Le campagne di marketing di Sky Italia si avvalgono di analytics su Big Data, nell’ultimo anno, e così sono diventate più efficaci: «del 20 per cento, nella peggiore delle ipotesi, e fino a sei volte di più rispetto a una campagna tradizionale», dice Stefano Fiorentino, Churn Management & Customer Engagement dell’azienda. Il motivo è che oggi, grazie all’analisi dei dati che arrivano in particolare dall’uso dei nuovi servizi digitali, Sky riesce a essere molto più precisa nel capire gli interessi dei clienti.
In che modo utilizzate i Big Data?
Abbiamo un approccio industrializzato con gli analytics che ci permetterà in futuro di fare un vero e proprio real-time marketing. Metà dei nostri investimenti annui è legata all’acquisto e alla produzione dei contenuti, l’altra metà è per rendere il servizio che forniamo ai clienti veramente unico, da un lato fornendo una TV da vedere quando e dove vogliono, dall’altro fornendo un servizio clienti sempre rilevante per loro. E gli analytics sono alla base di queste attività. Sui nostri sistemi raccogliamo dati che provengono da tutte le interazioni con i clienti e li concentriamo in un database. Attraverso modelli statistici che applichiamo su questi dati possiamo capire le propensioni dei clienti ad aderire a certe offerte. Faccio un esempio: se sappiamo che un cliente ha traslocato, possiamo offrirgli servizi sussidiati da Sky per installare l’impianto satellitare. O se un cliente non usa un servizio, arriviamo in taluni casi a proporre una revisione del suo abbonamento rendendo più conveniente il costo alle reali esigenze del cliente.
E come fate a sapere che ha traslocato?
Se il cliente dice al call center che deve cambiare indirizzo anagrafico assumiamo che il cliente stia traslocando. Questa informazione viene memorizzata dei sistemi. Facciamo anche campagne mirate sul nostro sito: riusciamo ad esempio a capire se l’utente è andato sulla pagina con le informazioni sul trasloco. Quindi tracciamo il cliente in tempo reale e non appena i nostri modelli mostrano una propensione a traslocare, gli proponiamo il servizio di trasloco nei successivi contatti.
In quali altri modi alimentate questi database?
Dai call center e da tutte le nostre applicazioni digitali: il sito Sky.it, le nostre applicazioni mobili, Sky Go e l’app Fai da Te; i servizi del set top box di casa. Tutte questi comportamenti sono tracciati e le informazioni servono per far girare i “modelli di propensione”. Che è un nome un po’ altisonante per dire: questo cliente di cosa ha bisogno adesso? Va contattato oppure no? Dietro c’è la tecnologia di SAS, che rappresenta in quattro ambiti – forecasting, analisi statistica, data mining e visualizzazione dei risultati- il cuore della nostra attività di marketing.
Potrebbe fare altri esempi?
Per esempio abbiamo un piano di loyalty che spesso prevede prezzi esclusivi ad es. per comprare un tablet. Prima di fare una campagna sulla nostra customer base ci chiediamo quali clienti possono avere bisogno di questo sconto. Allora i nostri modelli di propensione utilizzano i dati più specifici per questo tipo di richiesta: se l’utente naviga da iPad, se guarda molti contenuti calcio eccetera, se consulta le pagine Sport. Il modello fa un ranking degli utenti e ci dice chi ha più probabilità di accettare un’offerta di un iPad scontato. Chi, invece, non ha internet, o non ha indirizzo e-mail avrà un ranking molto basso e sarà poco propenso ad aderire a questa offerta e non viene contattato.
Per la retention del cliente, come usate questi modelli?
Come per gli esempi precedenti: in base alle interazioni avute con noi, ogni cliente ha uno score che indica la probabilità di abbandono. Per esempio, incide se l’utente ha già mandato disdetta in passato o se è alla scadenza della promozione con cui è entrato in Sky. Vediamo anche la città dell’utente, perché sappiamo che nelle aree a più basso reddito il tasso di abbandono è più alto. Sul web inoltre seguiamo quei clienti che mostrano un comportamento a rischio: ad es. chi cerca su Google informazioni sulla disdetta mandiamo comunicazioni mirate per convincerlo a restare. Direi che i risultati sono stati ottimi visto che oggi il nostro churn rate è sotto il 10%, valore al livello di eccellenza nel mondo delle Pay TV, soprattutto considerando l’attuale situazione macro-economica in Italia.
Utilizzate Google anche in altro modo?
Acquistiamo link sponsorizzati per chi fa ricerche con la parola Sky. E se nelle keyword c’è la parola disdetta, ritrova nei link una pagina che contiene, oltre alle informazioni su come disdire, banner pubblicitari per spingere i prodotti che sono prerogativa di Sky e che non sono disponibili sui concorrenti.
Riassumendo, quali sono le novità che l’uso del Big Data ha portato al marketing di Sky
Già dal 2007 utilizziamo gli analytics per processare i dati dei consumatori. La novità dell’ultimo anno è l’uso dei Big Data, che ci sta cambiando la vita, grazie a dati che arrivano in particolare dall’uso dei nostri servizi digitali. Siamo molto più precisi nel capire gli interessi dei clienti. Prima conoscevamo solo i dati anagrafici e commerciali; adesso, anche che cosa hanno fatto sui nostri siti e app. E questo ci serve per servire il cliente in tempo reale.
Come è cambiato il vostro modo di agire?
Ora possiamo agire quasi in “real time”, cioè in modo molto veloce. E siamo anche più efficaci nel cambiare la nostra proposta ai clienti. Fino a due, tre anni fa le nostre campagne erano trimestrali, adesso invece le cambiano settimanalmente e in alcuni casi anche giornalmente.
A un utente che è grande utilizzatore di Sky Calcio possiamo mostrare sul nostro sito un banner che regala due biglietti per lo stadio. Ad altri possiamo offrire la visione gratuita di un film. E questo lo possiamo modificare nel giro di qualche ora non appena ci accorgiamo che la proposta non soddisfa il cliente.
Avete qualche dato che provi questa aumentata efficacia?
Con l’ulilizzo dei Big Data l’efficacia delle campagne può aumentare del 20 per cento nella peggiore delle ipotesi. Dipende molto dalle attività, ma In media, si può dire che la resa raddoppia. Quando poi saremo in grado di usare big data di navigazione web, mobile e social dell’utente potremo in futuro migliorare l’efficacia di ordini di grandezza anche del +5-600%.
Quali saranno i prossimi passi?
Anche se siamo a buon punto, ritengo che siamo solo all’inizio. Con le tecnologie adeguate, che magari adesso non ci sono ancora, arriveremo al punto di avere un marketing “istantaneo” mentre ora è approssimativamente giornaliero, come ho detto. Tra cinque anni credo che dovremo pianificare solo i modelli e i motori, mentre le offerte e le attività profilate andranno in automatico.
In che senso?
Oggi siamo ancora un po’ tradizionali: pensiamo che a un cliente vogliamo offrire il pacchetto Sky Cinema e vediamo chi ha un alta propensione verso questo contenuto. Questo è un modello evoluto, ma tradizionale, di fare marketing. In futuro non saprò nemmeno a chi sto offrendo il cinema, ma dovrò solo programmare i modelli. Detto con altre parole: oggi sono io a programmare le campagne. In futuro sarà il motore a deciderle in real time. È un grosso cambio di paradigma.
E i social avranno un ruolo in questo futuro?
Finora non ho visto attività che portino ritorni su Facebook. Però questa è una fonte pubblica di dati di profondità straordinaria. Spesso penso che Facebook conosca meglio di noi gli interessi dei nostri clienti. Se un cliente dovesse collegare l’account social a Sky, noi potremmo accedere alle sue informazioni. Stiamo facendo test in questo senso, ma sono a livello embrionale: mostrano un grande potenziale, visto che hanno migliorato significativamente la resa. Ma l’attività su Facebook rischia di essere anti economica da subito. Ogni contatto con il cliente ci costa 2 euro, quindi solo per chiedergli il consenso a usare i dati di Facebook dovremmo investirne 9 milioni di euro. Di conseguenza non usiamo ancora i dati Facebook con i nostri modelli. Idem per l’uso dei cookie generati dalla navigazione dell’utente: abbiamo fatto test e abbiamo visto che anche qui c’è un grande potenziale.