Il neuromarketing è un campo relativamente nuovo affine al marketing che utilizza le neuroscienze per capire come le persone rispondono ai diversi stimoli di marketing e studiare i comportamenti di consumo. All’interno della comunicazione, il neuromarketing svolge un ruolo fondamentale in quanto permette di bilanciare alcuni elementi chiave per catturare l’attenzione. È, infatti, in grado di esaminare in modo oggettivo reazioni non consapevoli, misurando l’attività cerebrale, il movimento degli occhi, le espressioni facciali e altri tipi di risposte.
Il neuromarketing lavora misurando le risposte neurali, fisiologiche e comportamentali dei consumatori di fronte a diversi stimoli di marketing. Analizza i dati raccolti dall’utilizzo combinato di più metodologie e, incrociando queste risposte, aiuta a valutare nel dettaglio come le persone interagiscono con i messaggi e identifica gli elementi che hanno più successo nel catturare l’attenzione.
Neuromarketing e comunicazione, l’attenzione è una risorsa scarsa
Il cervello umano non è in grado di elaborare tutte le informazioni e gli stimoli a cui quotidianamente è esposto. Viene applicato un filtro e solo determinate informazioni sono analizzate e processate a livello cosciente. Ciò che guida la nostra attenzione sono due differenti meccanismi funzionali che agiscono simultaneamente:
- Bottom-up: l’attenzione è guidata da attributi intrinsechi dello stimolo, in particolare da elementi che rappresentano cambiamento rispetto allo status quo e da stimoli emozionali (elementi dinamici, cambi repentini, ecc…).
- Top-down: l’attenzione è orientata allo scopo. Si focalizza su determinati elementi in base alla nostra esperienza pregressa e ai nostri obiettivi del momento (se ciò che si cerca non ha quelle caratteristiche che vogliamo non si ha attivazione neuronale).
L’attenzione visiva, attraverso questi due meccanismi, si concentra sugli stimoli che si trovano all’interno del nostro campo visivo, orientando il nostro focus. In situazioni di acquisto si passa velocemente da uno stato di basso livello attentivo, automatico e non selettivo, in cui gli elementi ad alta salienza catturano l’attenzione (bottom-up), ad uno stato di attenzione selettiva (top-down) in cui l’attenzione è orientata volontariamente su prodotti che soddisfano specifici obiettivi.
Diventa, quindi, necessario verificare che un prodotto o un messaggio ADV sia visibile e riconoscibile e che non ci siano elementi che catturino eccessivamente l’attenzione a discapito del brand e/o prodotto o servizio. Ad esempio, l’utilizzo di volti può rappresentare un’arma a doppio taglio. Per ragioni evolutive, infatti, siamo immediatamente catturati da un volto umano. Sarà fondamentale sfruttarlo a proprio vantaggio evitando che ci si focalizzi esclusivamente su quest’ultimo. Direzionare lo sguardo può essere la soluzione.
Figura 1: gli sguardi si focalizzano sul volto
Figura 2: la direzione del bambino favorisce la lettura del testo
Strumenti del neuromarketing per l’analisi degli elementi comunicativi
Il neuromarketing può essere utilizzato per analizzare più tipologie di comunicazioni d’azienda e valutare la loro capacità di catturare e mantenere l’attenzione. Ecco alcune metodologie utilizzate a tal fine:
- L’Eye Tracking analizza il comportamento visivo per identificare pattern esplorativi ricorrenti e la presenza di elementi ad alta salienza percettiva. Tracciando il movimento degli occhi dei soggetti, possiamo ciò che cattura l’attenzione e cosa invece viene ignorato.
- L’Elettroencefalografia (EEG) monitora l’attività elettrica del cervello attraverso elettrodi posti sullo scalpo. Il segnale permette di valutare il livello di attenzione dedicato all’attività svolta.
- L’analisi delle espressioni facciali permette di riconoscere le emozioni del soggetto a partire dalle micro-espressioni del volto, fornendo informazioni aggiuntive sul suo livello di attenzione
- Attraverso la misurazione delle variazioni della micro sudorazione della pelle possiamo quantificare l’intensità dell’emozione provata davanti allo stimolo..
- Porre domande per ottenere informazioni sul comportamento dei consumatori è un’altra tecnica utilizzata spesso. Possiamo chiedere esplicitamente a cosa il soggetto ha prestato attenzione per ottenere informazioni comportamentali e comprendere meglio le motivazioni che hanno condotto ad una data scelta.
Incrociando i dati ottenuti, si riesce ad identificare quali elementi hanno attirato maggiormente l’attenzione e quali invece no, oltre a quantificare e qualificare lo stato mentale suscitato.
Neuromarketing e comunicazione, l’Eye Tracker per misurare l’attenzione visiva
L’Eye Tracker è uno strumento prezioso per il neuromarketing, in quanto consente di misurare l’attenzione visiva del campione di riferimento. Tracciando il movimento oculare dei soggetti, possiamo capire quali elementi dello stimolo di marketing hanno più successo nel catturare e mantenere l’attenzione. In particolare, questo strumento permette di identificare gli elementi ignorati e di apportare le dovute modifiche alla comunicazione.
L’Eye Tracker è particolarmente utile per misurare l’attenzione visiva, in quanto consente di identificare gli elementi più salienti sia grazie a dati qualitativi che quantitativi.
Tra i primi troviamo le heatmap o mappe di calore. Queste sono una rappresentazione grafica, di solito aggregata, delle modalità di distribuzione degli sguardi dei partecipanti durante la visione dello stimolo. Più il colore della mappa è rosso e intenso e maggiore è la concentrazione degli sguardi sull’area.
Nel secondo caso invece si fa riferimento a dati numerici estratti da specifiche aree di interesse. Ad esempio, si possono ottenere informazioni sul numero di partecipanti che ha visionato l’area, per quanto tempo, se ci si ritorna e per quante volte, oltre a numerose altre variabili.
Neuromarketig e comunicazione, alcuni esempi di utilizzo dell’Eye Tracker
Il caso Tropicana
Nel 2009 l’azienda investe 35 mln di dollari per promuovere il nuovo packaging della sua linea best-seller Pure Premium. Dopo soli 2 mesi dal lancio sul mercato, l’azienda registra un calo del 20% delle vendite decidendo così di tornare al pack precedente. La principale causa del fallimento del restyling di Tropicana è la difficoltà dei consumatori nel riconoscere il prodotto sugli scaffali dei supermercati. L’attenzione si concentra sul testo “100% Orange Juice” piuttosto che sul brand. L’analisi Eye Tracking sul restyling mostra come la variazione di posizione e font del logo abbia portato ad una visibilità minima del brand (2%).
Figura 3: a sinistra il pack originario, a destra la nuova versione
Il caso Bonduelle
Altro esempio noto è quello di Bonduelle: il design del packaging di alcuni prodotti da banco frigo è stato modificato a seguito di una analisi effettuata tramite Eye Tracker, registrando un aumento delle vendite del 40%. I dati sul comportamento visivo hanno permesso di riprogettare il packaging, rendendo visibili le informazioni più pertinenti con risultati di vendita positivi.
Conclusioni
Utilizzando le più recenti tecniche neuroscientifiche, è possibile ottenere una comprensione più profonda delle persone coinvolte nei processi di consumo e sviluppare stimoli su misura per le sue esigenze. Inoltre, il neuromarketing può essere utilizzato per bilanciare perfettamente gli elementi comunicativi e catturare l’attenzione, utilizzando strumenti come l’Eye Tracking, l’EEG e il riconoscimento facciale. Tutte queste tecniche possono inoltre essere utilizzate in diversi stadi della progettazione di un contenuto:
- In fase di ideazione, per definire e analizzare il concept, gli elementi strutturali e valoriali.
- In fase di pre-lancio, testando in anticipo le performance del contenuto, per individuare i punti di forza da far risaltare e gli elementi critici da modificare.
- In fase di post-lancio per seguire l’andamento del contenuto in contesto reale.
Sicuramente, l’applicazione in fase 1 o 2 è quella che permette una maggior ottimizzazione sia dei budget che delle tempistiche