero la somma di tutti i profitti realizzati con il cliente stesso.

Da sottolineare come l’attività di tracciamento dei comportamenti e di misurazione del ritorno degli investimenti sia davvero immediata, semplice e precisa proprio sulle piattaforme digitali.

Si possono effettuare ulteriori sotto-segmentazioni dei contenuti, ad esempio per il tipo di media utilizzato (testo, link, video, fotografia), ovvero per il tipo di contenuto (analisi, commento, intervista, ecc.) o per il tono di voce utilizzato (professionale, empatico, distaccato, ecc.). Basta taggare opportunamente i contenuti per abilitare in seguito analisi e comparazioni utili a trovare il modo più efficace di comunicare.

In sintesi

Risulta chiaro quante informazioni utilissime alla comprensione del posizionamento social proprio o di terzi siano messe a disposizione dai social network. La social media analytics è quindi necessaria per comprendere e migliorare le performance di pagine e utenti.

Analisi del pubblico: caratteristiche, comportamenti, preferenze

L’analisi delle performance delle pagine non esaurisce certo il set di informazioni che tramite la social media analytics possono essere estratte dai social network.

Una seconda area di indagine estremamente interessante è quella del pubblico, ovvero l’analisi dei profili dei propri fan, dei propri follower e delle audience raggiunte, comparabili con la popolazione intera di Facebook, divisa per nazione.

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Profilo socio-demografico del pubblico: età e genere

I primi dati che si possono ricavare sono di tipo socio-demografico: età, genere, area geografica di provenienza, a cui si aggiungono ulteriori informazioni rispetto a livello di istruzione, occupazione, e perfino situazione sentimentale.

Dobbiamo ricordarci che queste sono tutte informazioni che, come utenti, condividiamo sui social network e che finiscono da un lato nelle mani degli analisti della piattaforma e dall’altro in quella degli analisti e inserzionisti dei singoli brand.

A queste si affiancano le informazioni relative a gusti e preferenze del pubblico, come le pagine seguite, gli interessi manifestati pubblicamente, per sostenere cause, partecipare a gruppi, interagire con specifici contenuti, pagine e profili.

Infine, possiamo raccogliere informazioni di comportamento, confrontando anche il tipo di attività dei propri fan e follower con quelli medi riscontrati sulle piattaforme. Possiamo così scoprire se i nostri fan o follower in media interagiscono più o meno degli utenti, se cliccano più o meno volentieri su contenuti pubblicitari, se sono più o meno reattivi e costanti nella partecipazione con commenti, reazioni, contributi di diverso genere.

Questo genere di informazioni è di fondamentale importanza quando si devono definire i target da raggiungere attraverso campagne a pagamento: si possono costruire audience basate su queste metriche, ovvero audience ancora più precise tramite l’utilizzo di liste di utenti. Un’azienda potrebbe decidere ad esempio di raggiungere solo i propri clienti: caricando la lista dei clienti comprendente le mail, i messaggi raggiungeranno solo gli utenti registrati con uno degli indirizzi mail compresi nella lista.

Nelle campagne LinkedIn, sono utilissimi i dati relativi alle aziende di riferimento, ai settori, ai ruoli aziendali, alle funzioni, alle preferenze espresse. Questo permette di raggiungere con estrema precisione il pubblico target.

Compito dei social media analyst è proprio fornire agli inserzionisti e ai copywriter tutte le informazioni necessarie a identificare con precisione il target e a modulare con cura argomenti, forma e formati dei contenuti pubblicati.

Ovviamente, questo tipo di analisi permette di analizzare con cura non solo le proprie piattaforme e la propria comunicazione social, ma anche quella dei competitor, ovvero dei “best in class”, organizzazioni particolarmente brave a comunicare sui social, da cui prendere spunto e imparare.

Analisi delle conversazioni

La terza tipologia di Social media analytics riguarda le conversazioni che avvengono su uno o più social network e per estensione in rete, in tutti quegli spazi in cui gli utenti possono commentare, condividere impressioni e contribuire al dibattito, quali forum, gruppi di discussione, blog e magazine.

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Andamento temporale del numero di conversazioni online rispetto a un tema dibattuto in rete

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Mappa della viralità di un contenuto. La figura mostra quale genere di interazioni siano state innescate da un singolo contenuto. Come si vede dalla figura seguente, il tasso di condivisione e la “vita” di un contenuto online può variare parecchio

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Mappa della viralità di un secondo contenuto. Appare chiaro come, rispetto al contenuto precedente, questo abbia innescato un numero di interazioni nettamente inferiore

In questo caso, l’analisi non coinvolge più un singolo profilo o una pagina, ma si estende all’intera piattaforma o addirittura un insieme di piattaforme, fino all’intero web.

Questo genere di analisi permette, tra le altre cose di monitorare:

  • Livello di popolarità, interesse, accoglienza e il tipo di partecipanti alla discussione pubblica rispetto a un singolo personaggio, brand, prodotto, organizzazione
  • L’interesse, il tipo di partecipazione e il tipo di al dibattito rispetto a singole tematiche, argomenti
  • La significatività e la rilevanza dei singoli partecipanti a un dibattito, identificando i profili (e quindi i gusti e le caratteristiche) di quelli più influenti, costruendo varie mappe capaci di misurare il grado di viralità dei contenuti condivisi dai partecipanti
  • La struttura delle reti che si creano intorno a singoli personaggi e temi, misurandone la centralità e il numero di interazione
  • Sotto-classificazione degli argomenti trattati e dei termini utilizzati
  • Distribuzione geografica degli interventi e provenienza dei partecipanti
  • Caratteristiche socio-demografiche e interessi dei partecipanti alle conversazioni in rete
  • Classificazione dei contributi al dibattito per significatività, numero di reazioni innescate, tasso di approvazione
  • Misurazione del sentiment, ossia il grado di approvazione, disapprovazione e tutta la gamma intermedia di reazioni e attitudini rispetto a tematiche
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Mappatura delle parole più ricorrenti utilizzate dai partecipanti a un dibattito su un tema politico di particolare interesse.

Come è evidente, una capacità di analisi di questo tipo permette di conoscere gli interessi, i gusti e le reazioni dei gruppi sociali, con impatti immaginibili in attività rivolte all’organizzazione del consenso (politica), identificazione di profili di interesse per profilazione di target rispetto a una incredibile varietà di dimensioni.

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Le reti di singoli profili. Nella figura si mostrano due profili di personalità concorrenti con le reti che a ciascuno di questi fanno riferimento. Come è evidente, l’area centrale mostra la forza e l’interconessione della rete social del profilo A, mentre la regione nell’angolo in basso a destra mostra la debolezza relativa della rete posseduta dal profilo B

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Elenco dei principali creatori di contenuti rispetto al singolo dibattito e dei principali amplificatori, ossia quei profili in grado con interventi e condivisioni di raggiungere un numero molto elevato di persone

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I principali partecipanti a un dibattito in rete, classificati per numero di interventi, audience raggiunta, livello di coinvolgimento e sentiment generato.

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Una mappatura del sentiment e del suo andamento nel tempo rispetto a un tema dibattuto sui social e sul web in generale

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Mappatura della geografia delle conversazioni, ossia della provenienza dei partecipanti al dibattito

Limiti alle analisi

Dal punto di vista della capacità di raccolta e analisi non siamo più a metà degli anni 10, quando enorme era la disponibilità di dati e libero l’accesso per gli analisti che, attraverso le API dei principali social, Facebook e Twitter su tutti, potevano raggiungere livelli di conoscenza un tempo impensabili.

Lo scandalo Cambridge Analytica, con le manipolazioni legate alle elezioni di Trump e le successive ondate di fake news, create con lo scopo di inquinare il dibattito politico, hanno reso i cittadini meno disposti a condividere i propri dati o, quantomeno, più sospettosi e critici verso chi quei dati raccoglie e utilizza.

L’adozione nel territorio dell’Unione Europea del Regolamento Europeo 679/2016 per la Protezione dei Dati Personali (in inglese GDPR – General Data Protection Regulation) ha posto nel nostro continente ulteriori limiti alla raccolta e all’analisi dei dati provenienti dal web e dai social (e non solo). In altre aree geografiche, sono state prese iniziative simili, anche se meno note e generalmente più blande.

Una serie di fenomeni che hanno convinto Meta ad adottare misure molto restrittive, limitando l’accesso ai dati attraverso le API di Facebook e Meta, rendendo così le analisi molto meno significative e rilevanti. In questo momento, è Twitter il canale su cui è ancora possibile effettuare analisi in maniera completamente aperta.

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