Ricerca su 51 brand

Social Media Marketing: fan base piccola, opportunità enormi. Il caso delle scarpe

Uno studio relativo ai marchi di calzature mostra come sia possibile sfruttare Facebook, Instagram & co per creare un forte engagement con i clienti, e che al crescere del numero di follower diminuisce il ritorno sugli investimenti. I brand artigianali che puntano su interazioni costanti e personalizzate riescono a guadagnare in fretta terreno e riconoscibilità: un’opportunità per il “made in Italy”

Pubblicato il 20 Lug 2016

scarpe-social-160720181251-1

Non è vero che sui social media vince sempre chi ha i numeri più grandi. In una realtà in cui prima di tutto è importante intessere relazioni durature, dedicare attenzione alla follower base con contenuti e interazioni costanti può ridurre drasticamente il divario con competitor di dimensioni (o blasoni) assai più importanti. Il settore delle calzature, analizzato in uno studio condotto su 51 brand internazionali e pubblicato anche dal sito della Business School INSEAD, è piuttosto emblematico sotto questo profilo. Il campione include 34 aziende italiane, nove francesi, sei britanniche e due statunitensi.

«In un’arena in cui si confrontano grandi marchi, griffe affermate e piccole imprese artigianali o addirittura storiche – dice l’autore Matteo Altobelli, Co-founding partner di Tilden/Cramm – la possibilità di creare storie, specialmente per immagini, può trasformare una lotta impari in termini di budget di marketing e notorietà dei vari marchi in un confronto almeno alla pari nel “top of mind” dei consumatori. Riconoscibilità che, se opportunamente gestita, si traduce in risultati di business interessanti, alla luce delle opportunità oggi esistenti online».

Facebook e Instagram regine dei social nel retail

Ma vediamo prima di tutto in che modo, secondo l’indagine, i marchi di scarpe hanno colonizzato i social network. La piattaforma regina, naturalmente, è Facebook, seguita a ruota da Instagram. Fatta eccezione per quattro casi, tutte le aziende prese in considerazione presenti sul portale di Mark Zuckerberg hanno anche un account sul social specializzato in foto istantanee, con una forte correlazione tra la fruizione dei contenuti che i follower sperimentano nei due ambienti. Mediamente, ogni azienda è comunque presente su tre piattaforme, mettendo insieme – si parla di valore mediano (la mediana statistica -ndr) – 17.100 follower. Dei marchi analizzati, 19 hanno più di 10 mila seguaci, tre più di 100 mila e tre oltre un milione. In genere ciascun brand effettua un post per ogni giorno lavorativo, con una media di 23 post al mese, che oscillano tra i 50-70 post delle aziende più attive e un post alla settimana (o anche meno) di quelle più caute. Nel primo trimestre del 2016 non si è assistito in media a particolari variazioni di questi trend, anche se ciòè dovuto ad un bilanciamento tra un gruppo di aziende che ha accelerato (alcune anche di molto) ed altre che hanno sostanzialmente ridotto il ritmo dei propri post.

Dal like all’eCommerce: questione di engagement e di dimensioni

L’aspetto più interessante riguarda però, come detto, la capacità di generare engagement a prescindere dal giro d’affari e dalle dimensioni dell’organizzazione. Anzi, in realtà una correlazione esiste, ma è di proporzionalità inversa. Lo studio sottolinea infatti che maggiore è il numero di follower, minore è l’engagement con il brand. Addirittura le dieci aziende con il miglior tasso di coinvolgimento coi propri fan sono quelle che contano circa 2 mila seguaci, e tra queste spiccano Silvano Sassetti, Aubercy, Weston, Giorgio Fabiani, Alberto Fasciani, Franceschetti, Barret, tutte attività artigianali che hanno fatto dell’emozionalità e della tradizione asset in grado di competere, almeno per il coinvolgimento nel marketing on line, con la forza d’urto dei grandi gruppi industriali. D’altra parte sembrerebbe che oltre una certa soglia di iscritti l’efficacia delle attività di interazione sui propri canali cali fisiologicamente, a prescindere dagli sforzi che si possono indirizzare.

Secondo l’indagine, il ritorno sugli investimenti in engagement comincia a diminuire a partire dai 50 mila follower in su. Questo perché interviene il fattore notorietà: nel momento in cui un marchio ha raggiunto una reach così estesa ha probabilmente sviluppato una fama tale per cui i consumatori cominciano a seguirlo non tanto per il tipo di relazioni che si sviluppano on line, quanto per rispondere ai dettami della tendenza.

Il vantaggio per i brand che occupano nicchie di mercato sta proprio nella possibilità di guadagnare terreno sui competitor più affermati sfruttando la crescita organica della follower base, approccio che comporta minori investimenti delle campagne di comunicazione off line e una presenza più capillare sulle piattaforme dove il pulsante “compra”, anche su mobile, è a un solo click di distanza. E considerando che nel 2015, secondo Ecommerce-Europe, le vendite on line e via smartphone sono cresciute molto più di quelle registrate nei canali fisici, facendo segnare un +13,3%, la carta dei social media acquista ancora più valore.

Per richiedere una copia integrale della ricerca (www.tildencramm.com/contact)

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articoli correlati

Articolo 1 di 3