NEUROSCIENZE

Il ruolo del neuromarketing nell’ottimizzare la Customer Experience



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Le neuroscienze possono fungere da booster per spingere la CX verso il suo massimo potenziale, così da prevedere con maggior affidabilità la reazione dei consumatori alle diverse comunicazioni di brand

Pubblicato il 8 lug 2024

Carlotta Perlini

Psicologa esperta di Neuromarketing



Neuromarketing CX

In uno scenario saturo e frenetico come quello odierno, dove proporre un’offerta di qualità è il requisito minimo per venire considerati, i brand sono alla costante ricerca di nuove modalità per esaudire le mutevoli richieste del mercato, spesso intangibili.

Creare esperienze che i consumatori desiderano vivere diventa un imperativo per le imprese: le persone non si accontentano di acquistare solo un prodotto, ma vogliono sentirsi coinvolte in una relazione che porti valore alla loro vita da più angolazioni. Ecco che una Customer Experience omnicanale fluida, ricca di significato e coerente in tutte le sue manifestazioni, rappresenta una strategia irrinunciabile per sopravvivere e ancor più per emergere e occupare un posto distintivo nella mente del pubblico.

Vediamo insieme come e perché il Neuromarketing può essere il booster che spinge la CX verso il suo massimo potenziale, con tutti i vantaggi competitivi associati lato business.

Il ruolo della Customer Experience nella strategia d’azienda

Se prima rispondere a un’urgenza concreta – attraverso le caratteristiche funzionali dell’offerta – era sufficiente per farsi scegliere, oggi le aziende si trovano a dover anticipare, e poi esaudire, le particolari esigenze emotive e aspirazionali che insorgono lungo Customer Journey sempre più complessi, variegati e frammentati. I clienti rivendicano il loro ruolo e chiedono di partecipare a esperienze personalizzate, dove riflettersi e che prospettino loro una vita migliore.

Il concetto di Customer Experience indica tutte le interazioni che i consumatori intrattengono con il brand e l’azienda lungo l’intero percorso d’acquisto, offline e online. Un processo da costruire con cura perché ogni scambio influenza la percezione globale di marca, con risvolti sulle singole vendite fino alla fidelizzazione dei clienti. Non a caso, l’obiettivo base delle attività di Brand Positioning è mantenere coerenza e stabilità tra gli attributi, le gratificazioni emotive e i valori esibiti lungo la CX, evidenziando sempre la significatività della proposta per il destinatario finale.

Se è vero che vivere un’esperienza positiva favorisce la lealtà verso il brand, è altrettanto vero che un contatto deludente può incidere a tal punto da condurre a perdite sul breve e sul lungo periodo, inficiando tutti gli sforzi precedenti. Secondo ilZendesk Customer Experience Trends Report 2023 il 73% dei consumatori considererebbe un’alternativa competitor a seguito di una sola esperienza di brand negativa.

Le realtà che procedono per intuizione nello sviluppo della propria CX si espongono a rischi imprenditoriali e comunicativi difficili da prevedere e gestire, anche quando possono contare su anni di esperienza nel settore. Solo l’ascolto profondo dei consumatori permette di formulare e mantenere nel tempo la promessa di valore più adatta per esaltare la propria presenza sul mercato, andando a cucire un’esperienza di brand che si adatti perfettamente alle caratteristiche e alle esigenze della propria target audience.

Ecco che avvalersi di un metodo di indagine multidisciplinare capace di raccogliere quante più informazioni le persone lasciano lungo il percorso d’acquisto, spesso senza rendersene conto, si dimostra la soluzione migliore per costruire e mettere a terra la strategia d’azienda.

Ed è qui che entra in gioco il neuromarketing.

Misurare per migliorare: il neuromarketing per potenziare la CX

Se puoi misurarlo, puoi migliorarlo. Adottare un approccio scientifico alla strategia d’impresa significa estendere questo assunto a tutte le attività studiate e poi messe in atto per coinvolgere il consumatore in un’esperienza vantaggiosa per lui tanto quanto per il business.

E poiché la maggior parte delle nostre decisioni, comprese quelle d’acquisto, avviene senza la piena consapevolezza – il 95% dei processi mentali è non-conscio, il che permette al cervello di risparmiare risorse per dedicarle a informazioni davvero rilevanti – allora il neuromarketing diventa indispensabile per raccogliere tutte quelle risposte inaccessibili alle tradizioni analisi di mercato.

Sebbene oggigiorno esistano metodologie self-report strutturate e di Business Intelligence per indagare il comportamento dei consumatori in modo approfondito, teniamo a mente che la CX ha una natura olistica, e che solo l’analisi psico-biometrica è in grado di catturare in tempo reale le reazioni cognitivo-emozionali e gli automatismi agiti dai clienti nei vari scambi con il brand.

Valutare la CX dal punto di vista neuroscientifico

Per valutare la Consumer Experience dal punto di vista neuroscientifico, dobbiamo innanzitutto considerare i diversi punti di contatto che la costituiscono come unità tra loro coordinate ma con specificità che richiedono un approccio ad hoc. Il disegno di ricerca e la combinazione delle tecniche di rilevazione utilizzate varia, così, in base al tipo di strumento comunicativo testato. Se per alcuni touchpoint potrebbe essere sufficiente valutare l’impatto mentale suscitato, come nel caso di una chiamata al servizio clienti o di un’interazione con chatbot, per altri è necessario integrare dati tra loro complementari.

È il caso di spot TV, valutati dal punto di vista visivo con Eye Tracking e cognitivo-emotivo attraverso un’analisi combinata dei segnali dell’elettroencefalogramma (EEG) e della risposta galvanica della pelle (GSR). Ancora, test basati sulla registrazione dei tempi di risposta (IRTs) permettono di stimare la forza dei legami tra concetti sedimentati in memoria per valutare le associazioni implicite di brand. Inoltre la verifica di un sito web, di un allestimento in store o di un packaging prodotto verrà di volta in volta personalizzata per adattarsi alle caratteristiche del committente, per rispondere ai suoi desiderata e ai particolari obiettivi prefissati.

In ogni caso, il fine ultimo è quello di ottenere una panoramica il più completa possibile delle reazioni istintive del consumatore, che attraverso una lettura ragionata sarà restituita all’azienda sotto forma di report facilmente leggibili e insight operativi utili alla costruzione di una Customer Experience realmente competitiva.

I vantaggi di applicare il neuromarketing alla CX

Le aziende che hanno compreso l’importanza della Customer Experience risultano favorite nella quotidiana competizione per conquistare la mente e il cuore dei clienti, e per convincerli a rimanere. Ogni scambio ha il potere di rafforzare o di distruggere la relazione brand-persona, ossia di valorizzare o di vanificare gli sforzi sostenuti per stabilire un legame solito e profittevole sul breve ma soprattutto sul lungo periodo.

All’interno di una strategia strutturata dall’approccio integrato, il neuromarketing permette di prevedere con maggior affidabilità la reazione dei consumatori alle diverse comunicazioni di brand, per un’ottimizzazione della CX generale. Il suo contributo è massimo in fase d’indagine iniziale, per rafforzare il quadro strategico risultante dalle tradizionali analisi di mercato. Risulta, però, uno strumento insostituibile anche nel momento precedente al go-live, per validare i prototipi creativi ancora in fase di progettazione, così come dopo il lancio, per monitorare le performance e correggere il tiro.

Oggi sono le esperienze a definire i brand e il suo valore e il neuromarketing diventa quindi un prezioso alleato nello sviluppo di una Customer Experience distintiva e competitiva. La combinazione di Marketing tradizionale e analisi psico-biometrica permette di capire cosa davvero consumatori desiderano e le modalità più adatte per coinvolgerli – cognitivamente ed emotivamente – in una relazione di reciproca fiducia e valore.

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