Il mondo del social networking è soltanto la punta emergente di un nuovo paradigma: certamente la letteratura riguardo le economie partecipative ha già fornito molti esempi di interesse ed in questo breve articolo mi accingo soltanto a sottolineare alcune evidenze a mio avviso interessanti. Il concetto di condivisione, dalle antiche radici (nell’epoca moderna si passa dal socialismo utopistico alle comuni californiane degli anni ’60), è diventato un processo maturo che sta cambiando i connotati del mercato odierno.
Da “io” a “noi”: nuovi modelli di leadership
Se partiamo dal cuore di un’organizzazione, per esempio, la condivisione applicata alla progettualità ha portato immediate conseguenze sulla struttura interna e sui modelli di leadership: dall’‘io’ ci si sta orientando verso un ‘noi’ caratterizzante di un team che condivide quotidianamente, in cui la co-creazione e le interazioni sono i driver portanti. Questo processo porta anche a modificare la richiesta di skills: vengono ricercate competenze di ‘fluidificatori’ e ‘facilitatori’ che sappiano coniugare, trasversalmente alla propria capacità primaria, mondi apparentemente in contraddizione. Questo cambiamento interno di un’organizzazione può avvalersi o meno di piattaforme digitali che favoriscano e velocizzino il processo, ma la sostanza non muta.
Si va verso il miglioramento della produzione e uno scambio di conoscenze che favorisce l’emersione di talenti e risorse personali (ma anche di sistema e territoriali) esistenti ma non ancora valorizzati; a questo si deve aggiungere la generazione di una grande moltitudine di feedback e condivisioni che favoriscono, tra l’altro, la crescita dell’efficienza generale, la riduzione dei rischi e l’ottimizzazione degli strumenti predittivi e di analisi: va da sè che la capacità di analisi di questa massa di dati può fare la differenza.
Saltando molti altri esempio significativi, giungiamo al nostro utente finale che è ora prosumer, cioè co-progettatore e co-comunicatore; molti di questi utenti, cogliendo il ‘zeitgeist’ odierno, stanno sperimentando nuove modalità di cittadinanza e di consumo (si va dagli ‘urban social district’ al ‘co-working spontaneo’ sino alle ‘communities di carpooling’), sostituendo il concetto di ‘compro’ con quello di ‘uso’ e ‘pago per quello che uso’.
All’avere si sostituisce il fruire
La frammentazione, la personalizzazione attiva e la continua interazione hanno portato un nuovo paradigma: dalla proprietà privata si passerà ad una società d’uso? Certamente questa è una delle direzioni imboccate ed è molto coerente con i processi più sopra citati: molti sistemi si stanno già adeguando a questo nuovo ‘status in movimento’ (scusate l’apparente contraddizione del termine): è bene dire comunque che quando si tratta di mercato italiano è sempre bene aggiungere cautela in qualsiasi modellazione si faccia. Ecco, proprio la ‘contraddittorietà’ sopra affrontata, sembra un particolare molto utile per la comprensione del fenomeno analizzato, quasi si seguisse più una ‘Logica dell’Acqua’ piuttosto che una visione in cui il ragionamento e la logica ferrea prevalgano. Questa ‘Logica dell’Acqua’ è stata ben analizzata dal sinologo François Jullien ma soprattutto da Edward de Bono, che scrisse nel lontano 1990 il profetico e mai tradotto “I Am Right You Are Wrong: From This to the New Renaissance. From Rock Logic to Water Logic”, in cui si analizzava la ‘water logic’ di stampo orientale da un punto di vista di sistema valoriale e cognitivo prefigurandone la dilagante affermazione (il pensiero liquido, in questo contesto, non è il prodotto, quindi, della visione di Zygmunt Bauman più orientato ad un’analisi sociologica, ma ne è l’anticipazione). In sintesi: spostandoci da una ‘rock logic’ verso una ‘water logic’ si superano obsolete contrapposizioni per giungere ad una sorta di ‘nuovo rinascimento liquido’.
Giungiamo, in chiusura, al quesito posto nel titolo: qualsiasi strategia di social networking che sia lontana dal considerare l’ampiezza e la profondità del processo qui sopra descritto ha poche chance di duraturo successo. Quindi non solo ‘post’, ‘tweet’ e ‘chatting’, bensì un vero e proprio nuovo paradigma che vede la cultura e la pratica della condivisione diventare driver di cambiamenti sostanziali nella natura del mercato e del business.
*di Fabrizio Bellavista, partner and social media specialist, Emotional Marketing Institute
In collaborazione con AISM