Parlare di registrazione di domini nell’era della digital transformation potrebbe sembrare superfluo, visto che la presenza sul web di un’azienda con un proprio sito dovrebbe essere considerata acquisita. In realtà, l’ultima edizione dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI del Politecnico di Milano ha sì confermato che l’80% del campione possiede un sito web, ma ha fatto anche emergere molte lacune sulla sua qualità in termini di ottimizzazione, performance, design responsive per il mobile e aggiornamento. Se si andassero poi ad analizzare le estensioni scelte per il dominio e le alternative adottate qualora il nome della propria azienda avesse già dei sinonimi online, non mancherebbero spazi di miglioramento. Infatti, la disponibilità dei gettonatissimi .com e .it, rispettivamente gTLD (generic top-level domain) e ccTLD (country code top-level domain), non sempre ha reso possibile associare queste estensioni direttamente alla propria attività. Da qui il ricorso a trattini o a numeri nell’indirizzo del dominio pur di utilizzare .com o .it, se non entrambe. Una prassi oggi caduta in disuso sia perché l’algoritmo di Google tende a penalizzare queste grafie sia in seguito al proliferare di estensioni generiche gTLD (.info, .shop, .srl, .online, per citarne alcune) che hanno superato complessivamente il migliaio. Accanto ai noti .net e .org, esistono ormai tantissimi altri suffissi approvati da ICANN (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers), l’organismo senza scopo di lucro che gestisce il sistema DNS, cioè il domain name system a livello mondiale. Ma non tutti hanno lo stesso valore.
Perché l’estensione del dominio .eu è differente
Tra le centinaia di estensioni disponibili, merita un discorso a parte il suffisso .eu. Reso disponibile da EURid (l’organizzazione senza scopo di lucro prescelta dalla Commissione europea a seguito di gara d’appalto) a partire dal 2006 all’inizio soltanto per i possessori di marchi registrati e per le istituzioni, divenne lo stesso anno accessibile a chiunque, cittadini e imprese, a patto che fosse residente nell’Unione europea. Secondo quanto riporta il sito di EURid, a oggi si contano 3.699.152 registrazioni .eu. Sui motivi che dovrebbero far propendere per questo particolare ccTLD il quale non si riferisce a una specifica nazione, ma a tutte quelle che appartengono alla Ue, parla Federico D’Aguanno, Marketing Manager di Serverplan. «Siamo uno dei pochi provider italiani – spiega – a poter garantire il controllo diretto delle registrazioni dei domini e il mantenimento senza intermediari grazie all’accreditamento presso Registro.it, ICANN, EURid e tutti i registri che forniscono le nuove estensioni. In quanto registrar accreditato, stiamo assistendo a un certo entusiasmo dettato dalla spinta alla digitalizzazione sostenuta dal PNRR. Una spinta che finalmente riguarda anche le piccole e medie imprese, per troppo tempo rallentate nel loro percorso di modernizzazione tecnologica a causa della carenza di risorse».
Who's Who
Federico D’Aguanno
Marketing Manager di Serverplan
Una carenza a cui dovrebbero supplire i 23,89 miliardi della Componente 2 che, all’interno della Missione 1 del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ha proprio l’obiettivo di rafforzare la competitività del sistema produttivo potenziandone il tasso di digitalizzazione, innovazione tecnologica e internazionalizzazione attraverso una serie di interventi tra loro complementari.
Una scelta per startup e per chi punta ai mercati europei
Come si colloca in tutto questo, e in particolare nel tentativo di colmare il gap di “digital intensity” delle nostre PMI rispetto agli standard europei DESI, la scelta del dominio .eu? A detta di Federico D’Aguanno in due modi. «A prima vista, potrebbe sembrare un’estensione meno appetibile se confrontata a quelle più conosciute come .it o .com. Ma in una fase di startup, quando l’azienda intende realizzare quella che si chiama protezione del brand, può permettere di bloccare i TLD più comuni. In secondo luogo, per le realtà che puntano a internazionalizzarsi e a operare sul mercato europeo conferisce valore aggiunto dal punto di vista dell’immagine e della reputazione. E questo anche nel caso in cui il fatturato proveniente dalla quota estera sia ancora marginale, ma in prospettiva lo si voglia incrementare». Pur trattandosi di un servizio di tipo entry level, la registrazione del dominio .eu è opportuno che non trascuri alcune caratteristiche essenziali. La prima è anzitutto la velocità di assegnazione, soggetta a rallentamenti nel caso in cui il registrar sia un rivenditore. La seconda è la quantità di nameserver messi a disposizione. «Ogni dominio ha un DNS, un domain name system attraverso cui lo si fa ‘puntare’, come si dice tecnicamente, verso un servizio piuttosto che un altro – chiarisce D’Aguanno -. Serverplan ha tre nameserver dislocati geograficamente in modo tale che il DNS di quel dominio abbia un uptime del 99,95%. Questo significa avere la garanzia di un DNS sempre attivo durante tutto l’anno. Alla gestione ridondata dei nameserver e alla registrazione diretta senza intermediari, va aggiunta anche l’assoluta trasparenza sui canoni».
La forza simbolica e identitaria di un suffisso TLD
È evidente che questa opzione deve far parte di una strategia che abbracci una visione più ampia del posizionamento digitale della propria azienda. «Nell’individuare un partner occorre verificare che sia in grado di offrire assistenza personalizzata, così come un disegno sartoriale dell’infrastruttura IT più idonea al fabbisogno specifico dell’organizzazione» conclude infatti il Marketing Manager di Serverplan. Il che significa che non basta registrare un dominio .eu per essere pronti a internazionalizzare la propria impresa. Ciò non toglie che la preferenza accordata a questo suffisso oggi assume una forte connotazione simbolica e identitaria. L’appartenenza esplicita alla cornice europea, desumibile immediatamente anche dal proprio sito web, è un indicatore importante per tutti gli stakeholder e si pone alla base di una scelta di campo continuamente messa in discussione. Per quanto tortuosa e non sempre facile da percorrere, la strada dentro la famiglia europea è al momento l’unica praticabile se si opera in uno dei paesi membri dell’Ue. Tanto che perfino un dominio di primo livello ad hoc, diverso dai soliti, può fungere da inequivocabile endorsement.